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Amare sorprese

Sono passati quattro anni da quando Mario è scomparso, quattro lunghi anni.
Era una mattina di giugno, precisamente l'undici giugno 1995, Marta, la moglie, mi chiamò al cellulare per domandarmi se Mario era con me.
Sembrava un ritardo banale, causato da qualche problema all'auto oppure da qualche banale imprevisto di altro genere.
Il tempo passava ma di mio fratello nessuna traccia, come svanito nel nulla.
Era una domenica e lui stava andando a prendere Francesca, sua nipote, per accompagnarla a una partita di basket.
Chiara, la sorella di Marta, non vedendolo arrivare, chiamò al telefono di casa, non era preoccupata in modo particolare, bisogna tener conto che mio fratello è sempre stato un ritardatario, quindi dieci minuti di ritardo non creavano in noi nessuna particolare ansia, solo che i minuti divennero ore.
Alle 14 decidemmo di rivolgerci alla polizia.
A volte credi che certe persone siano per te come dei vetri trasparenti, chiari, soprattutto incapaci di nasconderti qualunque cosa, poi scopri che non è così.
Scopri che determinate cose sono visibili ma tu, per motivi reconditi del tuo inconscio, non le hai volute vedere.
Come se qualcuno ti avesse messo una mano davanti per impedirti di vedere un qualcosa di evidente, lampante.
Pian piano erano uscite fuori delle cose, su Mario, che ci lasciarono di stucco.
Ritorniamo a quella domenica.
Alle 17, nella piazza davanti alla stazione ferroviaria, fu ritrovata l'auto, le chiavi erano inserite e i documenti erano nel cassettino, sembrava lasciata precipitosamente.
Incominciamo a temere il peggio.
Mio fratello gestiva un locale vicino al centro storico, un piccolo ristorante.
Oltre il locale aveva anche tutta la struttura adiacente ad esso, un vecchio edificio del 1600 che era riuscito a comprare con la vendita di un terreno che gli aveva “regalato” mio zio.
Incominciamo a fare mille ipotesi, che fosse in difficoltà economica, che dei malfattori gli avessero fatto del male, che ...insomma nulla di tutto quello che avevamo pensato era vicino alla realtà.
Successivamente, dalle indagini e dalle confessioni di alcuni personaggi della malavita, risultò che lui prestava la struttura adiacente al ristorante come deposito per la droga, non solo, quando in città venivano dei latitanti lui li ospitava, il tutto, naturalmente, dietro lauto compenso.
Questo era il gancio sinistro, il gancio destro era dato dalla presenza di una donna vista assieme a lui, da alcuni testimoni che lo conoscevano, in diversi locali in della città.
Le ipotesi della polizia furono per un regolamento di conti.
A noi suonava tutto così assurdo, incredibile.
Mario, il ragazzone dai capelli brizzolati, quello sempre presente a capodanno e ferragosto, ma, soprattutto, mio fratello, un delinquente incallito, un malfattore della peggiore specie, capace di conservare chissà quanta droga...non poteva essere vero.
Anche se, lo devo ammettere, qualche lusso extra, se così lo possiamo definire, se lo concedeva e visti i suoi bilanci e le sue spese per il locale, insomma qualche leggero sospetto avrebbe dovuto fare capolino nelle nostre teste, invece fingevamo, si direi proprio così, fingevamo di non accorgerci delle incongruenze.
La realtà che andava delineandosi non lasciava scampi al dubbio.
Le dichiarazioni erano molto chiare, nette.
Nell'arco dei quattro anni, comunque, di Mario non è mai stata trovata traccia.
Una voce, che come tale doveva essere presa, ce la confidò un agente pregandoci di prenderla per quella che era, disse che Mario era riuscito a riparare in Francia con la misteriosa donna vista da vari testimoni.
Se così fosse, voleva dire che lui era ancora vivo.
Le indagini svolte su quella pista non portarono a nulla.
Quello che secondo noi, lo pensavano anche gli investigatori, si delineava era un quadro di lupara bianca.
Forse Mario aveva fatto uno sgarro a qualcuno a cui non bastava un gesto di formali scuse, forse si era impossessato di qualcosa che non avrebbe dovuto toccare.
Chissà?


