PALESTRE di VITA (seconda e ultima parte)
Per il ponte dell'8 dicembre Pietro passò il week-end allungato in Liguria. Riccardo invece lo avrebbe trascorso con la propria ragazza. Nonostante il viaggio ancora solitario e la distanza, Pietro non si sentiva più solo – tutte le sue paure, le continue manie e ossessioni sull'essere solo e abbandonato, con Riccardo svanirono per incanto, si annullarono tutte. Sì, perchè ora sapeva sempre su chi contare. E infatti, essendo di Parola, Riccardo gli telefonò tutte le sere durante la permanenza a Rapallo per chiedergli come stava e che cosa aveva fatto. Il giorno memorabile arrivò il 24 dicembre, la vigilia del Natale, quando loro due, da soli, passarono la mattinata in pieno centro a Milano – piazza colma delle arance – sotto l'albero di Natale, posto come da tradizione dinanzi al Duomo. Cielo, comme d'habitude, grigio – scendeva magicamente qualche fiocco. Tutto era bello, pieno di luci e stranamente con pochissima gente in giro – quasi avessero riservato la piazza tutta per loro! Sembrava di essere veramente in un sogno. Pietro comprò da Bershka il regalo per Riccardo – un dolcevita bianco, facendolo aspettare fuori dal negozio, sotto i portici. Fecero in tempo a tornare indietro per la colazione, alle 11, consumandola in una dolcissima pasticceria, l'Asperti, che Riccardo non conosceva affatto. Un tè, una cioccolata e due brioches fresche alla marmellata – e dalla radio la famosissima “Jingle Bell Rock” del caro Bobby Helms faceva di sottofondo a quell'atmosfera così rosa che sembrava ancora per l'incredulo Pietro il Paradiso. Poi si avviarono a casa sua, col padre sempre di turno in ospedale. Mentre il riso bolliva, Riccardo gli consegnò il suo di regalo – A Pietro pareva già troppo: prima la sua Amicizia, poi gli inviti a casa, i giri in moto e alle feste, e adesso pure il regalo. Impazienti, li aprirono subito. Riccardo indossò subito il dolcevita, Pietro invece ricevette una penna Waterman – il secondo marchio più prestigioso di penne stilo dopo la Mont Blanc. “Ho pensato di regalarti questo, dato che sei uno scrittore di musica e testi – anche se non hai una laurea, nessuno ti può impedire di scrivere ed essere un autore”. Scese una lacrima a Pietro. Nessuno gli aveva mai regalato niente dopo la maggiore età e nessuno gli avrebbe mai potuto regalare una penna, riconoscendolo come Autore. Evidentemente Riccardo era andato oltre, vedendolo per quello che era – veramente. La notte di capodanno invece la passarono a casa di uno della compagnia di Riccardo, Lorenzo, e, nonostante le solite osservazioni da parte dei suoi amici su Pietro – perchè sapevano benissimo che era un tipo strano – festeggiarono ancora insieme. Purtroppo non fu minimamente ringraziato – eccetto da Riccardo – per aver portato il cabaret di pasticcini da ben 2kg, con tanto di salatini e Crodino, perchè si sa – le amicizie contano – e Pietro, anche se nel campo lavorativo, ne aveva, con sconti e regali da parte dei fidati fornitori.
