Era una calda domenica di Agosto. Tornavo finalmente a casa mia, al mio paese immerso nel verde della mia valle distesa alle pendici del Gran Sasso, tra i monti della Laga, che apparivano ai turisti in tutta la loro rigogliosa bellezza. Quel giorno una vecchia corriera mi stava riportando a casa dopo dieci anni di lontananza. Mi chiedevo come fosse diventato quell’antico borgo medievale. Non vedevo l’ora di arrivare. Mi tornavano alla mente tutti i momenti belli che avevo vissuto lì in quella valle dai molti castelli, i pensieri volavano alti nella mia mente come aquile in volo. Ripensavo alle passeggiate fatte in quei boschi insieme ad una ragazzina bruna, compagna della mia giovinezza. Mi rammaricavo ancora, di non averla salutata prima di partire, tanta era la fretta di andar via, di andare a vivere in una grande città diversa e moderna, ricca di emozioni dove sarebbe stato più facile trovare lavoro.
Ora però, mentre mi avvicinavo a quei luoghi, i miei pensieri mi riportavano al mio paese natio. Là avevo trascorso i miei anni più belli e spensierati… Ricordavo ancora quella ragazzina vivace con la quale facevo lunghe passeggiate, tra querceti, funghi e castagneti. Vestiva sempre da boy scout, così correvamo per i boschi come due scoiattoli. Lei mi appariva sempre con il suo dolce sorriso più bella che mai. Amava quella libertà più di me. Io non seppi riconoscere che lì c’era anche la mia felicità, l’avevo lasciata per inseguire il mio “sogno metropolitano”. Quel sogno, però, svanì subito. Un treno affollato mi portò in quella immensa stazione dove vedevo la gente correre all’impazzata. Agosto in quella città era il mese più vuoto dell’anno, molti erano in ferie. Ero felice di ritornare, dopo dieci anni, per rivedere Assunta e tutta la mia famiglia. A Castellana in quel mese si festeggiava la SS. Assunta. Ogni giorno c’era una sagra: quella del porcino, del boscaiolo, delle castagne, ecc.. Tanti erano i turisti che affollavano il borgo e tanti erano quelli che insieme a mio padre venivano accompagnati nelle visite guidate fra i boschi e lunghe passeggiate sulle montagne dove l’aria pulita rigenerava i nostri corpi. Finalmente anche il mio viso si illuminò di gioia al pensiero che ero arrivato. Come avevo potuto vivere tanto tempo fuori, mentre la mia felicità era tra i monti della Langa con il suo cielo terso e l’aria pulita. In fondo ero ancora giovane e potevo decidere cosa fare della mia vita; mi chiedevo se era meglio tornare al precario lavoro in quella grande città o rimanere nella mia Castellana, tra la mia gente forte e gentile.
Quella sagra iniziava di mattina con le processioni religiose e continuava fino a sera tardi. C’erano striscioni colorati e luminarie ovunque, con musica e danze. I paesani rivivevano gli antichi fasti indossando costumi in stile medievale. C’erano molte tavolate in cui si assaggiavo i prodotti del posto funghi, castagne, formaggi ed altro.
Da ragazzini io e Assunta ci riempivamo le tasche di castagne e ascoltavamo la musica paesana seduti a cavalcioni su un muretto. Ricordo che Assunta era la ragazza più carina del posto, con lei vivevamo quei giorni di festa in maniera molto intensa. Chissà dov’era la mia Assunta, se era sposata, se aveva figli, se era rimasta o era andata via. Mi sentivo male al pensiero che lei fosse di un altro. Smisi di pensare e decisi di svagarmi e di intrattenermi verso i luoghi da dove proveniva la musica. La piazza era piena di gente, i bambini giocavano e strillavano, i vecchi erano seduti ad ascoltare la musica e a guardare i giovani ballare.
Amavo ballare, così mi diressi verso un bar e lì, bevendo un caffè, mi avvicinai ad una giovane donna per chiederle: <<Vuole ballare?>> E lei, senza guardarmi mi rispose:<< No, grazie>>. <<Solo un ballo>>, dissi io, ma quella ragazza bruna rispose: <<Grazie, ma non ballo>>. <<Va bene,>> dissi io dopo una pausa continuai a parlare alla donna chiedendole se era la prima volta che andava lì. La donna, sempre senza guardarmi in faccia, mi disse: <<Senta, mi vuole lasciare in pace!>>. Ribadii: <<Mi scusi, non era mia intenzione importunarla, mi scusi ancora>>, dissi io, <<buona sera>>. Infilai le mani in tasca ma non mi allontanai, le rimasi accanto in piedi. La signora era seduta e, volgendo lo sguardo qua e là, incrociò il mio, quello dell’uomo che l’aveva invitata. Entrambi rimanemmo paralizzati, ci eravamo riconosciuti dopo dieci anni, Assunta era lì, sbiancata in volto. Non era sola ma stava con due donne anziane e nessun uomo affianco. Guardandola bene capii che non era sposata e presi il coraggio di ritornare a chiederle di ballare, sicuro che questa volta avrebbe accettato. Il tempo trascorso non aveva cancellato i nostri sentimenti. Assunta con il suo volto radioso sembrava dire… Geraldo è tornato! Così si alzò per andare in pista a ballare con lui, il suo era un antico amore mai svelato a nessuno, neppure a se stessa. Quel cuore spezzato in due all’improvviso si ricompose. Ora nulla poteva più separarci! Ormai avevo deciso, avrei vissuto con la mia gente in quel paradiso terrestre che Dio aveva costruito per noi, in quel luogo, in quei paesaggi colmi non solo del dolce rumore del silenzio, ma soprattutto creati per rendere felici i cuori di chi sa amare in silenzio come Assunta e Geraldo.