2 giugno 1999.
Apro il giornale e leggo:” Il collaboratore di giustizia Vittorio Partinico rivela nuovi fatti che pongo una nuova luce ...”.
Quelle frasi sembravano lontane mille miglia dalla nostra quotidianità, incapaci di incidere sul nostro personale futuro, sulla nostra famiglia, invece erano il via ad altre sgradevoli sorprese.
Il collaboratore si autodenunciò della sparizione di un certo Mattia Leone, un tale che possedeva una piccola fabbrica di non so cosa che aveva venduto per campare di rendita.
Il bello che questo tipo non fu mai cercato in quanto nessuno denunciò la sua scomparsa.
Aveva solamente una sorella, sofferente di demenza senile, che viveva in una casa di riposo.
Quando scomparve fu messa in giro la voce che Leone fosse tornato nel suo paese d'origine, invece, poiché non voleva assolutamente dare alcuni suoi terreni edificabili al boss locale, fu fatto sparire.
Gli investigatori fecero dei riscontri e scoprirono che questo Mattia Leone, a dispetto di quanto affermava il collaboratore, era ancora in giro e usava i propri documenti in una città del nord.
Quando i poliziotti andarono per raccogliere la testimonianza di quella persona e verificare la bontà del racconto del collaboratore, trovarono la casa vuota.
Il misterioso Mattia era scomparso.
A nulla servirono gli appostamenti per vedere se tornava.
Dai controlli eseguiti nell'appartamento e dalle descrizioni fornite da numerosi testimoni, risultò che il misterioso Mattia era in realtà mio fratello Mario.
Aveva comprato l'identità di quella persona, girava con i suoi documenti.
Alcuni vicini lo descrivevano come un normale uomo d'affari, sempre elegante, composto, un vero signore.
Molti ritenevano che fosse un pezzo grosso di qualche banca, almeno questo era quello che lui aveva fatto credere.
Si credeva al sicuro con la sua nuova identità, con la sua amichetta, che chissà da quanto tempo frequentava, invece quella mattina del 2 giugno una notizia deve averlo scosso; notizia che per noi non aveva nessun particolare significato ma che per lui suonava come un campanello d'allarme, una specie di fine corsa.
Aveva vissuto quattro anni sempre mentendo, senza mai chiamarci, senza mai cercare un contatto con i suoi cari.
Forse il vero Mario è sempre stato quello, magari quello che noi conoscevamo era solamente una maschera, un'utile maschera da indossare all'occorrenza.
Si era comportato da vero farabutto, mettendo nei guai anche noi che, di riflesso, venivamo visti con sospetto.
Avevo la netta sensazione che la polizia non credesse pienamente alla nostra estraneità alle vicende di Mario, sembrava che loro propendessero per un nostro coinvolgimento, a qualche titolo, nelle sue azioni.
Marta era distrutta.
Mia madre, che vedeva il “suo ragazzo” quasi come un santo uscito dal quadro, era annientata.
A mio padre una malattia degenerativa ha risparmiato lo strazio di conoscere il vero lato del figlio.
Un vicino di casa del misterioso Mattia aveva fotografato Mario, per caso, durante il matrimonio di un condomino.
La polizia ci fece vedere la foto, come ulteriore conferma...era lui!
Nella foto appariva appesantito, capelli più grigi.
Lo strazio era tanto, questa volta non riuscivo a sopportare la vicenda.
Per la nostra famiglia sarebbe stato meglio non ritrovarlo più.
Se fosse riapparso cosa gli avremo detto? Bentornato? Non credo!




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Opera scritta il 20/07/2020 - 21:51
Da Massimiliano Casula
Letta n.647 volte.
Voto:
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Commenti


Racconto particolareggiato, bella scrittura. Complimenti

Mirko D. Mastro(Poeta) 21/07/2020 - 08:01

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