Ma per febbraio fu Riccardo ad organizzargli una festa per il suo compleanno: dopo una giornata passata a casa propria consumando i pasticcini che proprio Riccardo gli aveva preso – dall'Asperti – mostrò a Pietro una busta contenente non di certo zucchero a velo. “Bianca, vergine e pura – proprio come te!” facendogli fare istintivamente il segno della croce. “Ehi, è pur sempre sabato sera. E dove vanno i ragazzi senza gloria?” Ed ecco che sotto l'eco di “Tell Me What to Swallow” Pietro esplorò – per la prima e unica volta – una nuova dimensione, con una sensazione mai provata prima. Così, la mattina seguente si ritrovarono tutte e due sdraiati al divano, con due catini sulla moquette, completamente sballati. E per non finire, quella domenica, dopo l'ora di un pranzo che non c'è stato, si presentò la famosissima baby-sitter di Riccardo, Diana, come la Lady, più simile alla Goggi – ma con un carattere decisamente non troppo raffinato, diciamo alla Mrs. Doubtfire! Una bomba, un motore a scoppio d'amore, pronta a risponderti in caso avverso. Separata, condivideva come in Pietro la stessa solitudine, tipica delle persone schizoidi, ma pur sempre di animo buono, puro – come quello degli Angeli. Curò Riccardo quando sua madre incominciò la malattia, e continuò a curarlo dopo la morte, fino alle superiori. La presentò a Pietro – o almeno ci provò, non essendo proprio lucido, e rimasero tutto il pomeriggio a farsi raccontare le proprie (dis-)avventure, due di particolare rilievo, no perchè Diana ebbe l'onore, quand'era bambina, di aver avvistato assieme alla famiglia un UFO, nel clamoroso caso del 1976, dietro la GranCasa di Castellanza, in fondo alla via Jucker, quando abitavano in una fattoria nei pressi del museo Pagani. Per non parlare dell'idraulico Andrea Volpe – sì proprio lui: il capo della setta Bestie di Satana, che contattò per farsi riparare il rubinetto che perdeva, nel suo appartamento a Legnano, in via XX Settembre, che al momento del conto, sulla porta di casa, gli cadde la lunga gonna che indossava per via dell'elastico rotto e nell'imbarazzo più totale gli disse: “No guardi, non era per avere uno sconto eh!”. E quando mostrarono la foto della Bestia al telegiornale, Riccardo, mentre pranzava col padre, si girò verso la baby-sitter indaffarata ai fornelli facendoglielo notare con un “Non è per caso quello che era venuto sabato a ripararti il lavandino mentre mi facevi giocare con la PlayStation del tuo ex e che nel momento di pagarlo ti è pure caduta la gonna?” E lei, spaventata a morte, per mantenere la calma, fece prima finta di non capire, fingendo di essere troppo impegnata alle pentole e poi, per sdrammatizzare, “sventolò” la manina morta sorridendo fintamente un “Ma va là, figurati se era lui, sarà stato... qualcuno che ci assomigliava... parecchio!” Rimanendo a bocca aperta anche lei. La baby-sitter aveva il dono di imbattersi in qualche dramma, tante volte inconsciamente e in modo inaspettato, e di uscirne fuori o sdrammatizzando l'accaduto con gesti o battute del tutto improvvisati. E tra una disavventura e l'altra – sempre col catino a portata di mano per sicurezza, almeno per Pietro – perchè intanto nel ritorno a casa Riccardo aveva già “battezzato” la macchina – i due ragazzi trascorsero il pomeriggio mezzi sbronzi in compagnia della simpatica Diana.
Arrivò la Primavera – come se già non lo fosse per Pietro – così come le giornate sempre più lunghe, più chiare. Incominciarono le biciclettate, le lunghe passeggiate al tramontar del sole, mangiando gelato, la sera – dopo cena. Pietro ormai era senza giornate, senza pensieri. Finiva il lavoro timbrando il cartello e correva da Riccardo, un giorno sì e un giorno no. E anche Riccardo aveva trovato una certa armonia, alternando con la propria ragazza, Alice, i giorni con lui. Un equilibrio perfetto tra Amicizia e Amore. A fine aprile si iscrisse a scuola guida, ed ecco che sotto le note di “Dune Buggy”, Pietro non perse tempo a fargli le guide col suo “Pandino” 4x4 color verde pisello – un classico, passando i weekend in giro a zonzo per i paesini di periferia, tra Canegrate, Parabiago, Uboldo, Cerro e San Vittore Olona, in totale Libertà. Era una fortuna per i due essere nati in provincia, lontani dalla metropoli, in mezzo ai bricchi – per i campi e lungo i viali di periferia. Si sa che le vite migliori, quelle degli Angeli, si tengono e si mantengono nascoste dove meno te lo aspetti, proprio dietro l'angolo, lontano dalla gente indiscreta. A mezzanotte di un venerdì sera, consumando gelato in compagnia anche di Alice e di una sua amica, Cristina, Riccardo fece proposte per le vacanze estive. Quella stessa sera decisero insieme di andare a Vieste, e per Pietro fu una grande emozione, perchè quello sarebbe stato il suo primissimo viaggio in compagnia – dopo i campeggi d'infanzia e le gite scolastiche. Da quando aveva compiuto 18 anni, non avendo Amici, viaggiò sempre da solo, con la sua macchina, qua e là per le città d'Italia.
