Un’autostrada a tre corsie attraversa il deserto per duecentonovantasei chilometri. Collega la cittadina di Y., sulla costa orientale, con il distretto industriale di A., all’interno del paese. Quando ancora questa arteria era soltanto un progetto, qualcuno aveva proposto di inserire lungo il tragitto un paio di curve, senza motivo, unicamente per allungare il percorso, per fare cifra tonda: trecento chilometri d’asfalto tra le dune. Il suggerimento ovviamente era stato bocciato. Altrettanto ovviamente non ci sono uscite tra Y. e A. Uscite per dove? Per una gita tra i cactus? Contestualmente alla realizzazione della strada, furono costruite sette stazioni di servizio. Un’esagerazione? Col senno di poi sicuramente sì, soprattutto se si considera che negli ultimi tempi il deserto circostante è più frequentato di questo nastro d’asfalto. Colpa della crisi: quasi tutte le industrie che avevano aperto un dislocamento ad A. sono state costrette a chiudere i battenti o a ridurre il proprio potenziale produttivo, sopprimendo le filiali i cui costi di gestione erano stati valutati eccesivi. E mantenere un nucleo operativo a trecento chilometri di distanza da tutto è molto costoso. Lavorare in pieno deserto offre vantaggi, anche considerevoli, ma in periodi come questi i più preferiscono contrarsi, piuttosto che espandersi. Tutto questo per dire che delle sette stazioni di servizio, attualmente ne resta in servizio solamente una, quella al chilometro settantasette.
La premessa, sicuramente prolissa, in fondo serve solo per con contestualizzare l’evento che andrò a raccontare, e per dire che la mia sosta a quella stazione di servizio non fu figlia del caso, ma programmata sin dalla partenza. Avevo stabilito di fermarmi lì, per il rifornimento. Certo, non avevo programmato che mi sarebbe venuta voglia di caffè e che sarei entrato nel bar, ma non mi sembrava questa una questione che andasse calendarizzata.
Entrai nel bar con lo strano pensiero – forse indotto dal luogo in cui mi trovavo – che dopo di allora non avrei parlato con nessuno per parecchio tempo. A volte la mente fa strani scherzi. Altre volte invece, funziona meglio di quanto possiamo immaginare.
Non sono un tipo brillante, uno di quelli che attacca subito discorso. Anzi, mi definirei taciturno. Un lupo solitario. Forse è solo timidezza, anche se a volte - mi rendo conto - il mio atteggiamento può apparire misantropico. Però quella mattina avevo voglia di parlare. Forse a causa del presentimento di cui ho già parlato, forse per capriccio, fatto sta che avevo veramente un gran desiderio di lasciarmi andare, di farmi conoscere.
Nel bar, manco a dirlo, non c’era nessuno, eccezion fatta per la ragazza dietro al bancone. Sfortuna vuole che la barista fosse bella. Sfrontatamente bella. Da togliere il fiato. E questo, per un timido che vuole scambiare due chiacchiere, è una sfortuna. La bellezza mette soggezione. Non so come però, questo viaggio aveva cambiato il mio modo d’essere: senza pensarci m’avvicinai al bancone e attaccai discorso. Le chiesi come andassero gli affari, tanto per metter subito in chiaro che non sono il tipo d’abbordaggio: credo che questo sia stato il tentativo d’approccio più maldestro che quella ragazza abbia mai subito.
Comunque sia, iniziammo a dialogare. Anche lei non era una gran chiacchierona, mi rispondeva appena, ribattendo sempre con domande precise e circostanziate. Per meglio farvi rendere conto del tenore della conversazione, vi faccio un esempio di dialogo tra di noi. Io: “Sono il primo cliente di oggi?” Lei: “Si. Perché me lo chiedi?”
