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PER LA FIGLIA DEL FORNAIO

Il curato che esce dalla porta cigolante della chiesa procede a passo fiacco, senza tuttavia strascicare i piedi. I calzari di cuoio non nascondono la pelle scarna tesa sopra ossa che sembrano essere state separate dai muscoli. Avanza con cautela attento a non inciampare nei bordi seghettati delle lastre di pietra. Un pastore tedesco mi fissa, attento a ogni mia mossa e solamente quando capisce che il mulinare della mano che stringe la stilografica è innocuo, ritorna a ignorarmi.
Il sacerdote raggiunge il culmine del sentiero e fa un gesto all’animale che lo segue docile per vegliare sul suo cammino. Quando passa davanti a me rallenta e sbircia alla sua destra. Una lacrima sul volto incartapecorito dove oltre a quel luccichio risaltano gli occhi cerulei, limpidi, scattanti nonostante l’età avanzata. Mi affretto ad affiancarlo senza curarmi di venire azzannata dal suo angelo custode.
- Mi scusi, si sente male?
Mi punta immediatamente, per nulla rallentato nei riflessi. Si asciuga il viso e sorride.
- Temo che lei mi abbia colto in peccato.
Scuoto la testa alla ricerca di una motivazione, incespico nelle parole. Lui addita la piccola radura fra gli alberi dove un tappeto soffice accoglie un gioco di luci e ombre.
- Lì, proprio su quei sassi, mi fermavo a vent’anni ad aspettare la figlia del fornaio che andava a Messa. Ero innamorato. Naturalmente non ero ancora prete, ma giovane sì, ricco di speranze che illuminavano il futuro. Un domani mio e di Maria.
- E …
Lui riprende a camminare, io lo seguo.
- Si ammalò gravemente. Giurai di scappare di casa ed entrare in convento se il giorno di Natale non fosse guarita. Mancavano tre mesi, c’era tempo.
L’incanto del racconto mi costringe a trattenere il respiro perché lui, sessant’anni dopo, è lì con l’abito talare.
Sospira e il suo sorriso trascolora in una risata lieve.
- Lei guarì, oh, se guarì. Però a Natale non andò a Messa perché si incontrò di nascosto con il fabbro.
Ci guardiamo e scoppiamo a ridere.
Al cancello che delimita lo spazio della chiesetta di montagna lo lascio uscire per primo assieme al cane. Oltre lo steccato di legno un cenno di saluto prima di prendere due sentieri diversi.



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Racconto scritto il 30/06/2015 - 10:55
Da Magia 66
Letta n.1762 volte.
Voto:
su 2 votanti


Commenti


A Roberto,
grazie!Forse il genere pseudo umoristico lo devo riprendere in considerazione

Magia 66 02/07/2015 - 16:56

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brava, mi è piaciuto.

Roberto Colombo 30/06/2015 - 19:42

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