LA SECONDA GIOVINEZZA (Hai mai visto l'Alba, questa mattina?) - terza e ultima parte
TERZA PARTE -
I fuochi d'artificio di inizio ottobre preannunciavano la fine dell'estate. La scuola era ricominciata, e nonostante anche i loro impegni da studenti, riuscivano comunque a vedersi tutti, l'uno con l'altro – tutti eccetto uno: Pietro! A metà ottobre, di mercoledì sera, salutò Alessandro mentre usciva dallo spogliatoio, dopo averlo assistito di nascosto agli allenamenti di calcio, aspettandolo da parte alla porta d'uscita – come sempre l'ultimo a uscire – offrendosi per portarlo a casa. Si fermarono a mangiare lungo la strada di ritorno per poi fermarsi a parlare in macchina. Sapeva che Pietro attraversava un periodo difficile – le voci correvano più veloci della luce intorno al sole, e sapevano benissimo entrambi che avrebbero rischiato grosso a farsi vedere insieme per il paese: anche ad Alessandro gli fu proibito di avere contatti con Pietro – qualcuno a caso aveva ordinato che Pietro doveva essere in qualche modo, il più semplice – il Silenzio – escluso da tutti, buttato fuori sia in musica, ma anche socialmente. Inoltre suo padre era amico stretto del cliente di Pietro di Vergiate, e i loro figli erano pure in classe insieme, che più di una volta lo avvertì del tipo strano che era. Ma Pietro sapeva che poteva ancora contare su Alessandro e poi anche Marco, che l'indomani avrebbe compiuto gli anni, lasciandogli la sera stessa una busta anonima come regalo con una dedica d'eccezione: “Sul tuo sorriso si è fermato il tempo”. Ma il tempo scorreva e molto velocemente, sperando sempre lui di arrivare a Natale, nonostante questa brusca crisi arrivata all'improvviso come quella della Grande Depressione. Agitato, Pietro chiese ad Alessandro, in modo comunque candido di poter fare la propria volontà: così – complice la stanchezza – incominciò a massaggiargli la spalla di sinistra, il collo, per poi alzargli le gambe sulle sue togliendogli le scarpe da calciatore e riempirlo di baci d'Amor dai piedi fin sopra la testa. 15 anni aveva, Alessandro, che dopo diverse esitazioni si lasciò persuadere da una tenerezza mai vista prima in Pietro, fatta eccezione della sua voce gradevole durante le sue brevi e ormai datate esibizioni. Poi gli diede in mano le chiavi: ora toccava a lui guidare, così prima lo fece provare nel parcheggio, curandolo fuori dalla macchina, per poi risalire e fargli imboccare il viale del ritorno: “Bene, ora portami a casa tu!” scoppiando a ridere, mentre alla radio passava “Raindrops Keep Falling on my Head”. Così ritornarono a Vergiate suonando all'impazzata – trionfanti – facendosi notare da quei 4 cannaioli che occupavano i bordi delle strade deserte del paese, mentre alcuni della ormai “vecchia” compagnia li notarono con una nota d'osservanza: “Ma quello alla guida non era Alessandro, vero?” avvisando subito il resto dei ragazzi, compreso il vecchio Tom che, per la seconda volta, andò su tutte le furie, progettando poco dopo la sua vendetta. Ormai Pietro e Alessandro avevano toccato il Sacro, confondendo o meglio miscelando fra loro la diversa età, l'innocenza, l'adolescenza appena iniziata per Ale, recuperata o meglio ripristinata in Pietro. Scesero dalla macchina e Pietro abbracciò – stretto – Alessandro, pregando di rimanere così – fermi – per qualche istante, promettendosi di rifare tutto ciò, anche se di tutto questo – non rifecero più niente.
