C’è la bocca che fa glug glug, mentre le tue mani diventano d’acciaio.
Cosa c’è di vero se non l’amore?
L’amore? L’a-m-o-r-e.
Quello che ti lascia senza un respiro e senza un quattrino, le tasche piene di collagene
e uno strappo all’inguine.
Sciogliendoti in baci scontati e repulsivi, mentre un corvaccio ti danza sulla spalla.
Siamo pronti al salto di qualità.
Saltiamo, saltiamo, con un mazzo in mano di nomi di persone, di corpi, mani e occhi
e gozzoviglie di parole.
Portare l’umano dove non è più umano, portarlo all’ultimo.
Caschiam, caschiam, dopo una dislessia perenne.
A-m-o-r-e in una vasca da bagno, a-m-o-r-e spinto, a-m-o-r-e portami all’altare.
Sì, credo ti porterò all’altare, all’altare alto e tronfio dove si trovano i cavedani
che saltellano come in una fiaba russa.
Una danza russa da contrappunto.
Giù dal compassato palco, dal soppalco, teste rubizze e implumi saltano come lampadine.
Ci manca l’uomo dal sonno forte.
Aspettiamo che inizino.
Attraverso le tue mani, dalla punta del mio naso, le tue note scivolano
come se le portasse una carrettata di soldi facili,
reggono bene l’urlo del bambino
e il parco residuo di gioia rimasta,
e fanno piangere la donna al fondo del locale.
Tutte le cose per cui lei ha combattuto sono in quell’arpa.
La pizzica come se fosse la cosa più fragile di questo mondo,
e piccole gocce di pioggia cascano sul pavimento.
Non è ancora finito. Noi ascoltiamo ma siamo tutti colpevoli.
Il sogno si è aperto come una pancia sventrata.
Le cascano i capelli sulle corde ma le note continuano a saltare tra due eterei universi, dispersi.
Pure i capelli suonano le corde.
Le ombre interessanti sono con lei.
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