e il costone di roccia ne era illuminato di straforo,
come un velo che una provvida mano avesse deposto,
e guidava i miei passi verso l’osservatorio.
Ero stanco man mano che la strada diventava un’erta bruciata dal calore.
Mi fermai a una fontana scavata nella roccia e bevvi finché potei,
poi ripresi il cammino, la cui andatura caracollante
si sveltiva solo per il fatto di poterti raggiungere.
Avevo la vista ottenebrata dalla stanchezza e non ti vidi
venire incontro nel senso opposto al mio marciare
e lanciarmi uno sguardo furibondo che difatti
non compresi. Ti balzai incontro e fummo avvinti
da un abbraccio che mai avrebbe potuto separarci,
fummo circondati da una voluta di fumo e foglie secche,
ci compenetrammo come due entità indissolubili.
Ora il sole era completamente sceso dietro il crinale.
Ti chiesi perché stavi correndo a quel modo,
ma tu non seppi darmi una risposta.
Mi dicesti che nella vita bisogna andare avanti
come in un cunicolo metallico:
superata una soglia si prende una piastra e la si salda dietro di sé
e si va avanti così, mettere una piastra e saldarla, una piastra
dietro l’altra, un tratto di cunicolo dietro l’altro.
Io non capii bene cosa volessi dirmi e pensai
che era un pensiero ameno quello che avevi detto.
Mi accinsi a preparare il fuoco per la cena che avremmo dovuto consumare
e per scaldarci; trovai della legna secca che bruciava velocemente
e dei pezzi più grossi per mantenere il fuoco.
Ci addormentammo vicini l’uno all’altra,
con l’intento di raggiungere domani l’osservatorio,
ma non lo raggiungemmo mai perché la cengia di roccia
su cui ci trovavamo si staccò dal monte e noi precipitammo giù, cadaveri.
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ma anche con la poesia tutta****
Molto bella.
un abbraccio dall'animo
ciao.
ma insomma
va beh, battuta a parte, "viva la tua fantasia"...ne hai da vendere