Partirono a metà luglio col treno dalla Centrale, facendosi la notte per arrivarci all'alba, giusto per colazione. Sarà una settimana fantastica quella che avrebbero trascorso al mare – con una svolta: Pietro perderà finalmente la propria verginità, abbandonandosi all'amore con Cristina. Riccardo fu il primissimo a saperlo, anzi, li colse in “flagranza”, mentre cercava in camera il carica-batterie del cellulare. Vedendoli rientrare in stanza poco prima di cena, nel panico, si chiuse dentro l'armadio per non farsi notare e poi uscirne fuori dopo una decina di minuti scomodo e affannato, cogliendoli di sorpresa e congedandosi subito sparando un “Oh, scusate, mi ero perso nell'armadio ma voi, prego, continuate pure, che stavo per andarmene!” riaffacciandosi sulla porta della cameretta per l'occhiolino a Pietro, che col gesto della mano, imbarazzato e turbato, gli disse di andarsene. E come dimenticare invece i pomeriggi in spiaggia, le camminate mattutine sul lungomare, le serate tranquille in centro – vestiti di bianco-lino e in infradito, i pranzi con vista mare e le cene al tramonto, col panorama tutto rosso.
Ma ben presto questa “belle époque” giunse al capolinea per Pietro. Riccardo gli comunicò, mentre mangiavano la solita pizza d'asporto a casa sua, il suo trasferimento per l'iscrizione a Medicina presso l'università di Parigi. Questo grazie al padre medico, Antonio, che lo volle affidare al dottor Bones del Circolo di Varese, per gli studi in urologia. Non era immaginabile una fine. In un anno preciso la vita di Pietro – che vita non era – cambiò così radicalmente che adesso, come la fine di un fantomatico contratto, doveva ritornare nello stato latente. Non poteva accettare questo “ritorno all'origine” – la recidiva! Versò qualche lacrima, così Riccardo – per la prima volta – lo abbracciò forte-forte rassicurandogli: “Tranquillo Pete – i tuoi occhi splenderanno anche senza di me”. La loro è stata un'Amicizia autentica, assai rara di questi tempi – che tempi non sono. Di quelle Amicizie che hanno di straordinario uno strano legale, difficile da comprendere, completamente fuori da ogni razionalità e legge sociale, che nemmeno uno psichiatra possa spiegare – un po' come quando si va in chiesa non solo a pregare, ma anche a parlare sì, col Signore – un po' come faceva l'Amico dell'onorevole Peppone, Don Camillo, in segreto, perchè nel segreto più totale, senza sprecarla, se la sono vissuta tutta goccia a goccia, nell'armonia che il Cielo ha offerto a Pietro in primis, ma anche a Riccardo. Due poli opposti che, secondo le leggi scontate della fisica, si sono attratti appieno – ma l'incredibile è che qui si trattava di gente – persone – ragazzi, e non di “cose”!
