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16 Giugno 1944 - Seconda Parte

Per un po' gironzolò nella sala, poi, non riuscendo a trovare la calma che avrebbe desiderato, andò in cucina a lavare i piatti.
Pochi minuti più tardi Soffio interruppe il suo daffare per reclamare l'apertura della porta della veranda e quando poco dopo rientrò fece il solito giro della cucina per controllare che la ciotola fosse ben vuota, quindi scodinzolando soddisfatto prese la via delle scale. Chiusa nuovamente la porta Fred salì di sopra e passando davanti la camera di Cristi si affacciò per sentire se avesse bisogno di qualcosa, ma lei già dormiva abbracciata a Soffio.
Entrò in punta di piedi andando a sedersi in fondo al letto. Poi, quando capì che riposava tranquilla lasciò la stanza mormorando
– Dio dalle tutta la forza di cui avrà bisogno
Le prime ore di quella interminabile notte furono per lui le più difficili da trascorrere. Rimase disteso sul letto con gli occhi sbarrati sul soffitto tentando di contenere la valanga di sensazioni che lo turbavano.
Mille volte rivolse lo sguardo alla pendola per vedere quante ore lo separassero dal momento d'incontrare nuovamente i suoi occhi, scoprendo ogni volta che ciò lo spaventava.
E quando cedeva alla stanchezza, i rintocchi della pendola lo estraevano, ogni volta, da quei sonni agitati e colmi di commozione.


Quando si svegliò era giorno fatto. Si vestì in fretta riuscendo persino a rovesciare il catino dell'acqua sul pavimento.
Cristi era già nella sala impegnata in una delle solite interminabili lotte con Soffio e quando lo sentì scendere si alzò andandogli incontro con il solito splendente sorriso per stampargli sulla fronte il solito schioccante bacio.
– Fai in fretta a fare colazione, ho già tirato fuori il trattore, ti aspetto al campo – Disse lei uscendo di corsa sulla veranda seguita da Soffio
– Ehi aspetta! – Gli urlò lui dietro
Già in giardino Cristi si arrestò voltandosi
– Cosa c'è? – Chiese gridando
– Nulla! – Rispose lui osservandola riprendere la corsa – Volevo sapere come stavi – Borbottò sicuro che non l'avrebbe udito


Quando più tardi raggiunse i campi, Cristi era sul trattore seguita da una nube di polvere. Si fermò ad osservarla e gli venne da domandarsi dove fosse finito quel minuscolo pulcino e di chi fosse quel corpo sfavillante in tutta l'incontenibile bellezza dei suoi dodici anni e di chi fossero quei lunghi capelli neri legati sul retro del capo da un nastro colorato e di chi quel volto brunito dal sole e quei grandi occhi verdi capaci di commuovere anche le pietre.


Quando il trattore gli passò accanto lei lo salutò con la mano e senza fermarsi gli gridò
– Dai dormiglione, datti da fare!
Per il resto della mattina la sentì cantare a squarciagola e quando l'ombra del suo cappello gli finì sotto le scarpe Fred interruppe il lavoro avviandosi al capanno.


(A proposito del capanno. La sua storia è talmente singolare che vale la pena d'essere raccontata, a patto però che mi sia concesso tornare ai primissimi giorni in cui Cristi iniziò a lavorare nei campi.
Fu pressappoco in quel periodo che propose a Fred di erigere un capanno nei campi per evitare di doversi trascinare dietro, ogni giorno, gli attrezzi e soprattutto per avere un luogo dove procurarsi un po' di refrigerio nelle calde giornate d'estate o ripararsi durante gli acquazzoni autunnali.
Fu tale l'entusiasmo con cui perorò quella causa che Fred acconsentì lasciandole piena libertà nel realizzare il progetto.
Immagino sia facile intuire come quell'incarico seppe accendere la sua fin troppo fervida fantasia. Seppe talmente coinvolgerla da dedicare molte ore della notte a progettare e a disegnare ciò che iniziò a chiamare «il mio capanno». Per non parlare poi delle ispezioni che fece in tutta la proprietà per stabilire il luogo dove sarebbe dovuto sorgere e quando finalmente trovò l'ubicazione migliore, la recinse con paletti infissi nel terreno.
Purtroppo per un serie di contrarietà quel capanno fu edificato soltanto durante la primavera del 1943, ovvero nel periodo in cui Cristi visse nella casa di Mary.
Infatti fu proprio per superare la spirale di apatia in cui era sprofondato che Fred decise di tirar su il capanno utilizzando gran parte del legname di riserva.


