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Al mattino

Una pioggia incessante scivolava, da ore, tra le vie e le stradine delle campagne. Una donna dalla sagoma scura, vestita di nero, snella, camminava all’ angolo della strada. Il suo sguardo era fisso nel vuoto, gelido, freddo come il sole quella mattina e le voci degli uccelli che sembravano spente e senza vigore. La donna, continuava il suo cammino senza avvertire le intemperie , si fermava qualche secondo per adagiare le buste che portava al suolo e riposare le spalle, poi ripartiva. La osservai ancora, si stava avvicinando a me, riuscii a distinguere i tratti del suo volto ora più nitidi, i suoi occhi erano vuoti, di pietra, aveva i capelli raccolti sul capo e qualche ciocca nera si disponeva disordinatamente ai lati del volto. Continuai a fissarla, ero quasi ipnotizzato da quella figura così esile e rigida, percepivo in lei qualcosa che la rendeva diversa. Ero ancora lì, parcheggiato nella mia automobile , nella mente, il caos, turbinii di pensieri lasciavano posto ad altri, il corpo implodeva su se stesso e, allora decisi. La fermai quand’ ella era stava per sorpassarmi, le dissi:- Mi scusi, vuole un passaggio? Fa freddo e questa pioggia non da segni di cedimento, la donna si voltò, lentamente, non mi guardò, fissò il vuoto, capii che i suoi occhi vedevano solo ombre, e annuì col capo. La feci accomodare e partimmo, non le chiesi neanche dove dovevo portarla e lei non me lo disse:- Se posso permettermi…Qual’ è il suo nome? Non rispose, rimase impassibile, indifferente- Io sono Gerard,-Una donna come me non merita un nome, tuonò, la sua voce era rauca, cupa, sofferta. Rimasi in silenzio per qualche istante poi mi convinsi a parlare:- Perché mai? Non la conosco ma io so che lei un nome lo merita, m’ interruppe, - Non riesco neanche a respirare, ogni respiro è una croce nel cuore, un dolore, ma, io so che è giusto, deve essere così, la mia sofferenza deve essere la vita, quell’ uomo oltre le nuvole, l’ unico uomo che forse vedrò mai, non mi merita al suo cospetto, eppure, è inevitabile, voi uomini non mi meritate!, neanche voi, mi sono concessi ancora respiri, mi è concessa ancora vita , una vita che non posso rifiutare, e che, non il coraggio di gettare via, questo, mi fa ancora più male, ma, forse è questa la punizione che mi spetta, si lasciò cadere sullo schienale, volse il volto in basso verso il finestrino e rimase in silenzio. Non avevo forza, le sue parole mi avevano atterrato , forse, allo stesso modo di come lo avevano fatto con lei, mi chiedevo, da quale tormentato fiume che aveva dentro attingeva tutta questa crudeltà verso se stessa ? Perché parlava in questo modo? Farneticava? Delirava?... Il fragore di un tuono interruppe i miei pensieri e svegliò la donna da quello stato di trans in cui era caduta e bisbigliò:- Sarà stata la luce di cui mie ero avvolta a rendermi così, come una foglia riarsa in autunno, e quando si è spenta, non ho saputo più riaccenderla, incapace, e l’ ho fatto…Con uno scatto prese le buste che aveva con se ed aprì la portiera della macchina, frenai bruscamente ed evitai un furgoncino per un attimo. La donna scese dall’ auto, non si voltò e proseguì il cammino dalla parte opposta. Partii nel medesimo istante nella direzione opposta alla sua, inorridito, incredulo di quello che era accaduto. Dopo pochi minuti la mia coscienza mi spinse a ritornare indietro, quella donna aveva bisogno d’ aiuto. Ritornai nel luogo in cui l’ avevo lasciata ma non la trovai, percorsi più volte il tragitto che avevamo fatto in auto ma di lei non c’era traccia, al calar del sole ritornai a casa, pensai per un po’ all’ accaduto poi mi addormentai. La sera successiva dopo una faticosa giornata di lavoro mi sedetti al tavolo dove vi erano ancora gli avanzi della colazione della mattina e il giornale che non avevo ancora letto, lo aprii ed una notizia mi colpì fra tutte, una donna era morta affogata in un canale, in quelle stesse campagne, qualcosa mi disse che era lei, continuai a leggere senza respirare, la donna non aveva documenti, non era di queste zone e…. si era suicidata, di fianco c’era una foto che la ritraeva, era lei. Ero scosso, disorientato, quella sera non mangiai, feci una doccia e lascia che i pensieri e il dolore che avevo provato per quella fine ingrata svanissero nel sonno, prima mi chiesi ancora un volta se delirava o aveva fatto davvero qualcosa per descriversi in quel modo, non ci pensai più e dormii.



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Opera scritta il 11/06/2017 - 19:39
Da Sildom Minunni
Letta n.1227 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


Racconto molto ben descritto sull'incontro con questo strano e scontroso personaggio con un finale a sorpresa che lascia spiazzati. Complimenti. Giulio Soro

Giulio Soro 11/06/2017 - 20:15

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