Questo ragazzino era però già fidanzato e confessò subito all'indomani quello che era accaduto alla propria ragazza, Elisa, che lo diffuse nella chat del gruppo che aveva già rimosso Pietro giorni prima. Inoltre parlò anche al padre, che contattò subito il cliente di Pietro. Ora si trovava in guai molto seri! Il giorno dopo -la prima volta- arrivò un messaggino da Marco che, invece di ringraziarlo per gli auguri, chiese se “volesse fare un Qualcosa pure con lui”. Al che Pietro tirò su la testa di scatto, come per spavento, con la coscienza che ora tutti sapevano cosa fosse successo ieri. Cercò di contattare Alessandro, ma non rispose. Così contattò altri, che non risposero – le linee ormai erano state interrotte definitivamente, così come i rapporti, le uscite, il divertimento... la vita stessa! Al lavoro si sentì completamente spaesato. Nel pomeriggio pensò di fare un giro nel parco di Legnano, distante dalle mete del varesotto che aveva “conquistato”, ma niente: alla vista di qualche ragazzo del passato, dei tossicodipendenti che frequentava e che ora lo stavano salutando coi soliti sguardi diffidenti, Pietro si sentì doppiamente male, all'affiorare dei ricordi che lo riconducevano ad una vita pur sempre viva – quella del divertimento – al continuo fallimento e all'incapacità ovunque di mantenere stabili i rapporti di un ideale che Pietro stesso riteneva Puro, come l'Amore, l'Amicizia, lo stare insieme e stretti al-di-là di qualsiasi evento ed effetto negativo del tempo. Ma gli balenava poi la frase di uno stupido della compagnia: “La droga vince su tutto”. Droga come sostanza, come odio, l'intolleranza, la guerra – il nemico. Provò a contattare l'ex batterista di Battiato, Pierfranco e perfino Marco Raimondi dei suoi balletti sperimentali, ma niente: anche loro senza serate in musica, senza più giri, senza un vero Amore – l'avevano avvisato che dal 2016 in poi ci sarebbero stati bruschi cambiamenti, come periodo di una fine, oppure transizione, rinascita, e che questi anni sarebbero stati i più neri, con un sacco di morti, coi mali più terribili, la crisi, un lavoro che mancava a tutti. Era la fine. Riagganciò il telefono continuandosi a dire che non era colpa sua, che voleva anche lui la gioia da parte di tutti, e anche un po' di se stesso, dopo tanti anni passati da solo a Cercare, chiedere, scusarsi, convincere, ringraziare. Il venerdì – Venere – fu l'ultimo giorno per Pietro. Iniziò terribilmente dopo essersi fatto dare del pedofilo dal suo cliente di Vergiate, conoscente da quando aveva iniziato a lavorare lì, facendogli il caffè ogni mattina. Tirò un sospiro, come di rassegnazione, facendo un “no” con la testa – stanco. Se “la droga vince su tutto”, cosa restava dell'Amore? Farglielo capire che non era la droga che lo faceva essere grande, così come l'alcool e quella -puttana- con cui stava insieme, sì perché le ragazzine di oggi lo erano un po' tutte, senza – neanche loro – un briciolo di sentimento, passione, cultura, origine. Pietro almeno queste le aveva acquisite appieno. Ma nel 2018 contavano ancora come vero requisito di relazione, convivenza, Amore? Gli arrivò un secondo messaggio: era lui! Alessandro. Gliene arrivarono a dirotto 3, 4 e poi 5, 10 – 15. Il telefono stava impazzendo, e il messaggio, sempre lo stesso ad ogni invio, era chiarissimo: “A me piace la pussy!”. “Povero illuso!” - si disse Pietro con lo sguardo schifato, domandandosi perchè certi ragazzini perdessero così tanto tempo con queste cavolate, e le cose materiali come la bella macchina, i soldi, i capi firmati... ormai la mente di Pietro viaggiava oltre lo spazio terrestre, come se non vi appartenesse più – o era semplicemente lui, l'illuso?
