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Il viaggio di messer Frescone

Il viaggio di messer Frescone a Venexia


Protagonisti


Messer Frescone de Quattaforte, commerciante di stoffe
Algiso, servitore, messer Brando commerciante, madonna Giulia nobildonna, Fiorina la serva, Matilda la sorella della locandiera,
messer Giovanni macellaro


FARSA IN ATTO UNICO


Prologo
Messer Elisondo Frescone de Quattaforte ebbe ha fare da Friolle, in toscano loco sito, dove avea bottega de stoffe, uno viaggio d'affari in terra della Serenissima Repubblica de Venexia a comprare attrezzature, e altra mercanzia varia de tessuti.
Intento era chello de acquistare scarti e robe de poco conto...
Codesto pezzame, de qualità pessima, sarebbe poscia finito nelle fiere spacciato per preziose sete de rara purezza.
In particolare avrebbe dovuto attrarre l’occhi delle nobili madame, che facilmente spendeano danari delli mariti possidenti e becchi alla prima occasione che se pareva propizia.
Si narra ora la storia dello viaggio che il commerciante compì nell'anno dello Signore mille e quattrocento e giù di lì, per giugnere a destinazione.
Scena I°
Friolle
La vita la principia presto per un commerciante che bottega non aspetta l’alba e nemmeno che li quattrini nascano sull’alberi.
«Bona iornata messere Frescone, vedo che vu siete de già all'aprire la bottega»
Frescone «Che volete messere Brando ci si deve far la fatica se si vole che lo profitto la venga»
Brando «Eh vu siete di molto operoso et anche danaroso si de quanno che lo gallo e già canta»
Frescone «Ovvia un dite corbelli, si sa che li danari instanno nelli palazzi delli banchieri, nello mio instanno solo stoffe et debiti che par qualcuno m’abbia tirato addosso un tal peste che un vedo mai il becco d’un quattrino»
Brando «A proposito vu avete sentito delle stoffe fasulle che vengano dall'Oriente, par che le tirano dietro a poco per poi rivendelle a di molto sopra»
Frescone «Un lo dite, io per fortuna e c’ho di molto bono fornitore de Venexia, che le robe nella mia bottega debbano essere de primissima scelta et qualità, un posso vende mica trastulli che ne va di mezzo la reputazione e il bon nome»
Brando «Meglio per voi, ora vi lascio alle vostre impellenze et vado alle mie, che lo sole et oramai venuto assai fori. Bona iornata a voi messere»
Scena II°
Davanti alla bottega
«La vorria sapere chi mette in giro codeste notizie inveritiere di molto assai sconvenienti, tutto per lo danneggiare li boni et onesti commercianti come me che la vivono col sudore della fronte.
E speriamo che gli si secchi la lingua a messer Brando, non fa altro che impicciasse delli fatti altrui. Tutte le mattine sempre a spiare a che ora apro. Gli verrà prima o poi un'accidente.
Uhm, si deve da prestar di parecchia attenzione...
Ma dov'è quell'imbecille di Algiso? Per fortuna che me lo ave fatto assumere Gelso Francon, quel bischero de Venexia, vorria tanto lo sapere indove che lo trovatte.»
Frescone «Ah, sei qui maledetto, dove te tu t’eri nfilato?»
Algiso «La me pardoni sior paron, son stato mal collo stomego, mi son dovuto de liberar prima de venier»
Frescone «Ecco, sempre scuse. Basta, apri codesta serratura e spalanca le finestre!»
ScenaIII°
La bottega de messer Frescone
Friolle, via de' Cimatori, bottega de messer Frescone.
Frescone «Algiso hai dato il colore a quelle stoffe? Ricordati de usare lo pigmento rosso in polvere, devono sembrare perfette. E la conteremo quattrini a man bassa spacciandole per sete cinesi»
Algiso «Comandi sior paron, vado a preparar la mistura»
Frescone «Algiso quando che finisci la conciatura corri da mastro Beomondo Ligheri e fai preparare lo carro con tutta la paranza che si necessita, domani de bono mattino devesi partire per Venexia, la scorta de stoffe s'ave ridotta e la ci vole novo affoltimento. Ricordagli che l’ultima volta lo carro ave perso una rota che lo puntone e l’era mal messo. Se lo lavoro non esse de perfetione non vedrà danari mia, glielo puoi dire chiaro. Poi passa dalla stalla de messer Guidobaldo et compra due buoi di molto robusti, me raccomando»
Algiso «Sarà fatto come eo la vol»
Frescone «Speriamo, mi dici sempre così e poi la succede sconquasso. Ora corri a lavorare, sfaticato»
Scena IV°
Intanto nella bottega entra madonna Giulia dei Ghetti di Fregnano.
Madonna Giulia «Bon giorno messere, sono pronte le stoffe che avevo ordinato?»
Frescone «La grazia sia con voi madonna, ho brutte notizie purtroppo; lo carico de stoffe che aspettavo e la s’è perduto un si sa dove.
Siate pur tranquilla domani parto per Venexia in modo da rimediare di persona uno carico de pregiatissime stoffe provenienti dall'Oriente»
Madonna Giulia «Mi date uno colpo al cuore messere, ma l’aspetterò se vu dite che codeste stoffe sono d’assai pregiato valore»
Frescone «Certamente madonna Giulia il mio onore è in gioco, vi prometto che avrete presto quanto vu volete»
Madonna Giulia «E ci conto, un bon giorno e bono sie lo viaggio, a presto vederci messere»
