"Jacopo è fermo davanti a un negozio e non si decide a entrare. Persone ce ne sono, che camminano avanti e indietro, alle sue spalle. Lo sfiorano. E Jacopo sta fermo, tormentandosi le mani, le dita delle mani. Le dita dei piedi. Ciondola. Cosa deve comprare? Quasi non se ne ricorda."
E’ arrivato lì davanti a quella vetrina senza rendersene conto, come un automa.
Lo sguardo si posa sulla vetrina che gli fa da specchio e gli rimanda la sua immagine, un’immagine che non riconosce, non si riconosce più in quella figura appesantita dagli anni, i capelli lunghi, la barba quasi incolta, i vestiti a dir poco trasandati.
Lui che aveva sempre tenuto al suo fisico, al suo portamento, che aveva sempre curato la sua immagine, che era sempre stato ricercato nel modo di vestire, ora si vedeva specchiato in quella vetrina e non si riconosceva più.
Un pensiero o meglio una domanda gli gira nella testa, lo assilla:
“Che cosa mi è successo? Che cosa mi è capitato per ridurmi in questa condizione!”
Sembra che nella sua mente ci sia un vuoto di memoria o forse non vuole ricordare, ha rimosso una parte di sé che non aveva voluto accettare, che non aveva voluto ammettere.
Ma ora è lì, davanti a quella vetrina, gli occhi persi nel vuoto a vedere e indagare quella persona che vi si rispecchia, per cercare di capire.
La gente continua a passargli vicino ma Jacopo non se ne preoccupa, anzi nemmeno la vede, come se non esistesse e lui fosse solo, solo al mondo.
“Solo al mondo” ecco questa frase le si incunea nella mente come un chiodo, lo attanaglia come una morsa e sembra essere anche la risposta alle sue domande.
Torna allora a guardare nella vetrina, tutto è cambiato, ora non è più solo, c’è una donna accanto a lui, sono tutti e due ben vestiti, quasi eleganti, i loro volti sono sorridenti, allegri, sono in giro a far compere e ridono insieme felici.
Uno spallata di un passante, più forte di tutte le altre, lo riporta immediatamente alla realtà, alla sua brutta realtà, una realtà che non ha mai voluto accettare, che ha subito come un’imposizione, come un’ingiustizia.
Sua moglie, una bella donna, alta, bionda, sempre elegante, della quale lui era stato sempre innamorato, un bel giorno, tornando a casa, le aveva detto:
“Basta, non ne posso più di questa vita, voglio la mia libertà, voglio tornare ad essere me stessa, sono stufa di dovermi sempre preoccupare di tutto, tu sei troppo preso dal tuo lavoro, dai tuoi problemi ed io non ce la faccio più a starti dietro, arrangiati!
Senza perdere tempo era andata nella camera degli ospiti e ne era subito dopo uscita con due valigie già pronte, chissà da quanto tempo.
Jacopo dapprima inebetito, non era riuscito a profferire parola, poi vedendola varcare la soglia di casa, le era corso dietro, chiamandola più volte, dicendole di non andare via, che l’amava sempre, ma le sue parole si erano perse nel vuoto.
Elisa era già entrata nell’ascensore e si stava allontanando da lui, forse per sempre.
Sapeva che gli uomini non avrebbero dovuto piangere, ma le lacrime cominciarono a scendergli lungo le guance e non voleva certo farsi vedere così debole e triste da qualche vicino di casa, che incuriosito forse dalle urla, era magari dietro allo spioncino per osservare cosa stesse succedendo sul pianerottolo.
Jacopo era tornato sui suoi passi, era rientrato in casa e si era chiuso la porta alla spalle.
Si era seduto sul divano affranto, annientato, tenendosi la testa con le mani, come a spremersi il cervello per cercare di capire ancora cosa gli stesse succedendo, non aveva capito niente fino ad un momento prima, ma si sa che gli uomini non capiscono mai niente prima, non riescono a leggere per tempo la realtà e si ritrovano poi spiazzati e increduli come lui in quel momento.
Non si sarebbe mai aspettato che Elisa lo avrebbe lasciato, proprio in un momento così difficile per il suo lavoro.
L’azienda stava navigando in brutte acque e lui si stava dedicando al lavoro notte e giorno, non si era potuto preoccupare di altro in quegli ultimi tempi, solo del suo lavoro, per cercare di salvare il salvabile, per cercare di non licenziare i propri operai che a loro volta erano padri di famiglia e Jacopo si sentiva sulle spalle tutta la responsabilità di quel peso e di quelle famiglie.
Aveva dato per scontato che Elisa avrebbe condiviso con lui queste sue preoccupazioni, queste sue paure, ma non era andata così.
