DAVANTI SAN ROCCO
28/11/2020
DAVANTI SAN ROCCO.
L’afa notturna urtava il mio sonno. Mi svegliai alle 3:00, mia moglie dormiva a bocca aperta mentre i raggi lunari filtravano tra le tende color crema quasi a volermi consolare.
Scesi in cucina al piano inferiore per bere un sorso d’acqua fresca e pulirmi le secchezze della bocca che la notte estiva vi aveva adagiato. Avevo un intenso senso di nausea e soffocamento che quasi mi intontiva.
Mi vestii senza far rumore, ed uscii. Guardai, attraversando il cortile, il nostro giardino,che cosi curato, pulito ed ordinato sembrava quasi beffardamente volesse insegnarmi il gusto del benessere.
Chiusi il cancello, ed imboccai la strada che conduceva alla piazza del paese.
Le case attorno erano silenziose, qualche lume acceso puntellava la tenue oscurità della notte mentre sopra di me un’instancabile civetta seguitava quel suo terribile riso. Un verso cosi irrisorio ed inquietante che ancora oggi, continuo ad odiare. Mentre camminavo, mi toccai più volte il viso per scacciare qualche impertinente zanzara e tenermi sveglia la faccia stanca e sudata.
Poco prima della piazza, davanti al forno dei Moneti c’era un grosso cane nero sdraiato su un fianco. Aveva il pelo lucidissimo, e la luna forse troppo bianca e sola, vi si rifletteva mischiando a quella pece i suoi pallori.
Lo osservai per un po’, poi mi avvicinai per fargli una carezza. Toccai delicatamente la sua testa per non spaventarlo ma lui per niente impaurito, si alzò scrollandosi quasi irritato,ed andò verso la piazza. Bevve l’acqua sul fondo d’una fontana recintata e trotterellò fino sotto a un faggio, dove si sdraiò con gli occhi semichiusi.
Io m’indirizzai sul lato sinistro della piazza, fino a giungere sotto l’enorme statua di San Rocco. Un alto lampione vicino la illuminava perfettamente tanto da consentirmi l’esame dei suoi particolari. Nonostante fosse vecchia di circa un secolo, la statua era pressoché intatta, tranne qualche punto sulla veste del Santo, nella parte bassa del bastone e sulla barba cespugliosa dove il bronzo era leggermente rovinato.
Sotto di sé,San Rocco aveva un cane da caccia, dalle lunghe orecchie, che strofinava il muso sulle sue ginocchia e lo guardava con amore misto a venerazione. Sorrisi placidamente della tenera figura. Mi sedetti sulla panchina quasi attaccata alla piattaforma sulla quale si adagiava il santo, stiracchiai all’indietro le braccia appoggiandole sulla spalliera e feci profondi respiri. Guardai l’orologio,erano circa le 3:40.
Non mi passò nemmeno per un attimo nella testa , il pensiero di tornare in quella casa fastidiosa e piena di muffa, da quell’avida moglie tanto demente quanto arrogante.
D’improvviso il cane si alzò e si diresse lentamente verso me. Si fermò ad un metro di distanza ,fissandomi quasi umanamente il viso. Diminuì la luce attorno, levai d’istinto gli occhi al cielo, e vidi la luna coperta da un enorme nuvolone.
Il cane continuava a fissarmi, poi d’improvviso ringhiò, digrignando i denti lucidissimi sotto il muso nero. Lo guardai con aria interrogativa, e gli chiesi: “Che vuoi?”. Lui si calmò un solo istante, poi abbaiò. Alzai la testa verso la statua, la mano di San Rocco si era staccata. Balzai in avanti velocemente, mentre la mano cadeva con violenza sul ferro della panchina producendo un terribile frastuono nella piazza vuota e silenziosa.
Guardai spaventato il cane, che si voltò tornando a sdraiarsi su un fianco davanti al forno dei Moneti. La statua di San Rocco, ora monca, mi sembrava una tenebrosa e sinistra montagna. La luna riuscì a scappare da quel nembo nero, e tornò a illuminare il paese. Pensai a Teresa e mi rattristai ad immaginarla sola nel letto. Avrebbe potuto preoccuparsi non trovandomi accanto, e poi in fondo in fondo mi amava e forse anche io le volevo un po’ di bene.
M’incamminai verso la strada di ritorno. Avevo le mani in tasca, le zanzare e la civetta non mi interessavano più. Il volto aveva perso il sonno, la nausea era sparita, il sudore si era ritratto. Le labbra, lentamente, recitavano una preghiera.
