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L’autore del Tomo 8:10

Non falsum testimonium dices




cap VIII- Estensione (come son io della follia, se ci sei batti un colpo)


Nel cortile vuoto un gomitolo rotola da chissà dove, e una foglia danza senza il vento. Come fa il diavolo sull’ultimo gradino delle scale, quello che non esiste.
I suoi due fratelli siedono nella penombra di un lampione spento, davanti allo scaleo dell’abbaino. Simone sente un odore familiare arrivare dal tomo, come a prenderlo per mano.
Il rumore prodotto dal suo cuore è simile a quello dei topi che scavano in soffitta, cercando di farsi strada dove non dovrebbero.
Ora il vento scarruffa le pagine di un quotidiano.
Giunge l’aurora col suo incedere lento, quell’odore se ne va simile a un lamento nel mugghio …


Sarei stato l’ombra di schiena
di un artista in una scatola,
se una notte di diciassette anni fa
non fossi nato.
La prefazione nelle mani di un librario
lì ad aprire adagio le porte d’una favola,
collezionista di ognuno dei tuoi sogni
forse lo sono sempre stato.


Avrei anche atteso su quella panchina,
figli miei, riposando l’anima sgualcita
-in fondo si respira da soli- se non
mi fossi innamorato della vostra vita.


Il ragazzo in bilico su di un piede, sospeso sulla linea dell’orizzonte senza la protezione di una cima
che ha fatto ritorno al monte e privo di veruna fune, ambula verso dove han la coda le comete e legge.


L’autore allo scrittoio di sghimbescio, privo dell’egida della rete tirata oramai a riva dal pescatore di stelle, l’attende.


Sui cinque righi, distanti tra loro sette semitoni, la combinazione si appende nell’intervallo di quinta giusta suonando insieme in un bicordo armonioso della scala diatona fondamentale in La di accordo.
La come L’a-utore.
Ora le due note si fondono insieme in una piacevole armonia nobile.
Mira la chiave di violino appagata l’amor che muove il sole immobile…



Ancora la ragnatela dai puntini di sospensione, e il gomitolo che riprende a correre e dipanarsi. E la donna dalle vesti nere che questa volta tesse come fa il ragno <L’hai fatto di nuovo, autore… chi legge vuol sapere cosa accade nel tomo>.


<<Consonanza perfetta…>> mormora da un quadro ottocentesco coperto solo in parte da un lenzuolo il ratto tatuato sull’avambraccio dell’angelo di Lucifero <<…o solo sconforto in ottava>>.


Riposa la rugiada, che altro non è che una lacrima.
Lasciate scendere quella lacrima, che possa nascondersi attorno alla cera. In ginocchio, nel rispetto di una candela. A mani giunte, l’anima.
Dialogando rumorosamente col cielo ci incontreremo alla fonte dei vostri occhi, figli miei. Lì vi asciugherò l’emozione nel vibrato di una carezza.


La bontà d’animo di chi scrive e di chi si prende la briga di leggere sta nel sedersi uno affianco all'altro di qua e di là dall’ansa, dispensa fierezza la ‘bella parola’ e annulla la distanza…


Si muove irrequieta la lampadina della soffitta schiaffeggiata dal vento, Simone ora dorme avvolto dalla giacca. Sussulta la polvere su una bambola di pezza.


Quella sera alla locanda l’odore di foglie gialle e pioggia delle caldarroste impregnava le narici, e gli occhi saturi di domande di Benedetta cercavano risposte. Quelli plumbei di Samaèl, l’attenzione dell’autore che stava lì seduto a fissare qualcosa che teneva tra le mani.


Non vi spingerò per ora a legger altro nel tomo, se non a margine di una pagina in parte strappata qualcosa che assomiglia a un ultimo pensiero dell’autore


“Certe volte guardo scorrere l’acqua dal rubinetto, e con lei l’ansia scendere nello scarico. Faccio non poca fatica a vivere la quotidianità seduta nei miei scritti, capita che le parole non appena provo cauto a togliere dal foglio la penna camminino via simili a tante formichine. E quello torna bianco, è irritante. Riappoggio la punta, ed eccole balzellare di nuovo vicine vicine.
Solo un cenno, bentornata ispirazione”.


Sotto il calco muffo dove c’era l’insegna Della Cannella, prese coraggio Benedetta -Samaèl, quel cilindro che ingoiò Lucifero tra le foglie cadute… io c’ero. E ti vidi chiudere il sigillo…-.
«Ci illudemmo di vederlo! Non fu sufficiente abbandonare l’idea di credere nel diavolo.
Questa volta non toccherà a te accompagnarmi, ci vorranno ben altre forze…».


L’autore osservava lo schermo spento di un tablet, fermando su un foglio a grafite



…certe volte dal trapezio dietro al cuore si libra tra le braccia dei fili della luce nella strada la mia follia…






Che si tratti dell’angelo
inviato dal Padre celeste
o nell’ombra
tetra figura in sottoveste,


fa paura la morte






non dire falsa testimonianza




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Opera scritta il 20/03/2023 - 05:50
Da Mirko D. Mastro
Letta n.371 volte.
Voto:
su 3 votanti


Commenti


Raccontaci autore che noi vogliamo sapere ... ma soprattutto comprendere che cosa accade nel tomo ... e senza nascondere le parole dentro i pensieri in sospeso...

Maria Luisa Bandiera 20/03/2023 - 11:31

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Splendido!
E' pregno di Poesia, le immagini sono particolarissime originali e coinvolgenti... e commoventi!
Ogni tuo scritto, un'emozione!
Complimenti, Mastro Poeta...

Marina Assanti 20/03/2023 - 11:24

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E lessi tanti piccoli versi in unica poesia, dove la follia si posa per altri, per alcuni è solo benefico sollievo, i creativi san ben cos'è quel gomitolo che si spana e si dipana come un pane tra le mani.È necessario come l'aria tra le labbra. È come leggere Poe, ma in meglio!! Grazie Autore.

Anna Cenni 20/03/2023 - 08:09

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