Elisa non lo aveva capito, non aveva compreso i suoi disagi, aveva solo avuto paura di perdere quei benefici di cui per anni aveva sempre goduto: una bella casa, dei bei vestiti, viaggi entusiasmanti nei paesi tropicali e nei villaggi turistici, non se l’era sentita di sacrificarsi per lui, per l’azienda, per gli operai ed aveva scelto la strada più facile: la fuga.
Lo sguardo torna a posarsi sulla vetrina che gli rimanda nuovamente quell’immagine che a lui non piace affatto, anzi gli viene quasi voglia di dare un pugno in quel vetro, per romperlo e farlo smettere di rimandargli la sua immagine ormai insopportabile.
Sente il caldo di una lacrima che gli riga il volto, ma non se ne preoccupa stavolta, anzi ormai da tempo ha smesso di preoccuparsi di queste cose, ormai da tempo ha perso la sua dignità.
Torna a guardare nel vetro ed ora gli sembra di vedere un film scorrere su quella vetrina: il film sulla sua storia, sulla sua vita degli ultimi mesi.
Elisa lo guarda con aria beffarda, lo disprezza e scompare con una risata esagerata.
I suoi operai ora sono davanti a lui, ad uno ad uno, lo guardano ma i loro volti sono tristi e silenziosi si allontanano.
La sua azienda non c’è più, è fallita, lui ha perso tutto e quel poco che gli era rimasto glielo ha preso l’avvocato per la separazione dalla moglie.
Tutto è finito, tutto è perso.
E lui è solo al mondo, senza un euro e senza alcun sostegno, senza alcuna possibilità di speranza di poter risorgere.
Ecco cosa ci fa davanti a quella vetrina, ha deciso di entrare dentro, di minacciare la commessa e di portare via tutto il denaro che ha in cassa, almeno per qualche giorno potrà mangiare e dormire e se anche lo dovessero prendere e mettere in prigione, riuscirebbe a dare una soluzione alla sua vita e avrebbe almeno un tetto sulla testa.
Si guarda intorno, l’andirivieni della gente è terminato, è quasi l’ora di chiusura dei negozi e il negozio è vuoto, vede dalla vetrina che c’è dentro una sola ragazza.
Mette una mano in tasca dell’impermeabile per fingere di avere una pistola, entra dentro, ma l’espressione sulla sua faccia è a dir poco di spavento e di disorientamento.
La giovane donna si volta, dapprima spaventata, poi esclama felice:
“Jacopo, come stai, quanti anni sono che non ci vediamo? Mi sembra sia passato un secolo dall’ultima volta che ci siamo visti.” e senza indugio gli va incontro e l’abbraccia affettuosamente e gli schiocca due baci sulle guance.
Jacopo è stravolto e sorpreso, non sa più cosa fare, cosa dire, ma Chiara è lì davanti a lui, sorridente, che lo guarda divertita dalla sua faccia stravolta.
“Ciao, riesce solo a dirle, come stai?
Nella sua mente riaffiorano immagini di quando andavano insieme al liceo, lui si era innamorato subito di Chiara, ma erano allora troppo giovani per quei tempi per pensare al futuro: c’erano gli studi, l’università, il lavoro da cercare e si erano persi negli anni.
Gli occhi di Chiara azzurri, bellissimi e vivacissimi lo guardano ed è come se volessero leggergli dentro, ma la sua risata allegra lo mette subito a suo agio.
E’ sempre Chiara che gli viene in aiuto e prende la parola:
“Sai non me lo sarei mai immaginato di poterti rincontrare un giorno, ma ne sono felice, non immagini quante volte ti ho pensato in questi anni, ma la vita sai è sempre misteriosa e meravigliosa e ti serba sempre delle belle sorprese ed una di queste sei tu. Che ne dici di venire a cena da me stasera, sai sono sola, non mi sono mai voluta sposare, sempre presa dal lavoro e da tutto il resto, ma stasera sei fortunato ho preparato un bello sformato di spinaci e ricotta che sono sicura ti piacerà. Aspetta chiudiamo tutto, metto l’allarme e usciamo”
“Aspetta, ti aiuto, ecco siamo pronti, usciamo, ho proprio voglia di chiacchierare un po’ con te dei bei tempi”.
Chiara sta facendo scendere la saracinesca sulla vetrina davanti alla quale Jacopo si era fermato un po’ di tempo prima, non può fare a meno di lanciare un ultimo sguardo su quel vetro–specchio che rimanda ancora la sua immagine, ma si vede diverso da prima: un leggero sorriso sulle labbra gli addolcisce i lineamenti del viso, le spalle si sono raddrizzate e la barba poi non è così male, gli dà un aria interessante, anzi, molto interessante.