Sentiva che qualcosa quella sera del venerdì sarebbe successo, se lo sentiva fin sopra i capelli, qualcosa non più di “Sacro”, ma di orribile, spaventoso! Riuscì a contenere l'ansia per tutta la giornata lavorativa, servendo sempre la clientela con grande rigore, maestria. Ma ormai l'incanto della “Vita Viva”, oltre quella di Battisti e Mogol, era terminato, così come tutta la magia che aveva creato, i favori, Quei sorrisi, il divertimento, la primavera così tanto richiesta e prolungata oltre l'estate. Dal nulla era arrivato e dal nulla doveva ritornare – il Paradiso era vicino!
Alla sera restò chiuso in macchina sotto la casa del suo unico Amico, quello d'infanzia, Marco, il primo. Solo un campo di grano e quello da calcio li divideva, alla periferia del paese. In quella stradina deserta ci avevano fatto la Storia, la Loro, e anche se non si vedevano ne sentivano da oltre 10 anni, e Pietro quella sera, per oltre mezz'ora, riaffiorò tutte i bei momenti che avevano trascorso insieme, nella migliore parte di vita – l'infanzia, ormai finita. Alla radio una vecchia canzone degli anni 60, “Will you Still Love Me, Tomorrow?” riempiva la desolazione che avvertiva fuori di sé. Voleva tanto rivederlo – sperando di riconoscerlo – abbracciarlo, parlargli di nuovo, andare di nuovo in giro, come quando la gente di paese li vedeva chiamandoli ironicamente “Stanlio & Ollio” ai guai che combinavano stando insieme. Ma non ne aveva coraggio, e poi cosa mai avrebbe potuto dirgli a distanza di 12 anni – troppi per ricongiungersi! Non potendo reggere ad una ennesima reazione avversa, preferì allontanarsi. Sostando in un McDonald's sempre immerso nei pensieri, venne riconosciuto da dei ragazzi poco maggiorenni, chi più chi meno, compagni di scuola e amici della compagnia di Vergiate, notandolo solo al tavolo – con l'aria triste di chi pensa altrove. Allora si sedettero 2 tavoli dietro lui e cominciarono a parlare di musica – in particolare di canto – ad alta voce, come per farsi esplicitamente notare. Colto il segnale (perché Pietro si ricordò della sua vocal-coach quando col suo gruppo di studenti, ai tempi del liceo musicale, marinarono e incontrarono casualmente la famosa cantante Giuni Russo in un noto Caffè milanese, così da farsi notare attirando l'attenzione di Lei e facendola avvicinare a loro per parlare di Musica), Pietro si avvicinò candidamente a loro presentandosi – con la stessa umiltà che poteva avere la Russo così come qualsiasi altro Artista, dando consigli Preziosi sul canto, quello vero – quello melodico, raccontando qualcosa di sé, del suo percorso, dei suoi “successi” così come le rinunce – la sofferenza, la solitudine. Ma non sarebbe bastato, certo poteva andarsene a casa consolato, ripagato, ma aveva ancora qualcosa che lo turbava: Alessandro. Così piombò davanti alla sua via, per aspettarlo dopo la sua – non più loro – serata. Appena Alessandro lo vide, è come se avesse avuto davanti a sé uno sconosciuto: non lo riconobbe o meglio, non voleva riconoscerlo. Non riusciva neanche a guardarlo negli occhi. “Ehi, che ti prende, Ale?” chiese Pietro perplesso, vedendolo con lo sguardo assente, in fissa verso il vuoto. “Ci sei? Ehi!” continuò. “Cosa vuoi da me? Perchè non mi lasci stare!”