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Mosè e le tavole della legge

Mosè e le tavole della legge


Consapevole che la trattativa sarebbe stata lunga e snervante, Mosè si alzò al sorger dell’alba, salutò Sefora e, dopo aver duramente redarguito il suo popolo dicendo loro di non combinare casini in sua assenza, s’incamminò sul sentiero del monte.
Appena raggiunta la cima del Sinai, si sedette sopra una roccia e guardando il cielo iniziò a trattare con Dio.
«Cento mi sembrano francamente un po’ troppi, mio Signore», obiettò Mosè, opponendosi alla prima richiesta del suo Dio.
Dio, dopo una breve riflessione, convenne che: «Effettivamente, per contenerli tutti, le due tavole dovrebbero essere alte perlomeno due metri. Non riusciresti mai a trasportarle a valle… Nessuno ce la potrebbe fare, ci vorrebbe un grande elicottero da trasporto».
«Cos’è l’elicottero?» chiese Mosè.
«No, niente, dimentica l’elicottero; se anche lo facessi apparire ai tuoi piedi, non lo sapresti pilotare… E se invece che due, ne incidessi venti, di tavole?»
«Portando due tavole alla volta, fanno un totale di dieci viaggi!» sbottò Mosè dopo un rapido calcolo mentale, spaventato dal numero di viaggi da compiere su e giù per il sentiero del monte. «Mio Signore, sono vecchio, già al secondo viaggio schiatterei.»
«Uhm! Vediamo… se riducessi i caratteri, potrei farceli stare in dieci tavole… che te ne pare?»
Mosè scrollò il capo. «Niente da fare. Cinque viaggi su e giù dal monte sarebbero comunque sempre troppi. O si fa con due tavole, riducendo i comandamenti, o non se ne fa niente!» s’impuntò. E prima che Dio trovasse il tempo di ribattere, aggiunse: «E poi i caratteri devono essere grandi: i sacerdoti son tutti vecchi bacucchi mezzi guerci».
«Allora facciamo cinquanta e non se ne parli più!» rilanciò Dio.
«Noo, non si può fare mio Signore. Lo vuoi capire che più di dieci non ne posso accettare?!»
«Mosè!» tuonò Dio. «Guarda che ti pianto in asso in mezzo al deserto, tu e il tuo popolo!»
«Fai come meglio credi, mio Signore!» ribatté Mosè senza farsi intimorire da tuoni e lampi scagliati contro il monte.
Dio si calmò, tuoni e fulmini cessarono. «Ok. Facciamo venticinque, non uno di meno… questa è l’ultimissima offerta, non ce ne saranno altre!»
«None… Mio Signore, proprio per venirti incontro, facciamo dieci… più l’incipit.»
«Più che?!» tuonò Dio.
«L’incipit: una frase, una nota scritta a capo del testo.»
«Vuoi insegnare al tuo Dio? Lo so cos’è l’incipit!»
«Mio Signore, chiedo venia…»
«Ecco, bravo, chiedi venia e statti un po’ zitto che devo riflettere!» lo redarguì duramente Dio, interrompendolo.
Passarono più di cinque minuti prima che Dio decidesse il da farsi. «Va bene, facciamo dieci comandamenti, più quello che tu chiami, incipit.»
«Io sono il signore Dio tuo!» tuonò incidendo la frase nella roccia.
«Questo è il primo comandamento?» chiese Mosè guardando la roccia.
«Mosè! Mosè! E’ l’incipit, no?! I comandamenti arrivano adesso!» rispose sbuffando Dio. E subito dopo tuonò: «Primo! Non avrai altro Dio all’infuori di me!»
«Mah! Questo era già sottinteso nell’incipit!» esclamò stupito Mosè. Poi, vedendo un fulmine cadere accanto ai suoi piedi, aggiunse: «O no?»
«Diciamo che ho voluto ribadire, rafforzandolo, il concetto», rispose Dio. E subito dopo tuonò nuovamente: «Non nominare il nome di Dio invano!»
Mosè appoggiò, incrociandoli, gli indici contro le labbra, scosse il capo e non proferì verbo.
«Ricordati di santificare le feste!» rituonò Dio.
«Seguire questo comandamento, sarà per me e il tuo popolo un vero piacere!» esclamò allegro Mosè.
«Forse non hai ben compreso il senso del comandamento… Guarda che non significa far bagordi, e neanche poltrire tutto il giorno!» precisò Dio, spegnendo il precoce entusiasmo di Mosè.
