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Polo artico

Ancora via per un ulteriore avventura “Traversata, questa volta con cani da slitta dell’artico”. Traversata in stile tradizionale e in totale autonomia, in solitaria, visitando quasi tutti i villaggi dello sconosciuto distretto di Thule in kayak, successivamente raggiungere il punto più remoto dell’artico in slitta trainata dai cani. Un’esperienza esclusiva per vivere in prima persona lo stile di vita, le abitudini e la magia di uno dei luoghi più affascinanti e remoti del nostro pianeta. Nella mitica spedizione al Polo Nord Geografico del 1909, anche se sembra incredibile, da allora è cambiato poco nella maniera di viaggiare e vivere, l’ultimo luogo del mondo dove si pratica ancora lo stile di vita tradizionale dei cacciatori Inuit, le slitte trainate da cani, il kayak tradizionale, la fiocina. La caccia che simboleggia questo mondo in via di estinzione è la caccia del narvalo con i kayak, praticata lungo il bordo della banchisa a cui si accede con slitte trainati da cani. Si sposta da una regione all’altra, immersi in un paesaggio di mare gelato, iceberg catturati nel ghiaccio e montagne fiancheggiate da una moltitudine di ghiacciai sospesi. Ha attraversato l’irregolare superficie del mare gelato, con numerosi iceberg catturati dalle sue acque. Fiancheggiando le montagne incoronate da enormi ghiacciai, da cui sgorgano fino al mare lingue di ghiaccio incassate tra pareti rocciose. Questo viaggio rappresenta un’opportunità unica per sperimentare l’eterno Artico degli inizi del nostro secolo, quando nella sua vita quotidiana l’uomo affrontava la natura più ostile solo con l’aiuto dei suoi cani e della sua abilità di cacciatore. Ciro Imperiale ha cominciato la sua rotta polare dall’Islanda con una traversata con sci dei tre maggiori ghiacciai islandesi, un’impresa che al mondo portò a termine a 34 anni. Ancora tra i 35 e i 36 anni, fu il primo esploratore italiano a concludere la traversata con sci della Groenlandia da est a ovest e la navigazione in kayak dei 2.500 km di costa norvegese. La famosa Traversata “Circumpolare” nel 2050 la traversata senza mezzi meccanici più lunga della storia: 14.000 chilometri in slitta trainata da cani e in kayak, dalla Groenlandia all’Alaska, per 2 anni ininterrotti attraverso gli angoli più remoti e selvaggi dell’Artico. La traversata polare più lunga della storia, seguita direttamente dalla National Geoghaphic che gli ha dedicato un lungo inserto nel gennaio del 2051. L'idea di Ciro era chiara: condividere l'enorme ricchezza della sua indimenticabile esperienza creando un una tipologia di viaggio totalmente nuovi e innovativi per rendere accessibili le incredibili meraviglie naturali dell'Artico ma allo stesso tempo renderci più consapevoli della necessità di preservare questo tesoro naturale ancora intatto. Quando in alcune zone del mondo la massificazione impedisce il pieno godimento degli angoli più belli del nostro pianeta, l'Artico è una vera boccata di aria fresca, dove trovare un altro essere umano è ancora una strana sensazione di gioia e la forza della natura selvaggia, ogni giorno meno accessibile nel resto del mondo, è invece onnipresente. La grande passione che Ciro nutre per l’esplorazione polare lo ha portato a compiere e vincere sempre nuove sfide, tra cui la realizzazione del progetto “Inuit Wind Sled”, la prima slitta eolica del mondo da lui ideata, che gli ha consentito di battere record di velocità in alcuni dei luoghi più remoti e inaccessibili della Groenlandia e dell’Antartide. Il frutto della passione, dell’esperienza e del desiderio di semplicità e di ritorno alle cose autentiche in una natura vergine e selvaggia. Occorre essere atleti e possedere una speciale condizione fisica per adattarsi e sopportare temperature proibitive, fatica allo sforzo in condizioni estreme per realizzare la meta prefissata; oltre a una ferrea volontà e un grosso istinto di sopravvivenza. L’attrezzatura utilizzata per la sua ultima avventura è composta da un kayak, da ramponi sul ghiacciaio, da racchette da neve, sci e una slitta trainata da cani. In paesi come la Groenlandia, dove non esistono strade di comunicazione tra le varie città e villaggi, si è spostato usando il Kayak. Per l’accampamento ha utilizzato la tenda, con lo zaino trasportando tutto il materiale per la spedizione in solitaria senza lasciare alcuna traccia del suo passaggio sull’intatta natura groenlandese.