In effetti, nonostante la conversazione non fosse propriamente scoppiettante, proseguì per parecchio tempo. Non stava nel dialogo il nostro scambiare informazioni, bensì nelle pause tra una parola e l’altra, nei silenzi, nei sorrisi accennati o negli sguardi prolungati prima di ricominciare a parlare. Fu quando lei si avvicinò a me appena un po’ di più di quanto fosse effettivamente necessario, che successe il fatto.
La baciai.
Ebbene sì. Allungai il collo e la baciai. Da non crederci, mai fatto niente di lontanamente simile prima di allora. Eppure lo feci, come fosse per me la cosa più naturale di questo mondo!
A quel bacio rubato ne seguirono altri, uno dietro l’altro, affamati: rovesciammo sedie e finimmo sdraiati sopra un tavolo, col fiato corto e il desiderio alle stelle. Questo seguì nella mia mente. Perché nella realtà accadde che lei si sistemò i capelli, sorrise amabilmente e mi invitò con cortesia a prendere il mio caffè altrove, che tanto quella mattina non aveva nemmeno acceso la cassa.
So che non mi crederete, perché così come l’ho raccontato sembra che sia stato io a forzare la situazione, e che lei non avesse affatto gradito la mia iniziativa. Ma vi posso assicurare che entrambi desideravamo quel bacio, anzi, dico di più, sono certo che fu un evento inevitabile, scritto nel destino, e che la passione che la ragazza mise nel baciarmi, fu quanto meno pari alla mia. Fu un bacio splendido, memorabile. Come pure fu indimenticabile lo sguardo triste che accompagnò il suo sorriso, quando uscii dal locale.
Non ho dubbi. Ed è per questo che dopo aver fatto l’inventario nel magazzino che possiedo ad A., invece di mettere il lucchetto e tornare indietro, ho fatto un salto all’alimentari - che a dispetto di tutto è ancora aperto - e ho fatto scorte di cibo. Devo trovare me stesso, capire chi sono, prima di poter tornare da lei.
Sono due settimane che vivo nel soppalco sopra il magazzino, e prima o poi mi deciderò a fare il percorso inverso e tornare in quel bar. E la bacerò di nuovo, con tutto il seguito che ho immaginato. Sempre che il bar sia ancora aperto…
La premessa, sicuramente prolissa, in fondo serve solo per con contestualizzare l’evento che andrò a raccontare, e per dire che la mia sosta a quella stazione di servizio non fu figlia del caso, ma programmata sin dalla partenza. Avevo stabilito di fermarmi lì, per il rifornimento. Certo, non avevo programmato che mi sarebbe venuta voglia di caffè e che sarei entrato nel bar, ma non mi sembrava questa una questione che andasse calendarizzata.
Entrai nel bar con lo strano pensiero – forse indotto dal luogo in cui mi trovavo – che dopo di allora non avrei parlato con nessuno per parecchio tempo. A volte la mente fa strani scherzi. Altre volte invece, funziona meglio di quanto possiamo immaginare.
Non sono un tipo brillante, uno di quelli che attacca subito discorso. Anzi, mi definirei taciturno. Un lupo solitario. Forse è solo timidezza, anche se a volte - mi rendo conto - il mio atteggiamento può apparire misantropico. Però quella mattina avevo voglia di parlare. Forse a causa del presentimento di cui ho già parlato, forse per capriccio, fatto sta che avevo veramente un gran desiderio di lasciarmi andare, di farmi conoscere.
Nel bar, manco a dirlo, non c’era nessuno, eccezion fatta per la ragazza dietro al bancone. Sfortuna vuole che la barista fosse bella. Sfrontatamente bella. Da togliere il fiato. E questo, per un timido che vuole scambiare due chiacchiere, è una sfortuna. La bellezza mette soggezione. Non so come però, questo viaggio aveva cambiato il mio modo d’essere: senza pensarci m’avvicinai al bancone e attaccai discorso. Le chiesi come andassero gli affari, tanto per metter subito in chiaro che non sono il tipo d’abbordaggio: credo che questo sia stato il tentativo d’approccio più maldestro che quella ragazza abbia mai subito.