. Così dopo tante insistenze da parte di Pietro, Alessandro si girò e gli sputò dritto in faccia, per poi proseguire dentro il giardino di casa. Pietro andò in lacrime bisbigliando continuamente “perchè-perchè...?” finchè poco prima di raggiungere la macchina si ritrovò davanti Tommaso, il bassista Mattia, Asmir (con cui doveva fare un giro sul trattore, domandandoglielo continuamente e facendoselo promettere ogni volta), “Fonz” e pure “Cesser”, questo non di aver ricevuto le 2 chiamate da parte di Marco e Riccardo al quale fece il tragico errore di non rispondere. Pietro si limitò a tirare un sorriso di misericordia chiedendo umilmente: “Qualsiasi cosa facciate, fatela con dolcezza” per poi ritrovarsi nuovamente solo e sanguinante ai piedi della macchina, stanco, dopo una lunga settimana di lavoro, di solitudine, di odio e per la prima (e unica!) volta, d'Amore, durata come il fumo di una sigaretta, di quelle illegali fatte su e fumate compulsivamente da questi soggetti impuri. Riuscì a tirarsi su e aprire la macchina dove teneva, nel cruscotto, la pistola acquistata a SanMarino con un unico proiettile dorato – quello destinato a lui. Quella notte, tutta la magia che aveva creato a fatica, volò via svanendo nel chiaro di luna. Due giorni più tardi il suo caro o ormai vecchio cliente di Vergiate accompagnò insieme ad altri genitori i ragazzini per il funerale. Che cosa rimase di lui? Qualche sorriso (forse l'unica cosa che gli sarebbe tanto mancato - “Patrimonio dell'Umanità”), dei complimenti, favori mai pienamente ricompensati, tantissimi intrecci di legame e alcune giornate trascorse qua e là insieme. Nulla di più – una Primavera in pieno Inverno, la sua per loro e la loro per lui.
Nel 2040 il jazz e il pop-melodico erano ritornati, a distanza di cent'anni, di moda. Un promettente quanto giovane cantante di nome Franco stava riscuotendo un enorme successo fra il milanese e il varesotto – era ormai prossimo al Festivàl di SanRemo. Tommaso e tutti i suoi amici e compagni di sempre assistettero alla prima del suo album d'esordio intitolato “Life Could Be a Dream” e, girandosi per la fila di gente da parte, disse: “Io, uno come lui, non me lo sarei perso per Niente al mondo!”
I fuochi d'artificio di inizio ottobre preannunciavano la fine dell'estate. La scuola era ricominciata, e nonostante anche i loro impegni da studenti, riuscivano comunque a vedersi tutti, l'uno con l'altro – tutti eccetto uno: Pietro! A metà ottobre, di mercoledì sera, salutò Alessandro mentre usciva dallo spogliatoio, dopo averlo assistito di nascosto agli allenamenti di calcio, aspettandolo da parte alla porta d'uscita – come sempre l'ultimo a uscire – offrendosi per portarlo a casa. Si fermarono a mangiare lungo la strada di ritorno per poi fermarsi a parlare in macchina. Sapeva che Pietro attraversava un periodo difficile – le voci correvano più veloci della luce intorno al sole, e sapevano benissimo entrambi che avrebbero rischiato grosso a farsi vedere insieme per il paese: anche ad Alessandro gli fu proibito di avere contatti con Pietro – qualcuno a caso aveva ordinato che Pietro doveva essere in qualche modo, il più semplice – il Silenzio – escluso da tutti, buttato fuori sia in musica, ma anche socialmente. Inoltre suo padre era amico stretto del cliente di Pietro di Vergiate, e i loro figli erano pure in classe insieme, che più di una volta lo avvertì del tipo strano che era. Ma Pietro sapeva che poteva ancora contare su Alessandro e poi anche Marco, che l'indomani avrebbe compiuto gli anni, lasciandogli la sera stessa una busta anonima come regalo con una dedica d'eccezione: “Sul tuo sorriso si è fermato il tempo”. Ma il tempo scorreva e molto velocemente, sperando sempre lui di arrivare a Natale, nonostante questa brusca crisi arrivata all'improvviso come quella della Grande Depressione. Agitato, Pietro chiese ad Alessandro, in modo comunque candido di poter fare la propria volontà: così – complice la stanchezza – incominciò a massaggiargli la spalla di sinistra, il collo, per poi alzargli le gambe sulle sue togliendogli le scarpe da calciatore e riempirlo di baci d'Amor dai piedi fin sopra la testa. 