Prende sottobraccio Chiara e insieme, ridendo, si incamminano verso casa sua.
E’ arrivato lì davanti a quella vetrina senza rendersene conto, come un automa.
Lo sguardo si posa sulla vetrina che gli fa da specchio e gli rimanda la sua immagine, un’immagine che non riconosce, non si riconosce più in quella figura appesantita dagli anni, i capelli lunghi, la barba quasi incolta, i vestiti a dir poco trasandati.
Lui che aveva sempre tenuto al suo fisico, al suo portamento, che aveva sempre curato la sua immagine, che era sempre stato ricercato nel modo di vestire, ora si vedeva specchiato in quella vetrina e non si riconosceva più.
Un pensiero o meglio una domanda gli gira nella testa, lo assilla:
“Che cosa mi è successo? Che cosa mi è capitato per ridurmi in questa condizione!”
Sembra che nella sua mente ci sia un vuoto di memoria o forse non vuole ricordare, ha rimosso una parte di sé che non aveva voluto accettare, che non aveva voluto ammettere.
Ma ora è lì, davanti a quella vetrina, gli occhi persi nel vuoto a vedere e indagare quella persona che vi si rispecchia, per cercare di capire.
La gente continua a passargli vicino ma Jacopo non se ne preoccupa, anzi nemmeno la vede, come se non esistesse e lui fosse solo, solo al mondo.
“Solo al mondo” ecco questa frase le si incunea nella mente come un chiodo, lo attanaglia come una morsa e sembra essere anche la risposta alle sue domande.
Torna allora a guardare nella vetrina, tutto è cambiato, ora non è più solo, c’è una donna accanto a lui, sono tutti e due ben vestiti, quasi eleganti, i loro volti sono sorridenti, allegri, sono in giro a far compere e ridono insieme felici.
Uno spallata di un passante, più forte di tutte le altre, lo riporta immediatamente alla realtà, alla sua brutta realtà, una realtà che non ha mai voluto accettare, che ha subito come un’imposizione, come un’ingiustizia.
Sua moglie, una bella donna, alta, bionda, sempre elegante, della quale lui era stato sempre innamorato, un bel giorno, tornando a casa, le aveva detto:
“Basta, non ne posso più di questa vita, voglio la mia libertà, voglio tornare ad essere me stessa, sono stufa di dovermi sempre preoccupare di tutto, tu sei troppo preso dal tuo lavoro, dai tuoi problemi ed io non ce la faccio più a starti dietro, arrangiati!
Senza perdere tempo era andata nella camera degli ospiti e ne era subito dopo uscita con due valigie già pronte, chissà da quanto tempo.
Jacopo dapprima inebetito, non era riuscito a profferire parola, poi vedendola varcare la soglia di casa, le era corso dietro, chiamandola più volte, dicendole di non andare via, che l’amava sempre, ma le sue parole si erano perse nel vuoto.
Elisa era già entrata nell’ascensore e si stava allontanando da lui, forse per sempre.
Sapeva che gli uomini non avrebbero dovuto piangere, ma le lacrime cominciarono a scendergli lungo le guance e non voleva certo farsi vedere così debole e triste da qualche vicino di casa, che incuriosito forse dalle urla, era magari dietro allo spioncino per osservare cosa stesse succedendo sul pianerottolo.
Jacopo era tornato sui suoi passi, era rientrato in casa e si era chiuso la porta alla spalle.
Si era seduto sul divano affranto, annientato, tenendosi la testa con le mani, come a spremersi il cervello per cercare di capire ancora cosa gli stesse succedendo, non aveva capito niente fino ad un momento prima, ma si sa che gli uomini non capiscono mai niente prima, non riescono a leggere per tempo la realtà e si ritrovano poi spiazzati e increduli come lui in quel momento.
Non si sarebbe mai aspettato che Elisa lo avrebbe lasciato, proprio in un momento così difficile per il suo lavoro.
L’azienda stava navigando in brutte acque e lui si stava dedicando al lavoro notte e giorno, non si era potuto preoccupare di altro in quegli ultimi tempi, solo del suo lavoro, per cercare di salvare il salvabile, per cercare di non licenziare i propri operai che a loro volta erano padri di famiglia e Jacopo si sentiva sulle spalle tutta la responsabilità di quel peso e di quelle famiglie.
Aveva dato per scontato che Elisa avrebbe condiviso con lui queste sue preoccupazioni, queste sue paure, ma non era andata così.
Elisa non lo aveva capito, non aveva compreso i suoi disagi, aveva solo avuto paura di perdere quei benefici di cui per anni aveva sempre goduto: una bella casa, dei bei vestiti, viaggi entusiasmanti nei paesi tropicali e nei villaggi turistici, non se l’era sentita di sacrificarsi per lui, per l’azienda, per gli operai ed aveva scelto la strada più facile: la fuga.