Nulla di straordinario penserete voi, beh, non fu proprio così, poiché se soltanto avesse immaginato, che averlo edificato sarebbe stata la prova generale della fine del mondo, sicuramente avrebbe evitato con cura di accostarsi a quel fazzoletto di terreno. E non è davvero un eufemismo affermare che si trattò della fine del mondo, tanti furono i tuoni, fulmini e saette che risuonarono nella valle quando, tornata ad essere la meravigliosa Cristi, si recò per la prima volta nei campi e vide il capanno nel bel mezzo del terreno che lei aveva recintato.
Tra loro erano state infiniti liti, ma quella per il capanno fu la più grossa e la più rumorosa in senso assoluto e a nulla valsero le giustificazioni che il povero Fred tentò di farle intendere.
In quella occasione Cristi batté due record, si arrabbiò come non le accadde mai più di fare in tutta la sua vita e riuscì a farlo per ventiquattro ore di seguito senza mai smettere di urlare e borbottare.
Ad ogni modo, trascorso quel tempo, ma soprattutto comprendendo che tutto quell'urlare non avrebbe potuto cambiare ciò che era stato, commise la sciocchezza più grossa della sia vita; giurò che non avrebbe mai messo piede in quell'affare. Così definì il capanno.
Il giorno successivo la fine del mondo, era tutto dimenticato, le urla, le parole grosse, il muso lungo, tutto scomparso e il loro rapporto tornò ad essere quello di sempre, tranne che su un punto, da allora e per tutti i giorni che seguirono, lei consumò la sua colazione seduta sulla panca fuori del capanno, sia che piovesse o vi fossero trenta gradi di calore)


Appena dentro il capanno Fred si trovò di fronte alla grande panca apparecchiata di tutto punto, con le posate e i piatti in bell'evidenza e al centro un mazzolino di fiori raccolti nei prati li attorno.
Fingendo sfacciatamente di non aver notato ne la panca e ne tanto meno il resto, rivolgendosi a lei, che seduta fuori del capanno dissimulava ancora più sfacciatamente qualsiasi interesse ad una sua possibile reazione, domandò
– Cosa hai preparato oggi?
– Lo vedi da te, è sulla panca
– Tutta questa roba? Accidenti, devi aver lavorato tutta la notte
– L'ho preparata stamani mentre tu dormivi
– E cosa hai preparato?
– Una squisita zuppa di verdure, formaggio, uova bollite come piacciono a te, pane... A proposito ne abbiamo ancora per un paio di giorni. Ho portato anche del sidro di mele, cosa ne dici, va bene?
– Cos'è la festa di qualcuno? – Borbottò lui
– No, mi andava così! Ho fatto male?
– No no! Però ho l'impressione di percepire odore di bruciato
– Smettila di borbottare, mangia e dimmi se è di tuo gusto. Se hai bisogno di qualcosa non hai che da chiamare
Fred assaggiò la zuppa rumoreggiando con la bocca e sapendo che lei non avrebbe approvato si voltò certo d'incontrare il suo sguardo severo
– Ehi pulcino! – Chiamò
L'eco della voce non si era ancora spento che era già al suo fianco
– Vuoi qualcosa? – Chiese lei facendo saltare tra le labbra un filo d'erba
– Tu non mangi?
– Sto mangiando
– Perché non ti siedi e mi fai compagnia?
– Naaa!
– Pensavo che avresti potuto darmi una mano
– Vuoi che mangi qui con te?
– Beh, capisco che fuori si sta d'incanto, ma se volessi farmi un po' di compagnia te ne sarei grato
– Perché?
– Sono stanco di mangiare sempre solo, m'intristisco. Ti andrebbe di fare un po' di compagnia ad un vecchio brontolone?
– Stai scherzando?
– Perché dovrei?
– Dopo quanto ho detto di questo capanno?
– Hai detto cosa? Non ricordo
– Ho giurato che non vi avrei mai messo piede
– Hai fatto un giuramento in piena regola?
– Certamente
– Con la mano sul cuore?
– Dovevo mettere anche la mano sul cuore?
– Mi pareva di avertelo detto, se non si mette la mano sul cuore il giuramento non ha alcuna validità
– Naaa! Non l'hai mai detto, bugiardo
– Davvero? – Mormorò lui scuotendo il capo – Sto proprio invecchiando
– Non darti pena, non lo sei ancora del tutto
– Beh, ad ogni modo è soltanto colpa mia e se vuoi puoi rifare il giuramento
– Posso?
– Certamente! Tu non hai nessuna colpa
– E vale? Voglio dire, ha valore rifare un giuramento dopo tanto tempo?
– Altro che!
– Naaa, ma che cavolo dici, il mio giuramento è valido e tu lo sai bene. Sei un imbroglione
– Beh, allora spiegami cosa ci fai dentro il capanno
– Io non sono entrata
– No? Allora perché mi pare di vederti al mio fianco?
– Io sono qui soltanto perché tu mi hai chiamata, porca vacca!
– Un momento, tu dici di essere qui soltanto perché ti ho chiamata?
– Perché, a te non risulta?
– Sai che hai ragione... sono stato proprio io a chiamarti
– Porca vacca sta a vedere che stavolta ho ragione
– Intendi dire che lo hai fatto per me?
– Mi pare evidente
– Quindi se ora ti chiedessi di sedere al mio fianco, lo faresti?
– Beh... Si, certamente
– Uhm... e per quale motivo?
– Perché... Ma cosa t'importa, sono affari miei
– Non hai risposto alla domanda
– Accidenti Fred ma perché vuoi saperlo?... E va bene! Lo farei perché mi sentirei obbligata ad obbedirti
– Hai detto obbligata?
– No... scusa mi sono espressa male, intendevo dire che non ce la faccio più a mangiare standoti lontana
– Oh! E ne conosci la ragione?
– Certo che la conosco, però non te la dico
– Ad ogni modo tu non hai nessun obbligo nei miei confronti. Potresti anche rifiutarti
– Caro il mio furbacchione, se vuoi proprio sapere come reagirei non devi far altro che chiedermelo
– Lo sai che siamo due figli di cane?
– Cosa vuoi che non lo sappia?
– E quindi mi pare ovvio che se vogliamo vedere come va a finire questa storia dovrò chiederti di sederti e mangiare con me
– Immagino di si – Rispose lei illuminando il viso di un sorriso impudente
– Beh, allora siediti e mangia... Perché non ti siedi? – Domandò lui vedendo che lei non si decideva a muoversi
– Sei proprio certo di aver usato il giusto tono di voce? – Chiese lei
– Sembrava un ordine, vero? – Borbottò lui reprimendo un sorriso
– Direi proprio di si
– E se confessassi di sentire la tua mancanza mi crederesti?
– Non lo so, però puoi provare a farlo
Fred si schiarì la voce un paio di volte
– Beh, ecco, forse non lo crederai, ma senza la tua compagnia mi si annodano le budella e non credo che tu voglia questo, vero?
– Certo che no! – Esclamò lei scoppiando in una risata e fuggendo fuori
– Ehi! Dove te ne vai?
– Torno subito, vado a cercare Soffio