15 anni aveva, Alessandro, che dopo diverse esitazioni si lasciò persuadere da una tenerezza mai vista prima in Pietro, fatta eccezione della sua voce gradevole durante le sue brevi e ormai datate esibizioni. Poi gli diede in mano le chiavi: ora toccava a lui guidare, così prima lo fece provare nel parcheggio, curandolo fuori dalla macchina, per poi risalire e fargli imboccare il viale del ritorno: “Bene, ora portami a casa tu!” scoppiando a ridere, mentre alla radio passava “Raindrops Keep Falling on my Head”. Così ritornarono a Vergiate suonando all'impazzata – trionfanti – facendosi notare da quei 4 cannaioli che occupavano i bordi delle strade deserte del paese, mentre alcuni della ormai “vecchia” compagnia li notarono con una nota d'osservanza: “Ma quello alla guida non era Alessandro, vero?” avvisando subito il resto dei ragazzi, compreso il vecchio Tom che, per la seconda volta, andò su tutte le furie, progettando poco dopo la sua vendetta. Ormai Pietro e Alessandro avevano toccato il Sacro, confondendo o meglio miscelando fra loro la diversa età, l'innocenza, l'adolescenza appena iniziata per Ale, recuperata o meglio ripristinata in Pietro. Scesero dalla macchina e Pietro abbracciò – stretto – Alessandro, pregando di rimanere così – fermi – per qualche istante, promettendosi di rifare tutto ciò, anche se di tutto questo – non rifecero più niente.
Questo ragazzino era però già fidanzato e confessò subito all'indomani quello che era accaduto alla propria ragazza, Elisa, che lo diffuse nella chat del gruppo che aveva già rimosso Pietro giorni prima. Inoltre parlò anche al padre, che contattò subito il cliente di Pietro. Ora si trovava in guai molto seri! Il giorno dopo -la prima volta- arrivò un messaggino da Marco che, invece di ringraziarlo per gli auguri, chiese se “volesse fare un Qualcosa pure con lui”. Al che Pietro tirò su la testa di scatto, come per spavento, con la coscienza che ora tutti sapevano cosa fosse successo ieri. Cercò di contattare Alessandro, ma non rispose. Così contattò altri, che non risposero – le linee ormai erano state interrotte definitivamente, così come i rapporti, le uscite, il divertimento... la vita stessa! Al lavoro si sentì completamente spaesato. Nel pomeriggio pensò di fare un giro nel parco di Legnano, distante dalle mete del varesotto che aveva “conquistato”, ma niente: alla vista di qualche ragazzo del passato, dei tossicodipendenti che frequentava e che ora lo stavano salutando coi soliti sguardi diffidenti, Pietro si sentì doppiamente male, all'affiorare dei ricordi che lo riconducevano ad una vita pur sempre viva – quella del divertimento – al continuo fallimento e all'incapacità ovunque di mantenere stabili i rapporti di un ideale che Pietro stesso riteneva Puro, come l'Amore, l'Amicizia, lo stare insieme e stretti al-di-là di qualsiasi evento ed effetto negativo del tempo. Ma gli balenava poi la frase di uno stupido della compagnia: “La droga vince su tutto”. Droga come sostanza, come odio, l'intolleranza, la guerra – il nemico. Provò a contattare l'ex batterista di Battiato, Pierfranco e perfino Marco Raimondi dei suoi balletti sperimentali, ma niente: anche loro senza serate in musica, senza più giri, senza un vero Amore – l'avevano avvisato che dal 2016 in poi ci sarebbero stati bruschi cambiamenti, come periodo di una fine, oppure transizione, rinascita, e che questi anni sarebbero stati i più neri, con