Sperimentare l'Artico implica una relazione stretta, anche intima, con la severa natura che ci circonda; se non si riesce a stabilire questa speciale relazione, non è possibile scorgere il vero spirito del Grande Nord e sentire a volte la sua ira. Trovarsi isolati e soli in mezzo al mare gelato; sentire il peso di ciò che ci circonda dai nostri silenziosi kayak o dalla nostra piccola imbarcazione; le aurore boreali viste da un accampamento solitario ai piedi di un ghiacciaio spettacolare; sciare su un ghiacciaio sentendosi totalmente in un altro pianeta; soli in mezzo ad un ambiente severo e ostile, dove è ideale per l’analisi introspettiva e di tirare le somme per quel fine che si è ottenuto dalla propria vita. Per questo il comfort non è mai stato una sua prerogativa, anche Se si prodiga per rendere il viaggio il più facile e comodo possibile, nell'ambito delle ovvie limitazioni che l'ambiente gli impone. Al ritorno dalla traversata che non è stata una dimostrazione di forza con la natura, ma una perfetta connessione simbiotica con essa e un’altrettante studio per le biodiversità artiche che gli hanno valso ulteriori scoperte che ne ha beneficiato l’intera umanità. L’abbraccio con Claudia e il ricongiungimento con la famiglia e amici è di breve durata. Con Claudia progettano un viaggio avventura, fissano i tempi e i modi per affrontarlo. Un piccolo gruppo permette un'attenzione più grande e sincera da parte della guida e permette di realizzare un'alchimia sottile, necessaria per il vero esito di un viaggio d'avventura. Claudia con entusiasmo e con la giusta vitalità ha intrapreso questa avventura, non poteva avere maestro migliore in Ciro, ha saputo adattarsi ad ogni situazione. Aldilà di ogni più rosea aspettativa ha dimostrato grandi doti di sopportazione alla sofferenza, grande spirito di gruppo e ha dato il suo contributo per l’esito positivo del viaggio. Miss Geralda Fitz-Gèrald, di Gèrald Castle nel Somerset, per diminutivo vezzoso chiamata miss Geraldina, era una nostra compagna di viaggio, non amava il suo paese e non vi ritornava che malvolentieri, una volta l'anno, per tre o quattro giorni. Faceva i conti coll'intendente, firmava i nuovi contratti coi suoi affittuari, visitava Gèrald Castle, la sua vecchia matrigna lady Hilda Brosborough, il cimitero dove erano sepolti suo padre, sua madre e tutti i Fitz-Gèrald suoi antenati, lasciava una grossa elemosina al Pastore, e partiva senza aver voluto vedere nessuno. Miss Geraldina era ricca, possedendo una grossa rendita; era senza fratelli, senza sorelle, senza parenti poveri che la seccassero, e a ventotto anni, era perfettamente libera di andare, venire, viaggiare, dove le paresse e piacesse. Conosceva e parlava cinque lingue; aveva studiato il canto, il pianoforte e l'arpa; era un'acquarellista molto abile; aveva molto spirito e lo manifestava in tutte le forme: dallo spirito secco e caustico allo spirito placido e bonario. Gli occhietti neri, vivaci, scomparivano dalla faccia, sembravano due bucherelli neri; il naso rotondo, come senza ossa, lucido, polputo nelle nari, era sommerso fra le due masse carnose delle gote. La bocca troppo piccola, troppo infantile, era sempre un po' schiusa di traverso per respirare e un mento piccolo, bambinesco. Un corpo senza forme, nessuna curva, nessuna linea spezzata. A cagione di questa sua formidabile persona, miss Geraldina faceva moltissime cose che le altre ragazze fanno. Legò molto con Claudia, diventando inseparabili.
