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Lacrime nascoste dentro

Era un mattino come tanti altri, con il sole che filtrava debolmente attraverso le nuvole, quando la paura si annidò nel mio petto, un ospite indesiderato che decise di restare. Il bullismo, una parola che fino ad allora avevo sentito solo nei discorsi degli adulti o letto sui libri, divenne la mia quotidiana realtà, un abisso che mi inghiottì senza preavviso.


Ero diventato il bersaglio preferito di Luca, un compagno di classe che, per ragioni a me sconosciute, aveva deciso di rendere i miei giorni un inferno. Ogni giorno, come un orologio puntualissimo, le sue parole taglienti come lame mi colpivano, lasciandomi ferite invisibili ma profonde. Le risate dei miei compagni, che facevano eco alle sue parole, erano come sale su queste ferite.


La scuola, un tempo luogo di scoperta e apprendimento, si trasformò in una prigione dalle mura invisibili. I corridoi, un labirinto in cui ogni angolo poteva nascondere un nuovo attacco, un nuovo insulto. L'ombra di Luca si allungava ben oltre i confini della scuola, raggiungendomi attraverso i messaggi sul mio telefono, rendendo ogni spazio, ogni momento, privo di sicurezza.


La paura addosso, mi costrinsi in un silenzio pesante, un muro eretto tra me e il mondo esterno, nella vana speranza di diventare invisibile, di sfuggire agli occhi predatori. Ma il silenzio, invece di proteggermi, divenne la mia prigione, isolandomi non solo dai miei aguzzini ma anche da quelli che avrebbero potuto tendere una mano.


Ci volle tempo, lacrime nascoste sotto le coperte di notte, e la forza che non sapevo di avere, per infrangere quel muro di silenzio. Parlai, prima con voce tremante, poi sempre più sicura, trovando ascolto in coloro che avevo temuto non mi avrebbero compreso. Gli insegnanti, i miei genitori, alcuni amici, divennero i miei alleati, formando un cerchio di protezione che lentamente iniziò a scalfire le mura della mia prigione.


Il bullismo non scomparve dall'oggi al domani, ma ogni parola di sostegno, ogni gesto di incoraggiamento, era un mattone rimosso da quella prigione. Imparai che la paura, pur avvolgendomi come un mantello pesante, non doveva definire chi ero. Che dietro l'angolo, c'era sempre spazio per la speranza, per la luce.


E così, passo dopo passo, giorno dopo giorno, riuscii a lasciarmi la paura alle spalle. Non dimenticai mai le lezioni apprese in quei giorni bui, ma imparai a camminare con la testa alta, sapendo che, anche nei momenti più bui, la forza per combattere e per vincere era sempre stata dentro di me.




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Opera scritta il 02/05/2024 - 13:19
Da Umberto Palazzolo fischietto
Letta n.417 volte.
Voto:
su 2 votanti


Commenti


Bella scrittura, analisi di stati d'animo e chiusa di speranza e verità. Molto piaciuta.

Anna Cenni 03/05/2024 - 17:23

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