Lo sguardo torna a posarsi sulla vetrina che gli rimanda nuovamente quell’immagine che a lui non piace affatto, anzi gli viene quasi voglia di dare un pugno in quel vetro, per romperlo e farlo smettere di rimandargli la sua immagine ormai insopportabile.
Sente il caldo di una lacrima che gli riga il volto, ma non se ne preoccupa stavolta, anzi ormai da tempo ha smesso di preoccuparsi di queste cose, ormai da tempo ha perso la sua dignità.
Torna a guardare nel vetro ed ora gli sembra di vedere un film scorrere su quella vetrina: il film sulla sua storia, sulla sua vita degli ultimi mesi.
Elisa lo guarda con aria beffarda, lo disprezza e scompare con una risata esagerata.
I suoi operai ora sono davanti a lui, ad uno ad uno, lo guardano ma i loro volti sono tristi e silenziosi si allontanano.
La sua azienda non c’è più, è fallita, lui ha perso tutto e quel poco che gli era rimasto glielo ha preso l’avvocato per la separazione dalla moglie.
Tutto è finito, tutto è perso.
E lui è solo al mondo, senza un euro e senza alcun sostegno, senza alcuna possibilità di speranza di poter risorgere.
Ecco cosa ci fa davanti a quella vetrina, ha deciso di entrare dentro, di minacciare la commessa e di portare via tutto il denaro che ha in cassa, almeno per qualche giorno potrà mangiare e dormire e se anche lo dovessero prendere e mettere in prigione, riuscirebbe a dare una soluzione alla sua vita e avrebbe almeno un tetto sulla testa.
Si guarda intorno, l’andirivieni della gente è terminato, è quasi l’ora di chiusura dei negozi e il negozio è vuoto, vede dalla vetrina che c’è dentro una sola ragazza.
Mette una mano in tasca dell’impermeabile per fingere di avere una pistola, entra dentro, ma l’espressione sulla sua faccia è a dir poco di spavento e di disorientamento.
La giovane donna si volta, dapprima spaventata, poi esclama felice:
“Jacopo, come stai, quanti anni sono che non ci vediamo? Mi sembra sia passato un secolo dall’ultima volta che ci siamo visti.” e senza indugio gli va incontro e l’abbraccia affettuosamente e gli schiocca due baci sulle guance.
Jacopo è stravolto e sorpreso, non sa più cosa fare, cosa dire, ma Chiara è lì davanti a lui, sorridente, che lo guarda divertita dalla sua faccia stravolta.
“Ciao, riesce solo a dirle, come stai?
Nella sua mente riaffiorano immagini di quando andavano insieme al liceo, lui si era innamorato subito di Chiara, ma erano allora troppo giovani per quei tempi per pensare al futuro: c’erano gli studi, l’università, il lavoro da cercare e si erano persi negli anni.
Gli occhi di Chiara azzurri, bellissimi e vivacissimi lo guardano ed è come se volessero leggergli dentro, ma la sua risata allegra lo mette subito a suo agio.
E’ sempre Chiara che gli viene in aiuto e prende la parola:
“Sai non me lo sarei mai immaginato di poterti rincontrare un giorno, ma ne sono felice, non immagini quante volte ti ho pensato in questi anni, ma la vita sai è sempre misteriosa e meravigliosa e ti serba sempre delle belle sorprese ed una di queste sei tu. Che ne dici di venire a cena da me stasera, sai sono sola, non mi sono mai voluta sposare, sempre presa dal lavoro e da tutto il resto, ma stasera sei fortunato ho preparato un bello sformato di spinaci e ricotta che sono sicura ti piacerà. Aspetta chiudiamo tutto, metto l’allarme e usciamo”
“Aspetta, ti aiuto, ecco siamo pronti, usciamo, ho proprio voglia di chiacchierare un po’ con te dei bei tempi”.
Chiara sta facendo scendere la saracinesca sulla vetrina davanti alla quale Jacopo si era fermato un po’ di tempo prima, non può fare a meno di lanciare un ultimo sguardo su quel vetro–specchio che rimanda ancora la sua immagine, ma si vede diverso da prima: un leggero sorriso sulle labbra gli addolcisce i lineamenti del viso, le spalle si sono raddrizzate e la barba poi non è così male, gli dà un aria interessante, anzi, molto interessante.
Prende sottobraccio Chiara e insieme, ridendo, si incamminano verso casa sua.
Opera scritta il 14/11/2013 - 23:50
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Voto: | su 8 votanti |
Commenti
Tutto è bene ciò che finisce bene!!complimenti.
Claretta Frau 09/12/2013 - 15:20
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