La fredda notte del tempio spento,
illuminava nel grigio della pietra il riflesso di una goccia.
Uno stupido scampanellio riecheggiava sordo e stridulo coprendo, come un folletto maligno,
le grida ululanti: No!, no! e poi no!
La bambina, con i piedi scalzi, giocherellava con un filo d’erba dorato dalla luna.
Creando disegni di gnomi e fate danzanti sul fiume dorato.
Svegliata dai suoi candidi pensieri dall’orco della realtà, ma Mamma?!
Quante volte te lo devo ripetere ancora?
La fata, con la veste turchina ricoperta da mille campanellini ed il cuore spezzato, tendeva la mano ruvida e callosa alla purezza della manina innocente.
Vieni piccola mia. Non ascoltare il richiamo materno.
La stupidità umana non ti vuole far mettere piede in questo luogo incantato.
Dice: non devi aver nessun contatto con Lei , quanto volte te lo devo ripetere ancora! In una sorta di predicatore stanco.
La bambina, affidandosi ciecamente alla fata ridente, con un balzo leggero lasciava con un timido sorriso il tempio della tristezza.
La scritta sul muro di gomma “non devi mettere piede in quel luogo”, si cancellava dalla sua testa come neve riscaldata dal sole di vita.
L’orco agli occhi della bambina diventava sempre più grande. Con gli occhi di brace e i denti color miele, brandiva con gli uncini affilati la cintola della violenza.
Non ti girare, sa che potrebbe essere la nostra unica via, l’amore, le ripeteva la fata.
Il pianto di angoscia e liberazione cominciava a diffondersi nel buio corridoio illuminato solo dalla bacchetta fatata.
Zitta! Non piangere. Non ne voglio più discutere gridava l’orco sempre più vicino, vicino, vicino. La bambina sentiva la puzza acida di un cattivo brandy e correva più forte.
Come se quel profumo, assaporato troppe volte sulla propria pelle, fosse il carburante per una nuova realtà.
In fondo una porta con la scritta: “Non oserei uscire da quella porta, se fossi in te!”
La bambina con la forza di una fata, brandiva con tutta la sua innocenza la bacchetta magica contro la cintola infuocata dell’orco.
Mettitelo bene in testa non riuscirai a fermarmi. Cosa fai vuoi picchiarmi?
Il corpo sentirà ancora le ferite, il tempo le rimarginerà, il cuore le richiamerà.
Ma la mia anima volerà oltre i confini di una finita porta dove il riflesso di una goccia illuminata dalla notte,
seguirà il volo felice di una fata turchina.
illuminava nel grigio della pietra il riflesso di una goccia.
Uno stupido scampanellio riecheggiava sordo e stridulo coprendo, come un folletto maligno,
le grida ululanti: No!, no! e poi no!
La bambina, con i piedi scalzi, giocherellava con un filo d’erba dorato dalla luna.
Creando disegni di gnomi e fate danzanti sul fiume dorato.
Svegliata dai suoi candidi pensieri dall’orco della realtà, ma Mamma?!
Quante volte te lo devo ripetere ancora?
La fata, con la veste turchina ricoperta da mille campanellini ed il cuore spezzato, tendeva la mano ruvida e callosa alla purezza della manina innocente.
Vieni piccola mia. Non ascoltare il richiamo materno.
La stupidità umana non ti vuole far mettere piede in questo luogo incantato.
Dice: non devi aver nessun contatto con Lei , quanto volte te lo devo ripetere ancora! In una sorta di predicatore stanco.
La bambina, affidandosi ciecamente alla fata ridente, con un balzo leggero lasciava con un timido sorriso il tempio della tristezza.
La scritta sul muro di gomma “non devi mettere piede in quel luogo”, si cancellava dalla sua testa come neve riscaldata dal sole di vita.
L’orco agli occhi della bambina diventava sempre più grande. Con gli occhi di brace e i denti color miele, brandiva con gli uncini affilati la cintola della violenza.
Non ti girare, sa che potrebbe essere la nostra unica via, l’amore, le ripeteva la fata.
Il pianto di angoscia e liberazione cominciava a diffondersi nel buio corridoio illuminato solo dalla bacchetta fatata.
Zitta! Non piangere. Non ne voglio più discutere gridava l’orco sempre più vicino, vicino, vicino. La bambina sentiva la puzza acida di un cattivo brandy e correva più forte.
Come se quel profumo, assaporato troppe volte sulla propria pelle, fosse il carburante per una nuova realtà.
In fondo una porta con la scritta: “Non oserei uscire da quella porta, se fossi in te!”
La bambina con la forza di una fata, brandiva con tutta la sua innocenza la bacchetta magica contro la cintola infuocata dell’orco.
Mettitelo bene in testa non riuscirai a fermarmi. Cosa fai vuoi picchiarmi?
Il corpo sentirà ancora le ferite, il tempo le rimarginerà, il cuore le richiamerà.
Ma la mia anima volerà oltre i confini di una finita porta dove il riflesso di una goccia illuminata dalla notte,
seguirà il volo felice di una fata turchina.
Opera scritta il 18/02/2016 - 17:05
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