Frescone «Finalmente è andata via... Algiso lascia lo lavoro e corri subito a preparare lo quanto necessita, domani matina la si deve partire e di molto assai presto e senza indugio. Va' e assicurati che tutto sia fatto»
Algiso «Corro sior paron, va ben come sempre comanda eo»
Voce narrante
Il viaggio ha inizio
Preparato carro e buoi di bon mattino, dallo servo fedele accompagnato, messer Frescone se diresse verso lo fiume che segnava confine.
Quivi giunto, pagando con scudi due, salitte sullo barcone che passava allo di là della sponda.
Una volto sbarcato, tosto s'avviò verso la strada che dallo Appennino sbucava sulla piana de Bologna. De la avrebbe poscia proseguito per Ferrara e Padova finco alla via fluviale che porta a Venexia.
Dopo una semana de cammino ei giungette a Monghidoro e lì prese pensione: abbisognava cambiar li buoi, rifocillare li servi e anco se stesso dallo spossante viaggio fatto attraverso l’ Appennino.
Solevano spesso li viaggiatori fermarsi alla locanda del Cervo Bianco, dove se trovava bon vino pella panza, donnine pello sollazzo e quanto vole avere uno omo ch'ave seco li fiorini in gran quantitade.
Scena V
Arrivo alla Locanda
Messer Frescone rivolgendosi ad Algiso: «Parvemi codesto bono loco pella rinfocillatio. Sì, proprio adatto alle mie esigenze. Algiso lega li buoi sulla staccionata in fronte, io vo a domandare se essecci bona minestra e letto pella notte»
Algiso «Come comanda eo sior paron, sempre come comanda»
Scena VI°
Dentro la Locanda
Frescone: «La salute v'accompagni madonna locandiera, la si pole avere letto e bono desco pello mio sollazzo e magari un pezzo de cacio raffermo pello servitore mio?»
A tal domanda rispose tosta la bella locandiera, di nome Elisa Poppabona…
«Bona pace a voi messere. Certo che si pote avere, basta pagar che lo resto vien da sé. Codesta sera avesi ribollita, vino rosso e bono pane»
Frescone: “Mi garba assai di molto, fo portare dentro bagaglio”
Locandiera «Comando che ve preparino lenzuola fresche e catino con acqua. Son dieci scudi per onne iornata che rimanete in loco… e contate di rimaner molto?»
Frescone: «Du giorni almeno pe far riposar le bestie e pure quella bestia del mio servitore»
Locandiera: «Pagate subito messere? Sapete con codesti tempi non ci si può fidar di nessuno. Qualche giorno addietro fu appeso un editto che avvisa lde prestare attenzio alli farabutti et alli truffatori che par infestino la via per Bologna»
Frescone: «Cosa debbono sentire le orecchie mie, dopo onesta vita de mercante morigerato . State tranquilla madonna locandiera vi pagherò immantinente e per favore avvisateme per caso nei paraggi la ci fosse qualche truffatore. Il mio lavoro esige prudenza, fidatevi de me. Algisoooo porta la borsa colli quattrini»
Algiso: «Vegno, vegno sior paron, quanto ghe comanda da prender in scarsea?»
Frescone: «Venti scudi d'oro, pelandrone sbriga il passo e paga madonna locandiera collo dovuto”
Voce narrante
La notte
Messer Frescone così pagata pigione alla locandiera, mandato Algiso a dimorare nelle stalle, magnato e bevuto assai, salitte bello mbriago nella camera patuita pello meritato riposo.
Devesi dire pella curiosità dello gentilissimo lettore che messere era tipo focoso assai e d'abitudini avvezze alla porcilatio notturna. Inspecie quanno che la carne freme e la brace arde sullo foco.
Levatosi le calzate e indossato lo camicione pella notte principiò lo sonno, ma poscia ch'ebbe dormito ore due, la natura risvegliattesi ed eo fue preso da uno friccico in dove che lo sole non puote arrivare.
Discendette così de corsa le scale per cercare qualche servitrice della locanda che accondiscendesse alle sue voglie.
Nello scennere notò una de esse uscire da una piccola stanza accanto alla sua, in tal guisa ingrifato come uno grifo rapace, risalì de corsa pelli gradini, ansimando dallo desiderio.
Ahi noi messer Frescone boccheggiava per lo più pello portare su pesante ventre che pello disio.
Sfortuna volle che inciampasse andando a cader in una vasca sullo pianerottolo ricolma de scarti di olio e pece che addiveniva essere usata pello facere luce alle lampe.
Ma lo spirito della copulatio ardente assai fue e così bramosia prevalette in sulla disgrazia.
Non curandose dell'accaduto e tornando su, corse a infilarsi nello letto della serva, che inavvertitamente aveva lasciato la porta della stanza aperta.
Avendo tutto lo camicione impregnato de melma odorosa se mise tutto gnudo come uno verme, con le attribuzioni in bella mostra, in attesa della sua ignara serva.
Uno puzzo terribile che allo solo contar vien ribrezzo...
Però lo sonno principiò a divenire e messer frescone sprofondatte in rumori da far smovere lo pavimento.
Quanno che la figliuola aperse pella notte la porta della camera lo finimondo principiò.
Scena VII
La stanza da letto.
Fiorina la serva: «Cos'è codesta spussa e codesto frastuon, per le braghe del paron, ghe s'è topi in stanza, bestiasse maledette fora, veniete fora! Ohi, me sento venir meno. Uno attimo, ma l'odor vien de là, nello mio letto, si par proprio che ci sia uno maiale sudicio che dorme dentro!»