Era la mattina del 30 settembre quando Pietro non si presentò per la prima volta al lavoro. Piombò in bici alla stazione di Legnano, e già alla rotonda dell'Alberto da Giussano sentiva fischiare il treno. Senza legare la bici corse alla banchina, sperando di trovarlo – troppo tardi! Incontrò tutti gli amici della sua compagnia che lo guardarono come se fosse un depravato, ma a lui non gliene importava niente e di nessuno di loro. Nessuno eccetto uno: Riccardo. “Dov'è?” E gli risposero che era già salito, indicandogli poi – forse per compassione – il finestrino: “Sta proprio là!” Allora vedendolo, senza dirgli niente, mise il pugno della mano destra sul cuore, battendo più volte, in segno di ringraziamento e inseguendolo man mano che il treno avanzava – stava partendo. Allora, come se gli avessero iniettato una massiccia dose di adrenalina, partì in quarta con uno scatto che lasciò perplesso l'intero gruppo d'amici di Riccardo ancora presente, uscendo dalla stazione alla ricerca di un taxì che gli ordinò di arrivare con estrema urgenza alla Centrale di Milano, in cambio una mancia extra. Ci arrivò in un tempo record di 20 minuti, giusto-giusto per vederlo partire, non prima di aver chiesto da che binario fosse partito e dopo averlo ritrovato ancora dietro il finestrino. “Ehi, non ci siamo neanche detti addio!” - “Preferivo così – non mi piacciono gli addii!” - “Ti voglio bene, Amico mio. Ti voglio bene. Amico-Amico-Amico!” Battendo ancora pugno sul petto. “Ti voglio bene anche io. Non mi scorderò di te!” - “Così mi farai soffrire il doppio!” - “Così sarai forte il doppio!” Ribatté sorridendo Riccardo, già in corsa, pronunciando altre belle parole che Pietro però non riuscì a comprendere. Sentiva ancora fischiare il treno.
Ma per febbraio fu Riccardo ad organizzargli una festa per il suo compleanno: dopo una giornata passata a casa propria consumando i pasticcini che proprio Riccardo gli aveva preso – dall'Asperti – mostrò a Pietro una busta contenente non di certo zucchero a velo. “Bianca, vergine e pura – proprio come te!” facendogli fare istintivamente il segno della croce. “Ehi, è pur sempre sabato sera. E dove vanno i ragazzi senza gloria?” Ed ecco che sotto l'eco di “Tell Me What to Swallow” Pietro esplorò – per la prima e unica volta – una nuova dimensione, con una sensazione mai provata prima. Così, la mattina seguente si ritrovarono tutte e due sdraiati al divano, con due catini sulla moquette, completamente sballati. E per non finire, quella domenica, dopo l'ora di un pranzo che non c'è stato, si presentò la famosissima baby-sitter di Riccardo, Diana, come la Lady, più simile alla Goggi – ma con un carattere decisamente non troppo raffinato, diciamo alla Mrs. Doubtfire! Una bomba, un motore a scoppio d'amore, pronta a risponderti in caso avverso. Separata, condivideva come in Pietro la stessa solitudine, tipica delle persone schizoidi, ma pur sempre di animo buono, puro – come quello degli Angeli. Curò Riccardo quando sua madre incominciò la malattia, e continuò a curarlo dopo la morte, fino alle superiori. La presentò a Pietro – o almeno ci provò, non essendo proprio lucido, e rimasero tutto il pomeriggio a farsi raccontare le proprie (dis-)avventure, due di particolare rilievo, no perchè Diana ebbe l'onore, quand'era bambina, di aver avvistato assieme alla famiglia un UFO, nel clamoroso caso del 1976, dietro la GranCasa di Castellanza, in fondo alla via Jucker, quando abitavano in una fattoria nei pressi del museo Pagani. Per non parlare dell'idraulico Andrea Volpe – sì proprio lui: il capo della setta Bestie di Satana, che contattò per farsi riparare il rubinetto che perdeva, nel suo appartamento a Legnano, in via XX Settembre, che al momento del conto, sulla porta di casa, gli cadde la lunga gonna che indossava per via dell'elastico rotto e nell'imbarazzo più totale gli disse: “No guardi, non era per avere uno sconto eh!”