«Onora il padre e la madre!» tuonò subito dopo.
«Beh, qui sfondi una porta aperta. Questo comandamento l’ho seguito da sempre: pensa che ho lasciato una vita principesca nel palazzo del faraone, per andare a stare, da schiavo, in una catapecchia con mia madre…»
«Basta così! Con chi credi di parlare! Conosco la tua e tutte le alte storie dell’umanità!» lo interruppe, infervorandosi, Dio.
«Non uccidere!» tuonò ancora.
«E come si fa a conquistare la terra promessa senza combattere?» chiese Mosè mettendo su uno sguardo a dir poco perplesso.
«Io sono qui per insegnarti i comandamenti, non la strategia militare», rispose Dio.
«Sì, ma se le tribù autoctone ci attaccheranno, dovremo pur reagire, o no?»
Dio sbuffò. «Senti, Mosè, tu fai quello che devi fare, io farò finta di non vedere. Va bene così?»
«Va benissimo! Ora so come agire.»
«Non commettere atti impuri!» tuonò ancora più forte Dio.
«Ehm! Qui tocchi un tasto dolente. Ci sono un sacco di giovani e graziose donne che vivono in promiscuità con noi, la tentazione di provare qualche approccio è forte, difficile da tenere a bada», gli fece presente Mosè con un tono tra il contrito e il deluso.
«E tu, quando senti la tentazione rincorrerti, scappa da solo in mezzo al deserto… Poi vedi tu come calmare i bollenti spiriti.»
«Intendi… con un solitario?» chiese Mosè, sventolando la mano destra con le dita chiuse a cannocchiale.
Un fulmine sfiorandogli i genitali cadde fra i suoi piedi. «Ho capito… ho capito… chiedo venia», biascicò Mosè.
«Non rubare!» tuonò brevemente Dio.
«Questo per ora è facile da seguire. Oltre al tesoro razziato agli egiziani… ma questo non conta, vero? Oltre al tesoro, dicevo, custodito dai sacerdoti e da guardie armate fino ai denti, non possediamo un soldo bucato», disse Mosè usando un’ironia sottile.
«Non dire falsa testimonianza!» tuonò Dio.
«Non sarà facile inculcare questo concetto; scusa, volevo dire comandamento, nella mente di chi deve essere ascoltato e giudicato da un giudice… imparziale?» commentò Mosè, chiosando esprimendo il suo personale dubbio sull’imparzialità dei giudici.
«Sta a voi scegliere giudici al di sopra di ogni sospetto, in modo che chi dovrà essere giudicato, sentendosi tutelato possa esprimere in modo veritiero la sua versione», lo istruì Dio.
«Non desiderare la donna d’altri!» tuonò subito dopo.
«Ho capito… giacerò accanto a Sefora fin che campo», commentò un abbacchiato Mosè.
«Non desiderare la roba d’altri!» tuonò per l’ultima volta Dio.
«Anche questo facile da seguire, per ora. Più difficile sarà farlo quando la ricchezza inizierà a circolare, in maniera disuguale, fra la gente», concluse Mosè sospirando.
«Le leggi sono state incise nella pietra per essere seguite in ricchezza e in povertà. Ora prendile e vai di corsa dal tuo popolo, che sta combinando uno di quei casini che te li raccomando», chiosò Dio staccando le tavole dalla parete di roccia, prima di andarsene in mezzo a uno sfarfallio di tuoni e fulmini.
Mosè prese le tavole e iniziò a discendere il monte, inconsapevole della poco piacevole sorpresa che lo attendeva a valle.


FINE




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Racconto scritto il 22/09/2018 - 18:55
Da vecchio scarpone
Letta n.822 volte.
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Commenti


Una trattativa molto seria, oserei dire decisiva per chi crede, raccontata con un pizzico d'ironia senza per questo voler essere blasfemo. Ti ringrazio.
Ciao Patrizia
Giancarlo

vecchio scarpone 23/09/2018 - 20:38

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Scritto molto bene.Un evento biblico narrato con linguaggio simpatico. Complimenti

Patrizia Lo Bue 23/09/2018 - 04:33

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