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Quella notte qualcuno lasciò una carezza

Quel suo sesto senso alle volte lo portava in situazioni curiose. Quella notte si spinse fino agli approdi, i Murazzi come li chiamano i torinesi. Al brillio tremolante di piccoli spilli lungo la sponda ovest del Po, il centro storico fino alle arcate sul fiume sembrava un grande e suggestivo presepe agli occhi di Deto. Il suo nome era Benedetto, ma nessuno lo chiamava più così.
Un uomo, su un vecchio scafo legato a una cima logora dove comincia la rimessa delle barche, come un moderno Hemingway faticava a raccontarsi al notes, consumato da quella consapevolezza di dover sanguinare al pari del cielo dietro l’ultimo scorcio di tramonto.
Deto lo guardava dalla giusta distanza, e si fece prendere da una malinconia mista a tristezza. Allungò il braccio tra la prima neve sul crepuscolo tenendo gli occhi chiusi, e tutto gli fu chiaro: era senziente di avere tra le dita una penna e sentiva diffondersi lungo tutta la mano, ora intorpidita, la fatica di quell’uomo non solo nello scrivere.
Ora sapeva: le note del sassofono di un accattone tra i fiocchi e le arcate, quel cielo lo avevano aiutato a capire.
Il passaggio da “La gazza” di Monet, in cui con la fantasia era scivolato, all’uomo che in silenzio seguitava a sedere sullo scafo fu breve, quasi naturale. Deto si avvicinò quel tanto da lasciar planare sulla calzatura dell’uomo un foglio spiegazzato, e andò via.
Raccogliendolo avrebbe letto “il paesaggio, a dicembre, si veste del silenzio di una carezza”.


Il crepuscolo dalla finestra fece stropicciare gli occhi a Marta, stranamente più assonnata di altre mattine. Lo sguardo gli cadde improvvisamente sul libro dentro al quale si era addormentata la sera prima, con le pagine aperte tra il pavimento e le pianelle. Si ricordò di aver letto del sesto senso, non l’intuito ma un senso di solidarietà…
Infilandosi gli occhiali, dietro a uno sbadiglio riprese a leggere.


Dal pertugio nell’abbaino l’acquaneve sulla faccia svegliò Deto.
Si vestì in fretta, infilò la porta e corse ai Murazzi… alle rimesse e a quello scafo malconcio, dall’uomo che portava sulle spalle il peso del tramonto.
Fermandosi per la strada a riprendere fiato, si menò per il naso “ses sortì ad testa, pòvr Benedetto..!”.
All’approdo una barchetta legata ad una fune consumata sembrava avere qualcosa annodato a uno degli scalmi per i remi. Deto allungò la mano per spolverarlo dalla neve, e snodò un nastro rosso per cravatte; solo allora si accorse del notes con scritto sopra “stanotte ho trovato una carezza”. Nient’altro, e sorrise compiaciuto.
No Deto, non sei uscito di testa… sembra dire l’atmosfera surreale che avvolge il fiume lungo le arcate. Ora corri più forte che puoi, e portando il tuo Natale a chi ti aspetta a casa almeno per un giorno sentiti un po’ meno povero.




(da “Trovasti qualcuno che ti cercava quando non volevi essere trovato, 3 dicembre 2021.
Ultima stesura 4 dicembre 2021)




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Opera scritta il 03/12/2021 - 17:41
Da Mirko D. Mastro
Letta n.659 volte.
Voto:
su 3 votanti


Commenti


Si percorrono strade inusuali per arrivare al Natale, senza portarsi dietro il passato, ma con un cipiglio nuovo si lascia accarezzare quel foglio bianco, intriso d'amore sarà il suo passo. Molto bello questo percorso/scrittura colmo di poesia.

Margherita Pisano 05/12/2021 - 14:58

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Quanto mi è piaciuto quel foglio spiegazzato con la frase:
"il paesaggio, a dicembre, si veste del silenzio di una carezza"
una frase che lascia intuire che qualcuno abbia saputo imbastire un dialogo con la natura nel quale ritrovare momenti di dolcezza e gioia.
Ma non solo, tutto il racconto ci porta ad amare anche questo mese che si inoltra nel duro inverno, facendocelo apprezzare in ogni sua forma ...
Complimenti!

Maria Luisa Bandiera 04/12/2021 - 08:15

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