. E quando mostrarono la foto della Bestia al telegiornale, Riccardo, mentre pranzava col padre, si girò verso la baby-sitter indaffarata ai fornelli facendoglielo notare con un “Non è per caso quello che era venuto sabato a ripararti il lavandino mentre mi facevi giocare con la PlayStation del tuo ex e che nel momento di pagarlo ti è pure caduta la gonna?” E lei, spaventata a morte, per mantenere la calma, fece prima finta di non capire, fingendo di essere troppo impegnata alle pentole e poi, per sdrammatizzare, “sventolò” la manina morta sorridendo fintamente un “Ma va là, figurati se era lui, sarà stato... qualcuno che ci assomigliava... parecchio!” Rimanendo a bocca aperta anche lei. La baby-sitter aveva il dono di imbattersi in qualche dramma, tante volte inconsciamente e in modo inaspettato, e di uscirne fuori o sdrammatizzando l'accaduto con gesti o battute del tutto improvvisati. E tra una disavventura e l'altra – sempre col catino a portata di mano per sicurezza, almeno per Pietro – perchè intanto nel ritorno a casa Riccardo aveva già “battezzato” la macchina – i due ragazzi trascorsero il pomeriggio mezzi sbronzi in compagnia della simpatica Diana.
Arrivò la Primavera – come se già non lo fosse per Pietro – così come le giornate sempre più lunghe, più chiare. Incominciarono le biciclettate, le lunghe passeggiate al tramontar del sole, mangiando gelato, la sera – dopo cena. Pietro ormai era senza giornate, senza pensieri. Finiva il lavoro timbrando il cartello e correva da Riccardo, un giorno sì e un giorno no. E anche Riccardo aveva trovato una certa armonia, alternando con la propria ragazza, Alice, i giorni con lui. Un equilibrio perfetto tra Amicizia e Amore. A fine aprile si iscrisse a scuola guida, ed ecco che sotto le note di “Dune Buggy”, Pietro non perse tempo a fargli le guide col suo “Pandino” 4x4 color verde pisello – un classico, passando i weekend in giro a zonzo per i paesini di periferia, tra Canegrate, Parabiago, Uboldo, Cerro e San Vittore Olona, in totale Libertà. Era una fortuna per i due essere nati in provincia, lontani dalla metropoli, in mezzo ai bricchi – per i campi e lungo i viali di periferia. Si sa che le vite migliori, quelle degli Angeli, si tengono e si mantengono nascoste dove meno te lo aspetti, proprio dietro l'angolo, lontano dalla gente indiscreta. A mezzanotte di un venerdì sera, consumando gelato in compagnia anche di Alice e di una sua amica, Cristina, Riccardo fece proposte per le vacanze estive. Quella stessa sera decisero insieme di andare a Vieste, e per Pietro fu una grande emozione, perchè quello sarebbe stato il suo primissimo viaggio in compagnia – dopo i campeggi d'infanzia e le gite scolastiche. Da quando aveva compiuto 18 anni, non avendo Amici, viaggiò sempre da solo, con la sua macchina, qua e là per le città d'Italia.
Partirono a metà luglio col treno dalla Centrale, facendosi la notte per arrivarci all'alba, giusto per colazione. Sarà una settimana fantastica quella che avrebbero trascorso al mare – con una svolta: Pietro perderà finalmente la propria verginità, abbandonandosi all'amore con Cristina. Riccardo fu il primissimo a saperlo, anzi, li colse in “flagranza”, mentre cercava in camera il carica-batterie del cellulare. Vedendoli rientrare in stanza poco prima di cena, nel panico, si chiuse dentro l'armadio per non farsi notare e poi uscirne fuori dopo una decina di minuti scomodo e affannato, cogliendoli di sorpresa e congedandosi subito sparando un “Oh, scusate, mi ero perso nell'armadio ma voi, prego, continuate pure, che stavo per andarmene!” riaffacciandosi sulla porta della cameretta per l'occhiolino a Pietro, che col gesto della mano, imbarazzato e turbato, gli disse di andarsene. E come dimenticare invece i pomeriggi in spiaggia, le camminate mattutine sul lungomare, le serate tranquille in centro – vestiti di bianco-lino e in infradito, i pranzi con vista mare e le cene al tramonto, col panorama tutto rosso.
