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il soprammobile

Era una sera come tante, solo che quella volta decidemmo di folleggiare e andammo in discoteca, non sono solita frequentare certi posti, ma di certo non disdegno un po' di divertimento con le mie amiche.
Ad un tratto, una mia amica, mi fa notare che dall’altro lato della pista c’era un ragazzo che mi fissava insistentemente, e li lo notai: non si può dire che non fosse bello: alto, moro, con un bel fisico asciutto ed un bel volto; la cosa che lo caratterizzava di più era lo sguardo: magnetico, profondo, come se il baccano, la musica, o tutta l’altra gente non potesse minimamente distoglierlo dal fissarmi.
Lo guardai sorseggiando dalla mia cannuccia e lui mi accennò un sorriso, poi mi voltai dalle mie amiche ed erano tutte li in parata, che mi spronavano ad avvicinarmi, io un po' mi vergognavo, ma alla fine, pensando che fosse una situazione accattivante mi voltai di nuovo verso di lui.
E lui era già al centro della pista diretto verso di me, che continuava a fissarmi dritto negli occhi.
Fu semplicissimo, mi chiese di ballare ed io accettai, lui mi prese la mano e ci avviammo a centro pista, io mi voltai dalle amiche per fargli una smorfia e loro tutte felici mi continuavano a incitare, arrivati a centro pista quello sguardo mi pervase e nei pochi scambi di parole per fare un accenno di conoscenza tutto sembrava superfluo, non riuscivo a distrarmi da quegli occhi.
Era davvero bello, carismatico e si sapeva anche muovere, quando si avvicino per strapparmi un bacio clandestino io mi allontanai di riflesso, ma poi pensai, che non ci fosse nulla di male alla fine.
E così dopo essermi allontanata lo fissai come se avessi fame di quel gioco intrigante che stavamo facendo e feci un piccolo cenno verso di lui, li mi bacio per la prima volta; un bacio di un secondo, seguito da altre chiacchiere, risate, un abbraccio e poi un bacio più lungo, ma mai invadente o esagerato, era tutto perfetto.
Ero felice, inebriata, mi chiese di uscire per prendere un po' d’aria e fumare una sigaretta, io acconsenti, avevo perso di vista le mie amiche, che stavano ancora facendo baldoria.
Una volta fuori mi spinse delicatamente alla parete accanto alla porta del locale e mi diede un bacio davvero da mozzare il fiato, inaspettato e molto passionale, anche troppo, tanto che gli dissi di andarci piano e non esagerare, lui si scuso e sorridendomi mi accompagno alla macchina, io già avevo capito le sue intenzioni o almeno credevo, sorridendo gli spiegai che non volevo correre in quella direzione e che avrei preferito gustarmi la serata un passo alla volta.
Non notai che camminavamo in una direzione che ci allontanava dalle luci e che in pochi passi eravamo soli in un parcheggio pieno di macchine vuote.
Mi tirò a se con determinazione appoggiandosi con le spalle ad un furgone e mi bacio ancora, io lo lasciai fare, ma quando le sue mani mi strinsero troppo le spalle, cercai di allontanarlo, lui si stacco incredulo, mi fisso come se non capisse il mio atteggiamento, mi fece un sorriso maligno e voltandosi mi sbatte di spalle al furgone, io mi lamentai della sua irruenza, ma lui mi fu addosso e i baci divennero forzati, io gli dissi di smetterla e subito, ma li la situazione degenerò: mi afferrò con forza per il collo spingendomi sul furgone e chiudendo il pugno di fronte al mio viso mi disse che se non stavo zitta mi avrebbe sfondato la faccia a cazzotti, io ero atterrita, iniziò a baciarmi il collo e la bocca, sempre tenendomi saldamente la gola, io non riuscivo a reagire volevo urlare, ma la voce era strozzata, quando iniziò a toccarmi la io feci uno scatto, ma lui mi ripete all’orecchio di starmi ferma, che tanto lui sapeva che anche a me andava e che ero una schifosa troia come tutte le altre.
Non so per quanto continuo in quella condizione, secondi forse minuti, a me sembrò un eternità, poi un rumore distolse la sua attenzione e lui in un attimo corse via, mi fisso per una frazione di secondo e mi disse, ringhiando quasi, che se avessi detto qualcosa sarebbe tornato e mi avrebbe strozzato con le sue mani.
Io restai li e solo all’arrivo di quei ragazzi riuscì a scoppiare a piangere, un pianto liberatorio, non so come mai non seppi fare nulla prima, ne urlare ne reagire, ne scalciare, ero così terrorizzata e spiazzata che non feci niente, gli permisi di divertirsi a suo piacimento, gli concessi quello che voleva: un oggetto, senza sentimenti, senza diritti, senza volontà, un oggetto, al pari di un qualunque soprammobile inanimato.
Non mi capacito di come posso essere stata così sprovveduta, ma ancora di meno mi capacito di come un essere umano possa essere capace di un gesto così repellente, nulla mi farà mai recuperare quello che mi ha tolto, ma di sicuro qualcosa l’ho acquisita, la consapevolezza… la consapevolezza che non permetterò mai più a nessuno di trattarmi come un oggetto, perché sono un essere umano e preferisco morire, come tale che vivere anche solo un altro secondo come un soprammobile inanimato.



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Racconto scritto il 13/10/2015 - 03:05
Da Clelio D'ostuni
Letta n.1189 volte.
Voto:
su 2 votanti


Commenti


grazie per il voto ...spero tu abbia gradito ...me lo sono votato pure io non tanto quanto te

Clelio D'ostuni 17/10/2015 - 15:57

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