La serva si avvicina al letto e alza le lenzuola...
«Ah! Uno cristiano nudo come verme nello letto mio, colle stamberga de fora! Satanasso, me sento venir meno. Ohi, svegno!»
Messer Frescone svegliato dallo urlo della serva s'avvicinò pello aiutare, con tutte le campanella de fora, ma essa riavutasi e vedendo quell'omone ‘sì nero, panzone e puzzolente e con tali attributi pubblicamente esposti, urlò con tutto lo fiato a squarciagola: «Ah, aiuto, aiuto! Ghe s'è un omo in camera, correte»
Nello frattempo la sorella della locandiera, Matilda, che dormiva anch'ella de sopra nello sentire tanto urlare, preso uno grosso randello che usava pello battere la carne, se precipitò nella stanza e, veduto lo poveretto in tal condicioni, pensò fosse una anima dannata che vorria far preda de Fiorina.
Matilda: «Corro, cossa succede, uno omo gnudo nella stanza? Fiorina ciapalo pelle gambe, femo a tal porcon un sedere cossì nero che non potria scordarselo più. Tié ciapa sta bea botta»
Voce narrante
Carne da macello
Una serie di randellate s’abbattè sullo sventurato e tanto Matilda lo percuotette nello posteriore e nello basso ventre che lo mercante sventurato cadette svenuto che pareva uno pezzo di carne pronto pell’arrosto.
Fortuna volle che in gesto di pietade tiratogli addosso un secchio d'acqua per farlo riavere fu svelato lo sbaglio, apparendo egli bianco come un morto.
Messer frescone riavutosi dallo brutto spavento e tutto molle dalle botte ricevute tornò nella sua camera e s'addormì sfatto...
Ma la carne che risaputo esser debole assai, bussò nuovamente allo suo intelletto.
Alzatosi dallo giaciglio di repente scatto parve a lui di sentire dolce voce che provenia dalla camera in fianco, allor noncurante di tutto quello passato e ancor con le bassi parti doloranti, al lume d'una candela con far maldestro barcollante precipitossi verso quella ‘sì dolce vocina.
Tirò giù la porta e si lanciò come uno cinghiale sulla preda.
Ahi lui, non sapendo che dormia lì tal messere Giovanni Burzone Dallospirito, macellaro di Greve in Chianti cognosciuto da tutti come omo de gran forza e rude manipolatore de coltelli et altro, amante di pulzelle et anco in gran segreto de giovani pulzelli, anco egli in viaggio per affari… sui.
Scena VIII
Il macellaro
Giovanni «Oh messere voi mi tentate, or vi mostro le mie virtù nascoste se continuate in tal guisa a sfruguliarmi»
Frescone «Uhm qual bella ciccia fresca tocco e che sollazzo provo nel farlo,
lasciatevi prendere bel bocconcino»
Giovanni «Anco voi siete bello in carne venite allo piacere dunque»
Frescone «Sì, amor mio la vengo si...»
Giovanni «Che fate allora toccate, toccate pure è tutta ciccia bona»
Frescone «Bella, proprio bella ciccia… ma… ma, vu c’avete la stamberga tra le cosce!»
Giovanni «E certo, e pure bella...»
Frescone «Aiuto, madonna mia locandiera, salvatemi da codesto cinghiale»
Voce narrante
Fin de pennuto e ciccia di molto saporita poscia
Cosa succedette non puotesi dire, fatto sta che sicuramente ingrafato come uno grifone allo palio delle Oche de Monte di sotto, lo macellaro s'avvinghiatte allo povero e ne approfittatte della di lui virtù con forza disumana.
Alla fine dell'amorosa notte ello paria più una bistecca di manzo che un uomo. Più moribondo che mai rimboccò lo pianerottolo e mentre camminava tenendosi alle pareti, destino volle che ricascasse nella vasca di pria, sicché così ricoperto di pece, non vide anco la matassa di piume di gallina riposta in una tinozza e pure là andò a finire.
Ridotto in sembianze di tacchino senza panni indosso le scale a malapena scorse et in cerca di aiuto al bancone delle locanda scese.
Preso dalla paura e tutto ntronato come una campana si fermò puro a far bisogni corporali d'in sulle scale proprio in testa dello locandiere, marito della padrona e con tal gran sospiro di sollievo che parea arrivar dall'inferi.
Lo zelante uomo della locandiera, ch'avea fama d'esser uno tipo non molto sveglio ma di grande possanza fisica, preso su tutte le furie vedendolo scendere pensò fusse un'anima dello inferno venutolo a sé pisciare e schernire.
Lo afferrò e approfittò dello suo corpo per scacciare lo maligno, poi finito ch'ebbe gli dette puro una pioggia di randellate e vergate.
Messer frescone rimase accossì di molto inerme ‘n terra.
Nel frattempo la locandiera, ch’era pur gran ladra, aveva approfittato dell’assenza di messer Frescone dalla sua stanza per appropriarsi della borsa con i quattrini che ben l’allettava da molto sin quando che l’ebbe vista.
Pagato con bona mancia il servitore Algiso affinché non parlasse di tali fatti con anima viva, lo quale fu ben lieto di mandar a ramengo messer Frescone, provvide ben bene al povero commerciante.
Preso che l’ebbero, ignudo e pennuto, l’appesero a un albero di noci lungo la via che portava a Bologna…
Chissà se qualche bona anima l’abbia trovato e vestito con bone stoffe...