Ma ben presto questa “belle époque” giunse al capolinea per Pietro. Riccardo gli comunicò, mentre mangiavano la solita pizza d'asporto a casa sua, il suo trasferimento per l'iscrizione a Medicina presso l'università di Parigi. Questo grazie al padre medico, Antonio, che lo volle affidare al dottor Bones del Circolo di Varese, per gli studi in urologia. Non era immaginabile una fine. In un anno preciso la vita di Pietro – che vita non era – cambiò così radicalmente che adesso, come la fine di un fantomatico contratto, doveva ritornare nello stato latente. Non poteva accettare questo “ritorno all'origine” – la recidiva! Versò qualche lacrima, così Riccardo – per la prima volta – lo abbracciò forte-forte rassicurandogli: “Tranquillo Pete – i tuoi occhi splenderanno anche senza di me”. La loro è stata un'Amicizia autentica, assai rara di questi tempi – che tempi non sono. Di quelle Amicizie che hanno di straordinario uno strano legale, difficile da comprendere, completamente fuori da ogni razionalità e legge sociale, che nemmeno uno psichiatra possa spiegare – un po' come quando si va in chiesa non solo a pregare, ma anche a parlare sì, col Signore – un po' come faceva l'Amico dell'onorevole Peppone, Don Camillo, in segreto, perchè nel segreto più totale, senza sprecarla, se la sono vissuta tutta goccia a goccia, nell'armonia che il Cielo ha offerto a Pietro in primis, ma anche a Riccardo. Due poli opposti che, secondo le leggi scontate della fisica, si sono attratti appieno – ma l'incredibile è che qui si trattava di gente – persone – ragazzi, e non di “cose”!
Era la mattina del 30 settembre quando Pietro non si presentò per la prima volta al lavoro. Piombò in bici alla stazione di Legnano, e già alla rotonda dell'Alberto da Giussano sentiva fischiare il treno. Senza legare la bici corse alla banchina, sperando di trovarlo – troppo tardi! Incontrò tutti gli amici della sua compagnia che lo guardarono come se fosse un depravato, ma a lui non gliene importava niente e di nessuno di loro. Nessuno eccetto uno: Riccardo. “Dov'è?” E gli risposero che era già salito, indicandogli poi – forse per compassione – il finestrino: “Sta proprio là!” Allora vedendolo, senza dirgli niente, mise il pugno della mano destra sul cuore, battendo più volte, in segno di ringraziamento e inseguendolo man mano che il treno avanzava – stava partendo. Allora, come se gli avessero iniettato una massiccia dose di adrenalina, partì in quarta con uno scatto che lasciò perplesso l'intero gruppo d'amici di Riccardo ancora presente, uscendo dalla stazione alla ricerca di un taxì che gli ordinò di arrivare con estrema urgenza alla Centrale di Milano, in cambio una mancia extra. Ci arrivò in un tempo record di 20 minuti, giusto-giusto per vederlo partire, non prima di aver chiesto da che binario fosse partito e dopo averlo ritrovato ancora dietro il finestrino. “Ehi, non ci siamo neanche detti addio!” - “Preferivo così – non mi piacciono gli addii!” - “Ti voglio bene, Amico mio. Ti voglio bene. Amico-Amico-Amico!” Battendo ancora pugno sul petto. “Ti voglio bene anche io. Non mi scorderò di te!” - “Così mi farai soffrire il doppio!” - “Così sarai forte il doppio!” Ribatté sorridendo Riccardo, già in corsa, pronunciando altre belle parole che Pietro però non riuscì a comprendere. Sentiva ancora fischiare il treno.
Opera scritta il 18/11/2017 - 00:02
Da Pietro Valli
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