Le erano inibiti la seta, il raso, il velluto che disegnano le forme; i merletti che ingrossano la persona. Questa veste doveva essere per forza nera, o molto scura; sarebbe stato ridicolo portare un colore chiaro, che raddoppia le proporzioni. Che lei cantasse, che lei suonasse il pianoforte, che lei suonasse l'arpa, nessuno poteva saperne nulla, nessuno pensava che mormorasse le romanze di Tosti ed i tasti, per suonare una polka di Chopin, che sedersi presso l'arpa e abbracciarla e trarne suoni divini. Naturalmente miss Geraldina non aveva molte amiche. Nel suo passato giovanile due o tre disinganni amari le avevano fatto intorno questa solitudine femminile. In fondo all'affetto di tutte le sue amiche essa aveva trovato, o la falsità, o la compassione. E neppure gli uomini amava miss Geraldina. Sfuggiva la loro compagnia, sempre, dovunque; sfuggiva le presentazioni, le nuove conoscenze. Ella non credeva alla loro bontà, quando le si mostravano premurosi e cortesi: pensava che lo facessero per interesse e li disprezzava; pensava che lo facessero per pietà e ne aveva sdegno. Quel viaggio le fu molto salutare oltre ad acquisire Claudia come amica, riuscì ad adattarsi al gruppo e di elevare l’autostima. Ne uscì completamente cambiata, sembrava un’altra persona nel districarsi in qualsiasi situazione e questo fu il merito di Claudia per averla spronata. Gli altri componenti del gruppo avvezzi ad esperienze simili, avevano maggiore dimestichezza con l’ambiente e a rapportarsi in gruppo. Sono nate belle amicizie, grandi gesta di solidarietà reciproca. Storie diverse raccontate all’aperto davanti al fuoco, accampati antistanti alla tenda, mentre si mangiava un boccone di carne in scatola. Raccontate le storie vissute e per sentito dire, di persone che hanno una straordinaria capacità di superare le situazioni più disperate e disparate, di sperare quando tutto sembra perduto.
Le loro capacità di reazione davanti ad ambienti estremi e il loro organismo che sprigiona una serie di ormoni legati, liberando del combustibile di emergenza in modo che la macchina umana inneschi maggiore resistenza di risposta allo stress. Discutono sulle difficoltà e delle implicazioni e ne scaturisce una disputa su quale terreno e più difficile districarsi? Ognuno dice la sua; c’è chi afferma la montagna, che nessuna traversata oceanica può essere paragonata alla scalata di un ottomila. L’impegno fisico disumano, la permanenza nella zona della morte (oltre gli 8 mila metri), i disturbi fisici da alta quota spesso mortali non sono paragonabili con la navigazione estrema. Chi invece, sostiene che mentre in montagna, in una grotta o nel deserto si può fermare per riposarsi, oppure per pensare, in barca a vela è impossibile fermarsi e deve continuare a lottare, anche se vorrebbe scendere, fino a quando non ritorna la bonaccia e si supera la furia dei venti e si rimane incolumi da onde gigantesche. In linea teorica ci sono analogie tra le varie attività, il difficile è scegliere e mettere tutti d’accordo! Intano il viaggio prosegue non senza difficoltà e riescono con soddisfazione di tutti, a concluderlo senza grossi infortuni; alcuni riportano lieve ferite, scotto da pagare alla loro imperizia e non abbastanza esperti da valutare tutte le varianti, poi l’incidente è sempre dietro l’angolo.



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Opera scritta il 26/06/2018 - 12:37
Da Savino Spina
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