Poco dopo rientrò nel capanno con il gatto tra le braccia e un sorriso sul volto così grande da fare invidia ad un clown.
Com'era sua abitudine parlò senza sosta, facendo forse rimpiangere a povero Fred di averla invitata e quando lui andò a sedersi fuori del capanno lanciando in alto boccate di fumo, lei si sdraiò all'ombra di un albero guardandolo compiaciuta.
– Cos'hai da guardare? – chiese lui notando l'insistenza dei suoi sguardi
– Non riuscirò mai a capirti. Se fossi stata io al tuo posto non ti avrei mai più permesso di tornare a mangiare nel capanno
– Non dire balle, lo avresti fatto anche tu
– Perché l'hai fatto? – Chiese con un evidente intento
– Perché ti adoro e il solo fatto di non sentirti vicina mi fa star male – Rispose lui comprendendo quale risposta lei desiderasse avere
– Erano anni che attendevo di sentirtelo dire – Mormorò lei tentando di mascherare il rossore che le aveva imporporato il volto
– Per quanto mi riguarda saresti potuta entrare e sederti al tuo posto senza bisogno di tante storie
– Lo so, ma tu cosa avresti pensato di me?
– Credo sia ora che tu impari una regola molto importante... In amore non esistono se o ma...
– Oddio che stupida sono stata... prima o poi il mio orgoglio mi farà combinare un pasticcio più grande di me... Scusami Fred, ma tu dovresti sapere come sono fatta, mi era sembrato fosse più importante tenere fede a un giuramento
– Più importante di me?
– No, non esiste nulla più importante di te, ma cosa posso farci se sono una gran testona
– Intendi dire che se non te lo avessi chiesto non saresti mai più entrata?
– Ho paura a darmi questa risposta
– Certo che ne hai di difetti da correggere
– Si lo so, però anche tu non scherzi
– Quali sarebbero i miei?
– Ad esempio fumare la pipa?
– Non è un difetto fumare la pipa
– Ah no? E cos'è allora?
– Un modo per darmi un contegno
– Un contegno? Tu fumi la pipa per darti un contegno?
– Beh?
– E nei confronti di chi devi darti un contegno? Santo cielo Fred non sei più capace di trovare scuse per imbrogliarmi?
– Beh, a me sembrava una buona ragione
– E invece non lo è
– Di cos'altro mi rimproveri?
– Di nulla Fred, di nulla – Sussurrò lei scuotendo il capo
– Ahi ahi! – Esclamò lui – Cosa sta passando in quella testolina?
– Va tutto bene... quasi bene
– Quasi? Uhmm... tu non me la racconti giusta. Stamani sembri addirittura diversa dal solito
– Cavoli! Finalmente te ne sei accorto
– Di cosa dovrei essermi accorto?
– Che sono diversa
– Si, però non capisco in cosa sei diversa
– Oh è molto semplice, da oggi sono una donna
– Ehi, ehi, torna con i piedi in terra. Ce ne vuole di tempo perché tu possa dire d'essere una donna
– Sei proprio un vecchio antipatico! Ti darei un pugno su quel testone quando ti comporti così
– Questo comunque non farebbe di te una donna
– Allora sentimi bene; tu puoi pensarla come cavolo ti pare, ma io da oggi sono una donna...Ecco, ora te l'ho detto! – E fuggì verso il trattore.


