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La tremenda minaccia dei cookie (1/2)

Non voglio spaventare nessuno inutilmente, quindi chiarisco subito che questa terribile angheria non minaccia i semplici fruitori di Internet, che al massimo saranno scocciati dalle fastidiose tendine che oscurano mezza pagina quasi ogni volta (ed è quel “quasi” il nocciolo del problema, come vedremo presto) che provano a collegarsi a qualcosa.


Possono stare tranquilli pure coloro che pubblicano contenuti in un sito di cui non sono proprietari, come chi carica filmati su YouTube o testi in qualche sito letterario (NetEditor, Oggi Scrivo, Rosso Venexiano ecc.) In questo caso è il sito che li ospita a “togliere le castagne dal fuoco”, come suol dirsi, presentando quegli avvisi a mio parere del tutto superflui, oltre che fastidiosi, ma obbligatori per legge; o, nell’eventualità contraria, se ne assume piena responsabilità. No problem anche per gli utenti dei social network, altrimenti il caro Zuckerberg finirebbe a chiedere l’elemosina in un angolo di strada.


Ad essere sotto scacco sono gli sprovveduti (categoria di cui faccio purtroppo parte) che hanno, o avevano, messo su un sito web, o un blog, magari semplicemente perché avevano imparato un po’ di HTML, o perché incoraggiati dalla immensa offerta, presente su diverse piattaforme web, di ospitalità (o, più tecnicamente, “hosting”) e di potenti strumenti di sviluppo del tutto gratuiti.


Se anche qualcuno di voi è un blogger di belle speranze, o un esercente che ha messo sul web una piccola vetrina del proprio negozio, della propria panetteria o officina meccanica, o magari avviato un’attività on line armato solo di conoscenze informatiche ma con poca dimestichezza con le leggi dello stato italiano, o conosce qualcuno, parente o amico, che lo è, e vuole metterlo in guardia contro i pericoli che gli incombono sulla testa “a sua insaputa” (termine molto in voga ultimamente, ma io lo intendo sul serio), ha dalle seimila alle centoventimila ottime ragioni per leggere per intero questo scritto.


Se vuole, può farlo anche chi, per semplice curiosità, voglia scoprire come questa faccenda degli avvisi sui cookie, che ai più semplicemente rompe le scatole, per qualcun altro (cioè per colui che, suo malgrado, è costretto a propinarci questa rottura) può rappresentare qualcosa di tremendamente drammatico.


Altrimenti, potete cercarvi letture più piacevoli di questa.


Parliamo di cookie, dunque. Per chi non fosse informato (ma dubito, ormai, che qualcuno non lo sia, con lo stucchevole bombardamento di avvertenze che ormai riceviamo andando in giro per Internet), questa parola, che in inglese sta per “biscottino”, indica dei piccoli file che vengono depositati sul disco fisso del nostro PC ogni volta che visitiamo un sito, tranne eccezioni che, da quello che ho verificato nel preparare questo articolo, sembrano rarissime. Questi file contengono informazioni riguardo la nostra navigazione in rete, in alcuni casi utili semplicemente a far funzionare meglio ed in modo più sicuro le pagine che visitiamo ed i servizi da queste offerti (cookie “tecnici”), in altri a fornire indicazioni sulle esigenze o i gusti che abbiamo in qualche modo espresso con le nostre ricerche (cookie “di profilazione”). Sarà capitato anche a voi, ad esempio, dopo aver fatto una ricerca su un determinato oggetto, veder comparire “come d’incanto” banner pubblicitari riguardanti proprio ciò che abbiamo appena cercato.


Seguendo, pare, direttive europee, il Garante della Privacy nostrano (sì, lo stesso signore che ha stabilito che, se registri di nascosto un tizio che cerca di corromperti o ti chiede una mazzetta, in galera ci finisci tu per aver documentato un abuso e non il tizio per averlo commesso – ma questo è un altro discorso) ha stabilito che, dal 2 giugno 2015, è obbligatorio, per i proprietari dei siti che installano questi file, avvisare l’utente del fatto, in modo chiaro ed evidente (la maledetta tendina che ti oscura metà della pagina che vorresti consultare), e dargli la possibilità di scegliere se farli scaricare o meno.


Bene. Se, come me, anche tu sei un semplice blogger, o uno di quelli che hanno realizzato, o fatto realizzare, un piccolo sito per presentare su Internet la propria pizzeria, o i loro componimenti poetici, probabilmente riterrai di poter stare tranquillo (come lo credevo io): noi non distribuiamo cookie, non abbiamo la minima idea di come si faccia, magari finora non sapevamo neppure cosa fossero…


S B A G L I A T O ! ! !


