Cos’è questo nostro poetare, Jaeger?
Io guardo i tuoi occhi, disillusi e incantati,
che portano lo stigma
dell’antico punto interrogativo.
Ti rispondo:
sono urla che irrompono
in un materasso di silenzio,
su cui comodamente
adagiamo le nostre riflessioni.
Pusillanimi:
abbiamo detto, fatto il nostro dovere,
esternato il nostro dubbio.
E poi? Il piacere della non-risposta.
Dobbiamo continuare a scrivere,
per guadagnarci il consenso,
il plauso di chi cerca risposte.
Noi riproponiamo: continuate a seguire
il nostro canto.
Alla prossima puntata!
Il coraggio di farsi da parte dopo
avere buttato qualche parola di fuoco,
lasciando che siano gli altri
a spegnere il delirio di parole immaginifiche
ricreato.
Grammatica bastarda, lessico inusitato:
dopotutto, è licenza poetica.
Il dubbio non ha convenzioni,
è rivoluzione che si incarna sulle pagine.
La realtà ci fa lo sgambetto,
noi restiamo a terra giusto il tempo
per mormorare.
E la verità: è che non siamo scrittori.
Giornalai del tormento, di una finta
rivolta.
I nostri congiuntivi non esprimono
dubbio, desiderio.
Esprimono ambizione:
siamo noi quelli che hanno accesso alle pagine
della realtà!
Il nostro: è un maquillage di situazioni.
Il nostro indicativo: sempre al presente,
viviamo il paradosso di spacciare il possibile
per una certezza.
Ecco il nostro imperativo: scrivi che ti passa!
Di tanto in tanto:
sedersi
sull’anonimato delle forme infinitive.
Io guardo i tuoi occhi, disillusi e incantati,
che portano lo stigma
dell’antico punto interrogativo.
Ti rispondo:
sono urla che irrompono
in un materasso di silenzio,
su cui comodamente
adagiamo le nostre riflessioni.
Pusillanimi:
abbiamo detto, fatto il nostro dovere,
esternato il nostro dubbio.
E poi? Il piacere della non-risposta.
Dobbiamo continuare a scrivere,
per guadagnarci il consenso,
il plauso di chi cerca risposte.
Noi riproponiamo: continuate a seguire
il nostro canto.
Alla prossima puntata!
Il coraggio di farsi da parte dopo
avere buttato qualche parola di fuoco,
lasciando che siano gli altri
a spegnere il delirio di parole immaginifiche
ricreato.
Grammatica bastarda, lessico inusitato:
dopotutto, è licenza poetica.
Il dubbio non ha convenzioni,
è rivoluzione che si incarna sulle pagine.
La realtà ci fa lo sgambetto,
noi restiamo a terra giusto il tempo
per mormorare.
E la verità: è che non siamo scrittori.
Giornalai del tormento, di una finta
rivolta.
I nostri congiuntivi non esprimono
dubbio, desiderio.
Esprimono ambizione:
siamo noi quelli che hanno accesso alle pagine
della realtà!
Il nostro: è un maquillage di situazioni.
Il nostro indicativo: sempre al presente,
viviamo il paradosso di spacciare il possibile
per una certezza.
Ecco il nostro imperativo: scrivi che ti passa!
Di tanto in tanto:
sedersi
sull’anonimato delle forme infinitive.
Opera scritta il 19/04/2016 - 13:36
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Commenti
Complimenti, io non sarei mai riuscita a sciorinare una sequela di parole così ordinatamente veritiere... mi sento veramente un piccolo granellino di sabbia in un mare di tempesta. Molto bravo!
ANNA BAGLIONI 19/04/2016 - 16:10
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Una sana doccia fredda di disincantato cinismo, si abbatte sulle nostre povere penne. Ebbene, accolgo questo tuo "torbido" strale, come un grido d'amore e di dolore verso quel mare infinito di sensazioni e immagini che tutti noi, qui, tentiamo di offrire agli strambi e famelici dei del pensiero.
Valerio Poggi 19/04/2016 - 15:43
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