Quella sera, seduti sull'erba della collina e senza immaginare cosa il destino stesse loro preparando, parteciparono al più struggente tramonto a cui avessero mai assistito.
Forse a creare in loro quelle nuove suggestioni fu il particolare stato emotivo in cui ancora si trovavano, ma certo è che osservare l'enorme sfera dorata, danzare sulla linea grigia dell'orizzonte e illuminare il cielo di una raffinata tonalità di arancione, per poi rifletterlo e sfumarlo sulle basse nubi in infiniti toni di rosa pallido e di gialli e di grigi incredibilmente luminosi, non è cosa di tutti i giorni, ma li, nel Vermont, quegli spettacoli erano di casa.
Quelle incredibili policromie seppero rapirli alla Terra e al tempo, per trascinarli in un luogo colmo di silenzi e quando più tardi si avviarono verso casa e Cristi si recò a raccogliere nel capanno i resti del pranzo, tornando sul viottolo trovò Fred ancora con il naso in aria ad osservare le ultime schegge di colore di un tramonto che non avrebbero mai più potuto dimenticare.
– È stato bellissimo. – Sussurrò lei stringendogli una mano – La mia valle non mi aveva mai fatto un simile regalo
– Già. – Sussurrò lui carezzandola con lo sguardo – È come se avesse voluto dare l'addio a qualcuno
– A chi? – Chiese lei ritirando la mano
Lui si strinse nelle spalle e senza rispondere si avviò lungo il viottolo.
– Fred! – Sussurrò lei a bassa voce senza seguirlo
– Cosa c'è? – Rispose lui voltandosi a guardarla
– Sai dirmi perché sono felice?
– Certo che posso, stai pregustando la cena
– Ma dai smettila! Non può essere il pensiero del cibo a donarmi emozioni così forti
– So io cosa può combinare quella carne salata
– Non scherzare Fred, ciò che sto provando mi scuote come un temporale... non può essere una cosa così banale
– Beh, allora vedi di capirci qualcosa prima di arrivare a casa
– È questo il guaio, non voglio farlo
– Oh cavolo! E perché?
– Non lo so Fred, ma ho paura che possano sparire
– Beh, allora perché non provi a descriverle queste tue emozioni? Forse in due potremmo capirci qualcosa
– Preferirei non farlo... però non posso neppure lasciarti fuori di questa mia felicità, tu ne fai parte... è troppo bello... È come se improvvisamente in me fosse accaduto qualcosa di straordinario. Non so come spiegarti, ma ho l'impressione che se soltanto lo volessi potrei volare... Sono felice Fred e avrei voglia di gridarlo al cielo
– E allora fallo, ma continua a camminare. Abbiamo ancora un bel po' di lavoro da sbrigare
– Sei sempre il solito orso spelacchiato. In te non c'è un briciolo di poesia, ma di cosa sei fatto?
– Smettila di sognare e pensa piuttosto che hai una casa da sistemare e la cena da preparare
– È inutile Fred, non riuscirai ad intaccare questa mia felicità. L'ho attesa troppo tempo per lasciarmela sfuggire. L'ho pagata un prezzo altissimo, ma ora ho il mio mondo tra le mani, ho tutto quello per cui mi sono battuta... E nessuno potrà portarmelo via
– Ma ditemi voi se dopo una giornata di lavoro ci si deve confondere la mente con simili stupidaggini – Brontolò lui tornando ad avviarsi verso casa
– Fred!... – Sussurrò lei attendendo che lui si voltasse a guardarla – ...Tu non lo sai, ma la parte più importante di queste stupidaggini sei tu
– E per quale ragione? – Brontolò lui riprendendo a camminare
– Perché sei il mio grande amore – Mormorò lei con un filo di voce credendo di non essere udita
– Dio tappale la bocca – Brontolò lui scuotendo il capo


