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Raul (II parte)

(parte II)


Giunge alla casa dei nonni che lo attendevano insieme ad altri parenti. Seduti con le sedie a cerchio nel soggiorno, disposero dei ceri alti mezzo metro nella parte centrale ove si sarebbero inserite le due bare. La luce delle lampade basse ad ocra ed il brusio delle voci dolenti e pazienti, misero occhio su Raul che a testa bassa entrava nel soggiorno con la sua borsa di pelle nera. Si avvicina a suo nonno e gli cade in braccio in una triste consolazione, il nonno gli accarezza i suoi lunghi capelli platino calmando la sua furia cieca, raccontandogli qualche bel momento trascorso con loro insieme, rassicurandolo che la loro vita sarebbe comunque trascorsa felicemente, portandolo a fare una passaggiata nel loro giardino interno. L’indomani arrivarono le due bare, recitarono tutti insieme un’omelia con il sacerdote ed a piedi si recarono nel cimitero per la cerimonia del funerale. Sotto un cielo limpidissimo, i primi fiori che sembravano voler sbocciare, cinguettii di fringuelli allegri che insieme volavano verso l’arrivo della nuova stagione. Un angolo di verde e muschio avrebbe ospitato i genitori di Raul in quel grigio e taciturno cimitero, sotto enormi cipressi e salici piangenti che costeggiavano i numerosi viali delle piccole cripte. Finì il suo corso di studi vicino all’estate, ed i nonni lo mandarono a continuare la scuola in un colleggio privato, dove avrebbe trascorso molto tempo con altri coetanei impegnati esclusivamente nella musica e nell’educazione fisica. Sarebbe potuto tornare nella sua città quando voleva, anche con il treno. Il suo sentirsi orfano lo rendeva a lezione molto più indipendente di quanto pensasse. Rendersi partecipe di sentirsi leader di un gruppo avvertendo oltre all’età giovanile la trasgressione, la possibilità di evocare negli altri capacità incustodite, non rappresentate nelle loro personalità, lo faceva sentire ribelle ma intimamente intellettuale nelle sue scelte. Sapeva che poteva osare, anche se il colleggio rimaneva ordinato diligente e con la predisposizione dei docenti molto elegante ed educata. Sentiva nel suo animo che oltre a poter divenire un pianista, e forse anche un atleta, poteva contare su raggi che le conseguenze della vita, e l’ambiente in cui viveva, potevano dargli anche altro di ciò che credeva ancora non necessariamente di amare. La passione per l’arte ed il culto si fondevano nei suoi occhi quando di domenica con i suoi compagni nel tempo libero, attraversavano musei ed opere sacre. Lo impressionava il modo in cui noi, e la società, mantenevano in perfetto equilibrio il senso del passato con l’importanza e la ricchezza del presente. Lasciando custodite ed intatte, creazioni illustri cui il bagliore solo della rappresentazione, e del loro significato li facevano sognare e realizzare ciò che uomini passati, con tutto il loro ingegno e dilemmi sociali, tentarono di evocare, e secondo lui molti vi riuscirono. Non pensava minimamente a poter sfiorare quelle opere così di prestigio e con quella sfera intatta di sacralità, dove anche la polvere entro quegli enormi vetri sembrava emanare il riflesso dell’autenticità. E poi tutte quelle telecamere e custodi in frac con il tovagliolo bianco sul braccio, che si inchinavano anche al loro passaggio. Come poteva osare di immagginare che una di quelle opere, anche la meno risultante, come la mano dorata intarsiata di anelli a gemme, potesse essere sua. Come poteva immagginare che quell’enorme quadro con la rappresentazione mistica di un boia nella Bastiglia parigina, potesse divenire il suo dietroangolo della camera. Se ne sarebbero accorti i docenti. Non tutti i compagni ne sarebbero stati grati di un furto quasi internazionale, ma lui si sentiva partecipe di quel mondo. I suoi occhi scrutarono le posizioni, gli angoli le direzioni delle entrate, il numero degli inservienti, gli afflussi mondani ora di quel museo ora di quella basilica. Il suo mondo si custodiva sugli enormi arazzi degli absidi, sulle arcate orate dei palatinati, sugli affreschi nelle volte, sui capitelli delle cupole. Ne era sempre affamato, e i tesori nascosti il culto del sacro e del profano, la divinità celata in un aforisma intarsiato su una roccia, facevano del suo animo ricco, e plasmava la sua persona nell’intimo. Alla fine del corso degli studi, decise di lavorare in una sala dedicata ai souvenir come allievo custode. Si trovava sull’apice di un altare che dedicava quasi ogni opera agli sforzi politici passati. In tale museo venivano rappresentate le guerre i loro artefici, i protagonisti gli indumenti, l’artiglieria, ed ogni fonte ed opera dei relativi artisti. Il flusso dei visitatori era veramente strabiliante, per riguardare un argomento di guerra, che poteva essere attinente solo alla frustrazione del proprio popolo, o semmai ancorata a qualche trapelo d’onore. Molti frangenti riguardavano turisti in parte europei in parte asiatici, che non rispettavano esattamente i canoni del loro conoscere, visitando qualunque struttura fosse a tiro. Aveva libero accesso ad ogni museo cittadino ed intraprese l’intento di divenire guida turistica, riuscì a dedicarsi ampiamente ad ogni sua motivazione culturale e condividerla con ogni sua aspirazione. Si sentiva al centro della sua intera esistenza in quel momento, un’esistenza che rimaneva costellata dall’oblio di affetti veri e di affetti persi nel mare del tempo, pur sempre ricambiati comunque, dalla ricchezza di ogni sua fantastica meraviglia.




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Opera scritta il 28/02/2018 - 20:16
Da Luca Di Paolo
Letta n.967 volte.
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Commenti


Grazie, sig.ra Grazia, molto gentile

Luca Di Paolo 03/03/2018 - 11:36

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Avevo letto il primo, mi aveva coinvolto il dolore immenso di Raul, aspettavo il seguito lo stavo perdendo.
Bravo, bello e nel finale il riassunto di un percorso doloroso che comunque porta ad un attaccamento alle bellezze della vita.
.

Grazia Giuliani 02/03/2018 - 20:25

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