Ora però, mentre mi avvicinavo a quei luoghi, i miei pensieri mi riportavano al mio paese natio. Là avevo trascorso i miei anni più belli e spensierati… Ricordavo ancora quella ragazzina vivace con la quale facevo lunghe passeggiate, tra querceti, funghi e castagneti. Vestiva sempre da boy scout, così correvamo per i boschi come due scoiattoli. Lei mi appariva sempre con il suo dolce sorriso più bella che mai. Amava quella libertà più di me. Io non seppi riconoscere che lì c’era anche la mia felicità, l’avevo lasciata per inseguire il mio “sogno metropolitano”. Quel sogno, però, svanì subito. Un treno affollato mi portò in quella immensa stazione dove vedevo la gente correre all’impazzata. Agosto in quella città era il mese più vuoto dell’anno, molti erano in ferie. Ero felice di ritornare, dopo dieci anni, per rivedere Assunta e tutta la mia famiglia. A Castellana in quel mese si festeggiava la SS. Assunta. Ogni giorno c’era una sagra: quella del porcino, del boscaiolo, delle castagne, ecc.. Tanti erano i turisti che affollavano il borgo e tanti erano quelli che insieme a mio padre venivano accompagnati nelle visite guidate fra i boschi e lunghe passeggiate sulle montagne dove l’aria pulita rigenerava i nostri corpi. Finalmente anche il mio viso si illuminò di gioia al pensiero che ero arrivato. Come avevo potuto vivere tanto tempo fuori, mentre la mia felicità era tra i monti della Langa con il suo cielo terso e l’aria pulita. In fondo ero ancora giovane e potevo decidere cosa fare della mia vita; mi chiedevo se era meglio tornare al precario lavoro in quella grande città o rimanere nella mia Castellana, tra la mia gente forte e gentile.
Quella sagra iniziava di mattina con le processioni religiose e continuava fino a sera tardi. C’erano striscioni colorati e luminarie ovunque, con musica e danze. I paesani rivivevano gli antichi fasti indossando costumi in stile medievale. C’erano molte tavolate in cui si assaggiavo i prodotti del posto funghi, castagne, formaggi ed altro.
Da ragazzini io e Assunta ci riempivamo le tasche di castagne e ascoltavamo la musica paesana seduti a cavalcioni su un muretto. Ricordo che Assunta era la ragazza più carina del posto, con lei vivevamo quei giorni di festa in maniera molto intensa. Chissà dov’era la mia Assunta, se era sposata, se aveva figli, se era rimasta o era andata via. Mi sentivo male al pensiero che lei fosse di un altro. Smisi di pensare e decisi di svagarmi e di intrattenermi verso i luoghi da dove proveniva la musica. La piazza era piena di gente, i bambini giocavano e strillavano, i vecchi erano seduti ad ascoltare la musica e a guardare i giovani ballare.
Amavo ballare, così mi diressi verso un bar e lì, bevendo un caffè, mi avvicinai ad una giovane donna per chiederle: <<Vuole ballare?>> E lei, senza guardarmi mi rispose:<< No, grazie>>. <<Solo un ballo>>, dissi io, ma quella ragazza bruna rispose: <<Grazie, ma non ballo>>. <<Va bene,>> dissi io dopo una pausa continuai a parlare alla donna chiedendole se era la prima volta che andava lì. La donna, sempre senza guardarmi in faccia, mi disse: <<Senta, mi vuole lasciare in pace!>>. Ribadii: <<Mi scusi, non era mia intenzione importunarla, mi scusi ancora>>, dissi io, <<buona sera>>. Infilai le mani in tasca ma non mi allontanai, le rimasi accanto in piedi. La signora era seduta e, volgendo lo sguardo qua e là, incrociò il mio, quello dell’uomo che l’aveva invitata. Entrambi rimanemmo paralizzati, ci eravamo riconosciuti dopo dieci anni, Assunta era lì, sbiancata in volto. Non era sola ma stava con due donne anziane e nessun uomo affianco. Guardandola bene capii che non era sposata e presi il coraggio di ritornare a chiederle di ballare, sicuro che questa volta avrebbe accettato. Il tempo trascorso non aveva cancellato i nostri sentimenti. Assunta con il suo volto radioso sembrava dire… Geraldo è tornato! Così si alzò per andare in pista a ballare con lui, il suo era un antico amore mai svelato a nessuno, neppure a se stessa. Quel cuore spezzato in due all’improvviso si ricompose. Ora nulla poteva più separarci! Ormai avevo deciso, avrei vissuto con la mia gente in quel paradiso terrestre che Dio aveva costruito per noi, in quel luogo, in quei paesaggi colmi non solo del dolce rumore del silenzio, ma soprattutto creati per rendere felici i cuori di chi sa amare in silenzio come Assunta e Geraldo.
Opera scritta il 31/03/2014 - 18:41
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