La mia lacrima
non bagnò la terra
restai sospeso
in un grecale marino
che soffiava indifferente.
Trovarono le mie ossa
insepolte...
Sparse nel campo dei vivi
aperte alle piogge di marzo,
chiuse nel loro mistero di vita.
Non chiesi doni
eppur mi furono dati,
nel peso insopportabile
d’un’anima troppo sola.
No, non chiesi mai
d’esser pietra in quella sterminata distesa di fiori.
Mi raccontarono di danze nell’aurora
leggere nelle gocce del mattino,
sognanti negli aranci della sera.
Or che tutto scolora
dormo il mio perduto sonno
accogliendo le stagioni
nella memoria della polvere
e vanno le foglie d’autunno a coprir i miei resti
e son gialle margherite poi a custodire
e spighe di grano
e spogli virgulti d’erba nel secco inverno
e son così
nel mio Paradiso
e chiunque può venire a trovarmi
e raccogliere un fiore
o ascoltare il vento bizzoso
o sfiorare la fresca neve.
Ora son tutto questo
e non temo il male
né il freddo
né la notte che scende
e…
E mi penso astro
lontano e vicino.
Luce che dona.
Quel dono che mai ebbi dal vivere
nel mio essere piccolo stelo,
nell’infinito Amore
che il mio Creatore mi concesse.
«Raccogli allora nel tuo palmo di mano la rugiada del mattino, io sarò lì a donarti Amore».
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un piacere.
così sento io, Poeta. Un grande dono il tuo poetare... la tua lacrima non sarà stata versata invano