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Gli inferi

Quando alfin il cuor diparte,
nel momento del distacco
dello spirito dalla materia,
se osservi attentamente
questo corpo ormai esanime,
vedi l’anima sortire
nella sua eterea veste
di negativo illuminato
della sagoma corporale.


In questa celeste ascesa
le anime in terra
troppo legate alla buia materia,
per il gran peso, con difficoltà
salgono su e, ahimè,
restano imbrigliate
nella barriera dell’atmosfera,
formando con essa in condensa
tetri nuvoloni minaccianti.


Per la pioggia di poi battente,
tra tuoni e lampi,
fulmini e saette,
di già son di ritorno quaggiù e,
con le sporche acque reflue
della superficie terrestre,
per maleodoranti canali
di fogne in cloache,
scendono sempre più giù
lungo reconditi cunicoli,
scavati dalle eterne fiammelle
di anime prave perdute
che le hanno precedute
in questo triste destino.


Nel buio sempre più pesto
delle profondità terrene
si odono ora urla strazianti
e tra odori nauseanti
è la crescente acredine
che ti stringe la gola:
sembri esser preda
delle gelide mani di Satana
che ti vogliono strozzare.


Il fuoco, infin, causa
di scottanti e dolorose pene,
speri che finalmente ti distrugga
ma se dici questo all’inferno
nemmeno ragioni più...
ormai sei fuori di testa.


Tu non sei più materia
ed è solo questa che
man mano si consuma,
mentre tu, purtroppo,
sei spirito eterno
e mai avrai fine,
dispiace davvero
il tuo perenne dolor.


Hai fatto davvero
una brutta fine, ma
la causa di tutto questo
sei solamente tu.
L’anima e lo spirito,
il corpo e la materia
non sono barzellette
tanto per scherzarci su
e proprio quaggiù i sensi,
oltre che intatti,
si rafforzano sempre di più.


Di colpo dal centro delle fiamme
un urlo agghiacciante
con un fetor ancor più nauseante,
l’acredine pervade
ogni spazio circostante
e brucia finanche occhi infuocati,
seppur spazza via per un po’
quel fumo delle corna che,
incessante, fuoriesce dalle orecchie
disegnandoti in testa
una bella e maleodorante aureola.


Proprio a questo punto appare,
nel bel mezzo delle fiamme,
un uomo dimesso dal volto sofferente,
ti fa davvero gran pena
e mai ci crederesti,
ma son proprio queste le vesti
di quel poveretto di Satana.




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Opera scritta il 27/04/2021 - 06:59
Da Francesco Andrea Maiello
Letta n.575 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


Mia nonna, insopportabile bigotta, sin dalle fasce mi tormentava con la paura del peccato e la pena dell'inferno! Poi si mise pure Dante con l'inferno da imparare a memoria! Ciao Margherita, buona serata

Francesco Andrea Maiello 27/04/2021 - 17:54

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Interessante poesia, che ho letto con grande curiosità... mi è piaciuta moltissimo la tua esposizione degli inferi.
Sagace riflessione e perché no, verità! I miei complimenti.

Margherita Pisano 27/04/2021 - 15:22

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