<<Amico mio, perché guardi
così profondamente,
mestamente,
dentro a quel bicchiere?
Sarà l'alcol, o quello che vedi
fra le orride trame dell'alcol:
ripeto, dentro a quel bicchiere?>>
<<Che vuoi tu?
Non vedi che sto meditando,
che sto languendo,
un sorriso spento,
che non si capacita dell'ironia:
è finita?
non credo; forse, forse mi sbaglio;
è solo malinconia,
nostalgia di agguantare qualcosa
correndo.
Sei contento?
Sto parlando con te:
profondamente>>.
<<Ragazzo,
ma suvvia . . .
Lì fuori c'è la vita:
non posso spiegartelo io.
Io vedo: dentro i tuoi occhi,
che partoriscono di tanto in tanto
qualche bagliore,
un'infinita volontà di aggrapparsi
al vacuo, al non-senso.
Innocenza intatta.
Desolato amore.
Avvolgente disfatta.
Io penso:
che è meglio disfarsi
di questa roba,
di questi inutili vaneggi.
Ozio o vino?
Scegli quel che ti pare,
ma manda a fare in culo tutto.
Il mondo è brutto?
Fa niente.
Il destino
non possiamo cambiarlo,
ma: possiamo ubriacarlo.
Tu sei quello lucido quando bevi,
Lui quello ubriaco.
Non devi:
credimi, sarebbe un grave errore,
rinunciare al sapore
di una vita in tumulto>>.
<<Giusto!
Ovvero, forse hai ragione;
mi ha dato una lezione.
E' necessario maledire dio,
la convenzione,
abolire l'indulto,
rinnegare il perdono.
Abbracciare la frenesia.
Farsi di tanto in tanto qualche dono:
sì, hai capito bene,
sto parlando del bere.
Esatto . . . Centrifugare
sensazioni:
dentro ad un bicchiere>>
<<Vaneggi?
Ancora: non hai capito niente!
ma qualcosa è successo.
Fa lo stesso.
Dopotutto, ti ho evitato di pensare,
di sentire
quel morso pungente>>.
<<Meglio di niente!
Che cosa mai di più potrei aspettarmi
da te?
E poi: aspettarmi qualcosa?
ma perché?>>.
<<Proprio così, amico mio.
Sono io . . .
Che ti parlo,
che ti ascolto,
sono ubriaco almeno quanto te.
Chi sono?
Che ti importa sapere . . .
Di chi sia qualcuno:
che ti parla
da dentro ad un bicchiere>>
così profondamente,
mestamente,
dentro a quel bicchiere?
Sarà l'alcol, o quello che vedi
fra le orride trame dell'alcol:
ripeto, dentro a quel bicchiere?>>
<<Che vuoi tu?
Non vedi che sto meditando,
che sto languendo,
un sorriso spento,
che non si capacita dell'ironia:
è finita?
non credo; forse, forse mi sbaglio;
è solo malinconia,
nostalgia di agguantare qualcosa
correndo.
Sei contento?
Sto parlando con te:
profondamente>>.
<<Ragazzo,
ma suvvia . . .
Lì fuori c'è la vita:
non posso spiegartelo io.
Io vedo: dentro i tuoi occhi,
che partoriscono di tanto in tanto
qualche bagliore,
un'infinita volontà di aggrapparsi
al vacuo, al non-senso.
Innocenza intatta.
Desolato amore.
Avvolgente disfatta.
Io penso:
che è meglio disfarsi
di questa roba,
di questi inutili vaneggi.
Ozio o vino?
Scegli quel che ti pare,
ma manda a fare in culo tutto.
Il mondo è brutto?
Fa niente.
Il destino
non possiamo cambiarlo,
ma: possiamo ubriacarlo.
Tu sei quello lucido quando bevi,
Lui quello ubriaco.
Non devi:
credimi, sarebbe un grave errore,
rinunciare al sapore
di una vita in tumulto>>.
<<Giusto!
Ovvero, forse hai ragione;
mi ha dato una lezione.
E' necessario maledire dio,
la convenzione,
abolire l'indulto,
rinnegare il perdono.
Abbracciare la frenesia.
Farsi di tanto in tanto qualche dono:
sì, hai capito bene,
sto parlando del bere.
Esatto . . . Centrifugare
sensazioni:
dentro ad un bicchiere>>
<<Vaneggi?
Ancora: non hai capito niente!
ma qualcosa è successo.
Fa lo stesso.
Dopotutto, ti ho evitato di pensare,
di sentire
quel morso pungente>>.
<<Meglio di niente!
Che cosa mai di più potrei aspettarmi
da te?
E poi: aspettarmi qualcosa?
ma perché?>>.
<<Proprio così, amico mio.
Sono io . . .
Che ti parlo,
che ti ascolto,
sono ubriaco almeno quanto te.
Chi sono?
Che ti importa sapere . . .
Di chi sia qualcuno:
che ti parla
da dentro ad un bicchiere>>
Opera scritta il 15/04/2016 - 12:51
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