Comunque sia, iniziammo a dialogare. Anche lei non era una gran chiacchierona, mi rispondeva appena, ribattendo sempre con domande precise e circostanziate. Per meglio farvi rendere conto del tenore della conversazione, vi faccio un esempio di dialogo tra di noi. Io: “Sono il primo cliente di oggi?” Lei: “Si. Perché me lo chiedi?”
In effetti, nonostante la conversazione non fosse propriamente scoppiettante, proseguì per parecchio tempo. Non stava nel dialogo il nostro scambiare informazioni, bensì nelle pause tra una parola e l’altra, nei silenzi, nei sorrisi accennati o negli sguardi prolungati prima di ricominciare a parlare. Fu quando lei si avvicinò a me appena un po’ di più di quanto fosse effettivamente necessario, che successe il fatto.
La baciai.
Ebbene sì. Allungai il collo e la baciai. Da non crederci, mai fatto niente di lontanamente simile prima di allora. Eppure lo feci, come fosse per me la cosa più naturale di questo mondo!
A quel bacio rubato ne seguirono altri, uno dietro l’altro, affamati: rovesciammo sedie e finimmo sdraiati sopra un tavolo, col fiato corto e il desiderio alle stelle. Questo seguì nella mia mente. Perché nella realtà accadde che lei si sistemò i capelli, sorrise amabilmente e mi invitò con cortesia a prendere il mio caffè altrove, che tanto quella mattina non aveva nemmeno acceso la cassa.
So che non mi crederete, perché così come l’ho raccontato sembra che sia stato io a forzare la situazione, e che lei non avesse affatto gradito la mia iniziativa. Ma vi posso assicurare che entrambi desideravamo quel bacio, anzi, dico di più, sono certo che fu un evento inevitabile, scritto nel destino, e che la passione che la ragazza mise nel baciarmi, fu quanto meno pari alla mia. Fu un bacio splendido, memorabile. Come pure fu indimenticabile lo sguardo triste che accompagnò il suo sorriso, quando uscii dal locale.
Non ho dubbi. Ed è per questo che dopo aver fatto l’inventario nel magazzino che possiedo ad A., invece di mettere il lucchetto e tornare indietro, ho fatto un salto all’alimentari - che a dispetto di tutto è ancora aperto - e ho fatto scorte di cibo. Devo trovare me stesso, capire chi sono, prima di poter tornare da lei.
Sono due settimane che vivo nel soppalco sopra il magazzino, e prima o poi mi deciderò a fare il percorso inverso e tornare in quel bar. E la bacerò di nuovo, con tutto il seguito che ho immaginato. Sempre che il bar sia ancora aperto…
Opera scritta il 17/07/2018 - 11:55
Da Roberto L
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Commenti
Sì, queste cose accadono. Sono attimi magici in cui entriamo in profondo contatto con l’altro senza bisogno di parlare. I silenzi, le pause, gli sguardi sono più eloquenti di tante parole, come tu stesso scrivi.
Difficile, se non impossibile, ricreare la stessa situazione che, appunto perché “magica”, credo sia irripetibile...
Difficile, se non impossibile, ricreare la stessa situazione che, appunto perché “magica”, credo sia irripetibile...
Mimmi Due 17/07/2018 - 20:28
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Mi hai emozionato Roberto...e quel bacio, chissà, magari la strada all'inverso è ottima, come questo scritto. Bravo, davvero bravo!
Margherita Pisano 17/07/2018 - 15:19
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questo racconto, in un primo momento, mi ha ricordata "strano"
ma credo che, invece, per quanto "verosimile", sia fitto di metafore.
è un racconto e, come tale, va commentato senza aggiunte fantasiose di chi legge, senza elucubrazioni....
quindi, mi limiterò a dire: Ottimo, come sempre del resto!
e chissà, quando la bacerai di nuovo, forse, sarà per sempre
laisa azzurra 17/07/2018 - 13:44
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