l’ho considerato un nemico.
Autoproclamatosi re ha costretto all’abiura
tutti quelli che gli erano contro.
Ora la luce si smorza come un ombrello chiuso
e la pace si diffonde negli interstizi e nei cunicoli,
dove si scende di sotto con scarpe leggere
che non fanno rumore sull’impiantito.
Ancora un girone e ci sembrerà un inferno,
con lamine infuocate e capelli bruciacchiati;
apriremo la strada al prossimo
tagliando per il boschetto irsuto di spine.
Ci sono momenti in cui tutto si arresta
e non si sente lo stridere della farfalla,
solo il quieto sbatter di ali di un uccello
mentre percorriamo la strada che va di sotto.
Il ricordo incastonato in una pietra ci incute timore.
Il calore e il fuoco che ci circondò non è che un lontano vagito.
Ora sentiamo lo scorrere del tempo come quello di un fiume pigro
e accerchiamo i nostri nemici armati con le nostre alabarde.
Non importa cosa succederà da qui a domani.
Siamo accampati e poco ci importa,
sulla soglia dell’inferno stiamo eclissati
come soli che non sono mai nati.
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