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Opera scritta il 14/06/2022 - 08:42
Da Jean Charles G.
Letta n.325 volte.
Voto:
su 2 votanti


Commenti


Grazie Genè un bel saccoccio de risate non guasta mai!

Jean C. G. 16/06/2022 - 09:00

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Una bella pagina teatral Boccaccesca Goldoniana, già letta altrove ma sempre divertente rileggere il povero Frescone di nome e di fatto, bravissimo!

genoveffa genè frau 14/06/2022 - 18:16

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Mi sembrava di essere a teatro...
sei eccezionale, Jean... grazie di cuore a te

Marina Assanti 14/06/2022 - 12:52

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E sì, carissima Marina ghe voe proprio un tocco de risate de codesti tempi e femo ciò che se puote per menar li denti fora delle labbra ciò. Un abbraccio e grazie di cuore per il commento!

Jean C. G. 14/06/2022 - 12:31

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Che dono meraviglioso...
mi commentavi la piccolina, mentre io qui me la godevo... grazie

Marina Assanti 14/06/2022 - 12:08

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Meraviglioso, fantastico... ho avuto più difficoltà a leggerlo perché non smettevo di ridere, che per il mio povero occhio.
Sei meglio di Boccaccio, Goldoni e Molière messi insieme.
Magnifico, magnifico... complimentissimi messere Jean, hai un grandissimo senso dell'umorismo che mi coinvolge (adoro Boccaccio e certe sue novelle sono uno spasso) e scrivi divinamente.
Hai proprio un gran dono, veramente, e ti ringrazio per condividerlo...
che spasso, troppo bello e la tua scrittura, poi...
Frescone è un nome perfetto per costui,
poareto...
Grazie di cuore

Marina Assanti 14/06/2022 - 11:54

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Oh, Jean, ho letto il prologo e sono tutta palpitante.... sono costretta essendo sotto intervento all'occhio malato, a spezzettare la lettura di questo tuo nuovo CAPOlavoro... torno, torno...

Marina Assanti 14/06/2022 - 10:12

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