È stata una scoperta che mi ha fatto rizzare i capelli in testa. Perché quei maledetti biscottini non sei tu a produrli e a scaricarli, ma è il servizio di hosting che stai utilizzando, il motore di ricerca cui ti sei presentato per farti raggiungere in qualche modo, o, peggio ancora (molto, molto peggio), il servizio di pubblicità a pagamento cui ti sei iscritto, tipo Google AdSense, sperando di guadagnare qualche spicciolo dalle visite ricevute dal tuo sito. Ma il sito è tuo, e spetta a te gestire la cosa secondo legge. Una legge, al solito, non molto chiara, se non per le multe previste in caso di inadempienza: dai 6.000 ai 120.000 euro.


Ripeto: sanzioni che vanno da un minimo di SEIMILA ad un massimo di CENTOVENTI MILA EURO!


Verrebbe da suggerire di provare a rapinare una banca e lasciar perdere il web, rende di più e si rischia molto meno. Ed in alcuni casi sarebbe perfino moralmente giusto, ma anche questo è un altro discorso.


Come ho individuato questa trappola (nella mia mente è subito apparsa l'immagine della fossa disseminata di pali aguzzi occultata in superficie da un po’ di sterpaglia)?


Io non sono un esperto, né in informatica (anche se lì qualche cosina capisco) né tantomeno in codici civili o penali (aree nelle quali sono letteralmente sotto zero). Non sono neppure uno che vive di web, che in questo caso avrebbe il sacrosanto diritto/dovere di informarsi costantemente su ciò che viene legiferato in proposito. Per campare faccio l’impiegato, e già lì ho il mio da fare per tenermi in linea con le continue novità (folli, ma di questo conto di parlare in un altro scritto) introdotte in tema di informatizzazione della Pubblica Amministrazione, visto che lavoro nel settore preposto.


Un caso. Uno straordinariamente fortunato quanto terrificante caso.


Da molti anni, sogno (o sognavo) di fare fortuna come scrittore. A farmi fantasticare, era la storia di un tizio che un bel giorno si era deciso, si era preso un mese di ferie, aveva scritto un romanzo rivelatosi subito un best seller, ed era diventato uno degli autori più famosi al mondo, cosa che gli aveva consentito di lasciare il suo impiego e vivere dei suoi scritti. Roba, ovviamente, che accade solo in America. Una favola simile, ma per me ancora più bella, a quella di Cenerentola. Considerata però la scarsa collaborazione accordatami (a torto o a ragione) dalle case editrici interpellate (tutte quelle grandi e molte di quelle piccole), avevo cercato di realizzare questo sogno approfittando delle opportunità offerte dalla Rete. Avevo così pubblicato qualche romanzo, un po’ di racconti, svariati articoli su politica, società e informatica, sfruttando l’ospitalità offerta da vari siti letterari, e, date le mie, anche se non immense, conoscenze di informatica, mettendo su un paio di blog e qualche sito in cui presentare i miei lavori. Fantastica Internet! Prima che la politica ci mettesse sopra le mani, garantiva libertà, mezzi ed occasioni anche gratuite a chiunque avesse qualcosa da proporre.


Visto che comunque, nonostante la grande disponibilità offertami dal web, il successo cui aspiravo tardava ad arrivare, avevo da poco pensato di tentare un’altra strada, quella dei videogiochi. Credo sia un dato di fatto: in giro c'è più gente disposta a giocare che desiderosa di leggere. Un mercato, quindi, potenzialmente più ampio.


Così avevo studiato un po’ di roba, e realizzato un primo giochino, piuttosto minimalista: una margherita da sfogliare per il classico quesito “m’ama, non m’ama”. Niente di eclatante, giusto una piccola idea che mi sembrava divertente. Pur nella sua disarmante semplicità, avevo pensato di mettere su un sito dedicato a questo ed ai miei futuri lavori in tale campo, approfittando ancora della cortese accoglienza di Altervista, che già ospita il mio blog “Blog54 – di tutto un blog”
(e che contiene anche questo articolo, per intero anziché diviso in due parti come qui – se avete fretta di sapere come va a finire, potete raggiungerlo a questo link: blog54.altervista.org)


(continua)




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Opera scritta il 05/01/2016 - 10:19
Da Giuseppe Bauleo
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