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Promessa di matrimonio

"Una tristezza indefinita la prese, una sorta di malinconia che per alcuni lunghissimi istanti la rese cieca e sorda, togliendole le forze ed il respiro. Appoggiò la fronte sul vetro freddo e chiuse gli occhi. Il vapore formatosi sulla finestra esaltò l’aroma del caffè. Guardò la tazza che racchiudeva fra le mani e le lacrime si sciolsero nel liquido denso.
Si scosse quindi da quello smarrimento improvviso, mandò giù il caffè in un sorso, si infilò la mantella scura sul vestito morbido, si passò la borsa a tracolla e, con il cappuccio calato sulla testa per ripararsi dalla pioggia, si diresse agile alla fermata dell’autobus come tutte le mattine."
Quelle mattine per me sapevano di malinconia e non era solo per il cielo bigio. Anche il lavoro non riusciva a distrarmi e tirarmi su.
I problemi che mi assillavano erano delicati e contrastanti per i quali non riuscivo ancora a trovare una soluzione definitiva.
Il vecchio autobus che mi porta al lavoro tutte le mattine percorreva le distanze in tempi lunghissimi che mi permettevano di riflettere su una scelta ponderata a lungo insieme a Giacomo.
Lui, in fondo, non voleva altro che un figlio e continuava ad aspettare pazientemente che io decidessi.
Non che io fossi contraria ai bambini, ma l’unica cosa che mi preoccupava di più era la difficoltà a curare una persona qualora venisse riscontrata una grave malattia.
Sapevo benissimo che questa era una scusa che non stava troppo in piedi e che Giacomo aveva insistito fin troppo; parlavamo ormai dello stesso problema quasi tutti i giorni.
Gli facevo anche presente che un figlio portava con se un bagaglio grande di impegni, di rinunce alla libertà, ecc.
Anche questi appigli non furono presi in considerazione da Giacomo che alla fine mi convinse anche con la promessa che mi avrebbe sposata subito.
Era felice come una Pasqua al mio “si”. Giacomo amava i bambini, per loro avrebbe fatto di tutto ed io Lisa “dagli occhi blu” (come diceva una vecchia canzone) aderii perché lo amavo, era ricco di talenti oltre ad essere un bravissimo insegnante ed amava vivere con i ragazzi abbandonati.
Una volta che facemmo un viaggio nel cuore dell’Africa mi portò dove sapeva di trovare tanti ragazzi abbandonati e voleva aiutarli tutti. Sembrava che l’amore per quei bambini metteva in secondo piano l’amore per me.
Tutto quello che lui voleva era una famiglia, pur sapendo bene che insieme non potevamo avere figli perché da adolescente una brutta malattia troncò definitivamente tutte le mie aspettative di essere madre.
E Giacomo pur conoscendo questa mia dolorosa realtà mi convinse ad adottarne uno per iniziare una vita diversa, una vita a tre. Non che io fossi contraria visto che i bambini sono tutti belli, dolci ed affettuosi ed allora perché non adottarne uno che aveva bisogno di due genitori.
Cominciò così l’avventura famiglia che ci portò alla fine ad adottarne altri, anche a distanza.



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Opera scritta il 16/07/2016 - 16:46
Da Lucia Marolla
Letta n.1046 volte.
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Commenti


BEL RACCONTO...COMPLIMENTI

Sildom Minunni 16/07/2016 - 19:37

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