DAVANTI SAN ROCCO.
L’afa notturna urtava il mio sonno. Mi svegliai alle 3:00, mia moglie dormiva a bocca aperta mentre i raggi lunari filtravano tra le tende color crema quasi a volermi consolare.
Scesi in cucina al piano inferiore per bere un sorso d’acqua fresca e pulirmi le secchezze della bocca che la notte estiva vi aveva adagiato. Avevo un intenso senso di nausea e soffocamento che quasi mi intontiva.
Mi vestii senza far rumore, ed uscii. Guardai, attraversando il cortile, il nostro giardino,che cosi curato, pulito ed ordinato sembrava quasi beffardamente volesse insegnarmi il gusto del benessere.
Chiusi il cancello, ed imboccai la strada che conduceva alla piazza del paese.
Le case attorno erano silenziose, qualche lume acceso puntellava la tenue oscurità della notte mentre sopra di me un’instancabile civetta seguitava quel suo terribile riso. Un verso cosi irrisorio ed inquietante che ancora oggi, continuo ad odiare. Mentre camminavo, mi toccai più volte il viso per scacciare qualche impertinente zanzara e tenermi sveglia la faccia stanca e sudata.
Poco prima della piazza, davanti al forno dei Moneti c’era un grosso cane nero sdraiato su un fianco. Aveva il pelo lucidissimo, e la luna forse troppo bianca e sola, vi si rifletteva mischiando a quella pece i suoi pallori.
Lo osservai per un po’, poi mi avvicinai per fargli una carezza. Toccai delicatamente la sua testa per non spaventarlo ma lui per niente impaurito, si alzò scrollandosi quasi irritato,ed andò verso la piazza. Bevve l’acqua sul fondo d’una fontana recintata e trotterellò fino sotto a un faggio, dove si sdraiò con gli occhi semichiusi.
Io m’indirizzai sul lato sinistro della piazza, fino a giungere sotto l’enorme statua di San Rocco. Un alto lampione vicino la illuminava perfettamente tanto da consentirmi l’esame dei suoi particolari. Nonostante fosse vecchia di circa un secolo, la statua era pressoché intatta, tranne qualche punto sulla veste del Santo, nella parte bassa del bastone e sulla barba cespugliosa dove il bronzo era leggermente rovinato.
Sotto di sé,San Rocco aveva un cane da caccia, dalle lunghe orecchie, che strofinava il muso sulle sue ginocchia e lo guardava con amore misto a venerazione. Sorrisi placidamente della tenera figura. Mi sedetti sulla panchina quasi attaccata alla piattaforma sulla quale si adagiava il santo, stiracchiai all’indietro le braccia appoggiandole sulla spalliera e feci profondi respiri. Guardai l’orologio,erano circa le 3:40.
Non mi passò nemmeno per un attimo nella testa , il pensiero di tornare in quella casa fastidiosa e piena di muffa, da quell’avida moglie tanto demente quanto arrogante.
D’improvviso il cane si alzò e si diresse lentamente verso me. Si fermò ad un metro di distanza ,fissandomi quasi umanamente il viso. Diminuì la luce attorno, levai d’istinto gli occhi al cielo, e vidi la luna coperta da un enorme nuvolone.
Il cane continuava a fissarmi, poi d’improvviso ringhiò, digrignando i denti lucidissimi sotto il muso nero. Lo guardai con aria interrogativa, e gli chiesi: “Che vuoi?”. Lui si calmò un solo istante, poi abbaiò. Alzai la testa verso la statua, la mano di San Rocco si era staccata. Balzai in avanti velocemente, mentre la mano cadeva con violenza sul ferro della panchina producendo un terribile frastuono nella piazza vuota e silenziosa.
Guardai spaventato il cane, che si voltò tornando a sdraiarsi su un fianco davanti al forno dei Moneti. La statua di San Rocco, ora monca, mi sembrava una tenebrosa e sinistra montagna. La luna riuscì a scappare da quel nembo nero, e tornò a illuminare il paese. Pensai a Teresa e mi rattristai ad immaginarla sola nel letto. Avrebbe potuto preoccuparsi non trovandomi accanto, e poi in fondo in fondo mi amava e forse anche io le volevo un po’ di bene.
M’incamminai verso la strada di ritorno. Avevo le mani in tasca, le zanzare e la civetta non mi interessavano più. Il volto aveva perso il sonno, la nausea era sparita, il sudore si era ritratto. Le labbra, lentamente, recitavano una preghiera.
Opera scritta il 28/11/2020 - 20:55
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