Più tardi, mentre Fred si recò nella stalla per riempire d'acqua la cisterna e accudire gli animali, Cristi, dopo aver acceso il fuoco nel camino, iniziò a riordinare quanto avevano lasciato in disordine il mattino.
– Tra quanto si mangia? – Domandò lui rientrando
– Puoi salire a cambiarti, tra due minuti è in tavola
– Non dirmi che hai già preparato?
– È pronto da stamani
– Uhm, ecco il motivo di tanta poesia
– Più passa il tempo e più mi domando chi mi da la forza per sopportarti
– Tu sopportare me? E io cosa dovrei dire? Mi hai fatto venire i capelli bianchi
– Okay, scusa, intendevo dire che sono la donna più fortunata e felice di questo mondo. Così va bene?
– Dai con questa donna! Cos'hai preparato per la cena?
– Zuppa di verdure
– Come zuppa! Ancora?
– Non ti piace più?
– Oh si è buona e fa anche bene
– Allora vai a cambiarti e siediti
– Ma...
– Non sei stato tu a dire che le verdure fanno bene?
– Non c'è bisogno che me lo ricordi! So bene quello che ho detto. Però intendevo dire che fanno bene a te
– E a te no?
– Io sono vecchio, digerisco male la verdura. Non ci sarebbero delle uova? – Chiese illuminando il volto con un sorriso
– Zuppa! – Replicò lei guardandolo divertita
– Accidenti alla mia boccaccia! Parlo sempre troppo
– Tu non parli, borbotti
– Da domani me ne starò zitto, non dirò più una parola
– Vuoi scherzare?
– Vedrai se lo farò
– Neanche una?
– L'ho detto e lo farò
– Bene! E quando dovrai chiamarmi come farai? Fischierai?
– Sissignora, fischierò
– Smettila di perderti in chiacchiere o si raffredderà tutto


Il resto della cena fu soltanto allegria. Saltarono fuori le uova e un dolce di mele e per Soffio la sua razione di spruzzi d'acqua sul muso che lo resero un gatto felice.
La sera precedente era dimenticata, come se fosse appartenuta a un altra dimensione.


Dopo cena, com'era ormai divenuta un'abitudine, uscirono a sedersi sulla panca di pietra; lui per fumare la pipa e lei per il solo piacere di stargli accanto.
Certo è che conoscendolo ormai bene aveva sempre evitato di raccontargli di quel diletto e si sarebbe tagliata la lingua piuttosto che confessargli quella sua semplice e disperata necessità sentimentale, ma il bisogno di dare un senso a quella esigenza, la spingeva verso quella che, inevitabilmente, diventava per lei ricerca e sofferenza. Poiché ogni volta che si accostava a lui, per andare alla ricerca del suo profumo, (Memoria legata a quel loro primo indimenticabile incontro) intuiva come quella necessità non rientrasse nella sfera affettiva.
– A cosa pensi? – Domandò lei vedendolo carezzare la piccola pietra verde che aveva appesa la collo
Scosso dalla voce di lei Fred sobbalzò – C'è umidità – Disse alzandosi – Faremmo meglio a rientrare
– Di già? È ancora presto
– Non sei stanca?
– Un po'
– Allora adiamocene a nanna
– Ancora un poco, ti prego. Non voglio perdere neppure un attimo di questa felicità
– Dormi pure tranquilla. Domani mattina la troverai ancora sul tuo comodino
– No Fred, qualcosa nel mio cuore mi dice che non arriverà a domani
– Ancora con questa storia? – Borbottò lui alla sua maniera avviandosi verso la veranda – Dai pulcino, è ora di rientrare
– Fred!
– Si? – Borbottò lui senza voltarsi
– Perché Mary ti ha lasciato? – Domandò lei vincendo l'istinto che la invitava a tacere
Fred si voltò e un ombra sembrò passargli dietro gli occhi.



Continua...




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Racconto scritto il 23/11/2015 - 11:08
Da m c
Letta n.1412 volte.
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