SALUTO D'UN EMIGRATO
T'ho lasciato, terra mia, spaurito, come altri che nati qui,
ragazzi ancora o quasi, s' accorsero assai presto che pur bella,
eri anche avara, o terra dell'Amiata.
Or mi trovo immerso nei rumori cittadini,
tra bagliori di ferro incandescente e magli risuonanti,
nell'afosa caligine che annebbia l'officina.
Ho sognato le trame dei tuoi boschi contro l'azzurro cielo del ricordo,
il tinnir degli zoccoli ferrati sul selciato consunto della Piana,
lo strusciar dei corbelli lungo i muri delle case accostate su pel Poggio.
Ho portato racchiuso il mormorio delle tue fonti,
che il vento spruzza contro le pietre grigie di tanti anni,
il suono di campane che si spande oltre le mura e scende per le vigne.
Ricordo il tonfo sordo delle lappe, a ottobre,
che cadono socchiuse sopra il muschio,
le voci amiche di quanti ho lasciato, giungendo in terra nuova e un po’ ostile.
Ora che son tornato, per un lungo silenzioso riposo e non ho voce,
chiedo a chi resta, a chi festeggia lieto questi sereni giorni settembrini,
di gridare per me nelle contrade, il suo entusiasmo di incitamento al palio,
il suo cavallo nella folle gara.
Nella corsa del dieci, d'accarezzar la groppa dei somari nella corsa,
di sentire ovunque e sempre per la terra Ciola
quel che ha legato me, sino al ritorno in gloria.
T'ho lasciato, terra mia, spaurito, come altri che nati qui,
ragazzi ancora o quasi, s' accorsero assai presto che pur bella,
eri anche avara, o terra dell'Amiata.
Or mi trovo immerso nei rumori cittadini,
tra bagliori di ferro incandescente e magli risuonanti,
nell'afosa caligine che annebbia l'officina.
Ho sognato le trame dei tuoi boschi contro l'azzurro cielo del ricordo,
il tinnir degli zoccoli ferrati sul selciato consunto della Piana,
lo strusciar dei corbelli lungo i muri delle case accostate su pel Poggio.
Ho portato racchiuso il mormorio delle tue fonti,
che il vento spruzza contro le pietre grigie di tanti anni,
il suono di campane che si spande oltre le mura e scende per le vigne.
Ricordo il tonfo sordo delle lappe, a ottobre,
che cadono socchiuse sopra il muschio,
le voci amiche di quanti ho lasciato, giungendo in terra nuova e un po’ ostile.
Ora che son tornato, per un lungo silenzioso riposo e non ho voce,
chiedo a chi resta, a chi festeggia lieto questi sereni giorni settembrini,
di gridare per me nelle contrade, il suo entusiasmo di incitamento al palio,
il suo cavallo nella folle gara.
Nella corsa del dieci, d'accarezzar la groppa dei somari nella corsa,
di sentire ovunque e sempre per la terra Ciola
quel che ha legato me, sino al ritorno in gloria.
Poesia scritta il 10/01/2016 - 17:13
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Voto: | su 4 votanti |
Commenti
5* per te
Nadia Sonzini 11/01/2016 - 08:46
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Molto bella!! E' talmente intenso il ricordo e forte l'emozione nel rivedere la terra natale da rimanere senza parole
Un salutone
Nadia
Un salutone
Nadia
Nadia Sonzini 11/01/2016 - 08:45
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grazie Margherita
POETA DELL'AMIATA LUPO DELL'AM 11/01/2016 - 00:27
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Tanto piaciuta...un caro saluto
margherita pisano 10/01/2016 - 23:32
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