un sacco di morti, coi mali più terribili, la crisi, un lavoro che mancava a tutti. Era la fine. Riagganciò il telefono continuandosi a dire che non era colpa sua, che voleva anche lui la gioia da parte di tutti, e anche un po' di se stesso, dopo tanti anni passati da solo a Cercare, chiedere, scusarsi, convincere, ringraziare. Il venerdì – Venere – fu l'ultimo giorno per Pietro. Iniziò terribilmente dopo essersi fatto dare del pedofilo dal suo cliente di Vergiate, conoscente da quando aveva iniziato a lavorare lì, facendogli il caffè ogni mattina. Tirò un sospiro, come di rassegnazione, facendo un “no” con la testa – stanco. Se “la droga vince su tutto”, cosa restava dell'Amore? Farglielo capire che non era la droga che lo faceva essere grande, così come l'alcool e quella -puttana- con cui stava insieme, sì perché le ragazzine di oggi lo erano un po' tutte, senza – neanche loro – un briciolo di sentimento, passione, cultura, origine. Pietro almeno queste le aveva acquisite appieno. Ma nel 2018 contavano ancora come vero requisito di relazione, convivenza, Amore? Gli arrivò un secondo messaggio: era lui! Alessandro. Gliene arrivarono a dirotto 3, 4 e poi 5, 10 – 15. Il telefono stava impazzendo, e il messaggio, sempre lo stesso ad ogni invio, era chiarissimo: “A me piace la pussy!”. “Povero illuso!” - si disse Pietro con lo sguardo schifato, domandandosi perchè certi ragazzini perdessero così tanto tempo con queste cavolate, e le cose materiali come la bella macchina, i soldi, i capi firmati... ormai la mente di Pietro viaggiava oltre lo spazio terrestre, come se non vi appartenesse più – o era semplicemente lui, l'illuso?
Sentiva che qualcosa quella sera del venerdì sarebbe successo, se lo sentiva fin sopra i capelli, qualcosa non più di “Sacro”, ma di orribile, spaventoso! Riuscì a contenere l'ansia per tutta la giornata lavorativa, servendo sempre la clientela con grande rigore, maestria. Ma ormai l'incanto della “Vita Viva”, oltre quella di Battisti e Mogol, era terminato, così come tutta la magia che aveva creato, i favori, Quei sorrisi, il divertimento, la primavera così tanto richiesta e prolungata oltre l'estate. Dal nulla era arrivato e dal nulla doveva ritornare – il Paradiso era vicino!
Alla sera restò chiuso in macchina sotto la casa del suo unico Amico, quello d'infanzia, Marco, il primo. Solo un campo di grano e quello da calcio li divideva, alla periferia del paese. In quella stradina deserta ci avevano fatto la Storia, la Loro, e anche se non si vedevano ne sentivano da oltre 10 anni, e Pietro quella sera, per oltre mezz'ora, riaffiorò tutte i bei momenti che avevano trascorso insieme, nella migliore parte di vita – l'infanzia, ormai finita. Alla radio una vecchia canzone degli anni 60, “Will you Still Love Me, Tomorrow?” riempiva la desolazione che avvertiva fuori di sé. Voleva tanto rivederlo – sperando di riconoscerlo – abbracciarlo, parlargli di nuovo, andare di nuovo in giro, come quando la gente di paese li vedeva chiamandoli ironicamente “Stanlio & Ollio” ai guai che combinavano stando insieme. Ma non ne aveva coraggio, e poi cosa mai avrebbe potuto dirgli a distanza di 12 anni – troppi per ricongiungersi! Non potendo reggere ad una ennesima reazione avversa, preferì allontanarsi. Sostando in un McDonald's sempre immerso nei pensieri, venne riconosciuto da dei ragazzi poco maggiorenni, chi più chi meno, compagni di scuola e amici della compagnia di Vergiate, notandolo solo al tavolo – con l'aria triste di chi pensa altrove. Allora si sedettero 2 tavoli dietro lui e cominciarono a parlare di musica – in particolare di canto – ad alta voce, come per farsi esplicitamente notare. Colto il segnale (perché Pietro si ricordò della sua vocal-coach quando col suo gruppo di studenti, ai tempi del liceo musicale, marinarono e incontrarono casualmente la famosa cantante Giuni Russo in un noto Caffè milanese, così da farsi notare attirando l'attenzione di Lei e facendola avvicinare a loro per parlare di Musica), Pietro si avvicinò candidamente a loro presentandosi – con la stessa umiltà che poteva avere la Russo così come qualsiasi altro Artista, dando consigli Preziosi sul canto, quello vero – quello melodico, raccontando qualcosa di sé, del suo percorso, dei suoi “successi” così come le rinunce – la sofferenza, la solitudine. Ma non sarebbe bastato, certo poteva andarsene a casa consolato, ripagato, ma aveva ancora qualcosa che lo turbava: Alessandro. Così piombò davanti alla sua via, per aspettarlo dopo la sua – non più loro – serata. Appena Alessandro lo vide, è come se avesse avuto davanti a sé uno sconosciuto: non lo riconobbe o meglio, non voleva riconoscerlo. Non riusciva neanche a guardarlo negli occhi. “Ehi, che ti prende, Ale?” chiese Pietro perplesso, vedendolo con lo sguardo assente, in fissa verso il vuoto. “Ci sei? Ehi!” continuò. “Cosa vuoi da me? Perchè non mi lasci stare!”. Così dopo tante insistenze da parte di Pietro, Alessandro si girò e gli sputò dritto in faccia, per poi proseguire dentro il giardino di casa. Pietro andò in lacrime bisbigliando continuamente “perchè-perchè...?” finchè poco prima di raggiungere la macchina si ritrovò davanti Tommaso, il bassista Mattia, Asmir (con cui doveva fare un giro sul trattore, domandandoglielo continuamente e facendoselo promettere ogni volta), “Fonz” e pure “Cesser”, questo non di aver ricevuto le 2 chiamate da parte di Marco e Riccardo al quale fece il tragico errore di non rispondere. Pietro si limitò a tirare un sorriso di misericordia chiedendo umilmente: “Qualsiasi cosa facciate, fatela con dolcezza” per poi ritrovarsi nuovamente solo e sanguinante ai piedi della macchina, stanco, dopo una lunga settimana di lavoro, di solitudine, di odio e per la prima (e unica!) volta, d'Amore, durata come il fumo di una sigaretta, di quelle illegali fatte su e fumate compulsivamente da questi soggetti impuri. Riuscì a tirarsi su e aprire la macchina dove teneva, nel cruscotto, la pistola acquistata a SanMarino con un unico proiettile dorato – quello destinato a lui. Quella notte, tutta la magia che aveva creato a fatica, volò via svanendo nel chiaro di luna. Due giorni più tardi il suo caro o ormai vecchio cliente di Vergiate accompagnò insieme ad altri genitori i ragazzini per il funerale. Che cosa rimase di lui? Qualche sorriso (forse l'unica cosa che gli sarebbe tanto mancato - “Patrimonio dell'Umanità”), dei complimenti, favori mai pienamente ricompensati, tantissimi intrecci di legame e alcune giornate trascorse qua e là insieme. Nulla di più – una Primavera in pieno Inverno, la sua per loro e la loro per lui.
Nel 2040 il jazz e il pop-melodico erano ritornati, a distanza di cent'anni, di moda. Un promettente quanto giovane cantante di nome Franco stava riscuotendo un enorme successo fra il milanese e il varesotto – era ormai prossimo al Festivàl di SanRemo. Tommaso e tutti i suoi amici e compagni di sempre assistettero alla prima del suo album d'esordio intitolato “Life Could Be a Dream” e, girandosi per la fila di gente da parte, disse: “Io, uno come lui, non me lo sarei perso per Niente al mondo!”
Opera scritta il 16/11/2018 - 19:54
Da Pietro Valli
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