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LEI: LA PRESCELTA

Lei guardò fuori...chissà quando sarebbe suonata l'ora? Faceva troppo caldo per rimanere ancora in classe, l'estate si stava facendo sentire, girò di nuovo la testa e ricominciò ad osservare il professore che stava cercando di redarguire i suoi alunni circa l'esame. La ragazza prestava attenzione a quanto diceva ma non si preoccupava troppo visti i suoi profitti. L'aria era afosa e lei cercò di raccogliere nel miglior modo possibile i suoi lunghi capelli. Era spaventata e sicura al tempo stesso. Perché la campanella non suonava mai? Continuava a rincorrere i suoi pensieri a briglia sciolta. Quel giorno avrebbe detto addio a cinque anni d'abitudini a una routine cadenzata che aveva scolpito il tempo della sua vita, eppure questa sarebbe andata avanti ugualmente come sempre. Non sapeva ancora che tutto quello in cui aveva sempre creduto, sarebbe andato in fumo, che tutto il suo mondo sarebbe crollato, perché il suo mondo e il suo destino erano altrove, una altrove che lei non avrebbe mai immaginato, un altrove che era oltre il mondo e oltre il tempo. Clarissa, così si chiamava la ragazza, aspettava con ansia e paura la fine del suo ultimo giorno di scuola. Non immaginava cosa sarebbe successo poi. Pochi minuti al suono della campanella. Clarissa prese lo specchietto dalla borsa. Gli alunni già pronti a correre fuori. Il suono della campanella. Immobilità. Tutto si ferma. Il professore che riponeva il giornale. Gli alunni. Cartelle sospese in aria. Tutto appariva come una strana scultura, Clarissa, l'unica ancora 'viva' si sentiva spaesata e spaventata. Ad un certo punto, nell'aria comparve una specie di sfera luminosa, ma trasparente, senza consistenza. Piano piano scendendo la sfera acquisiva corpo. Dalla sfera uscì uno gnomo, o qualcosa di molto simile. Clarissa era sconcertata. “sono impazzita” pensò. Lo gnomo la guardò, con uno sguardo severo, poi sorrise. «Siete proprio voi Argentea! Vi ho trovato! Presto dobbiamo andare». “Andare? Argentea?” si chiese Clarissa, ma che cosa stava succedendo? Era impazzita doveva esserlo per forza, magari stava sognando!
«No signorina. Non è un sogno.» Clarissa si spaventò quello strano essere leggeva nel pensiero? Decise comunque di rispondergli, in fondo era solo uno strano sogno checché ne dicesse lo gnomo.
«Si certo, allora sto parlando davvero con uno gnomo?»
«Elfo, prego.»
«Si, va bene. Sto parlando con un elfo?»
«Smettetela di scherzare, Argentea! È tardi! »
«Io non sono Argentea! E poi tardi per cosa?»
«Per Safia! » fece una pausa e poi disse «Voi siete Argentea guardatevi! È impossibile sbagliare!»indicò lo specchietto che Clarissa teneva in mano. Lei si specchiò e lanciò un urlo. I suoi lunghi capelli erano diventati di un colore strano, tra il bianco e l'argentato e i suoi occhi erano viola. Cosa stava succedendo era un incubo! Cercò di svegliarsi ma pizzicotti e altro non servirono. Quello non era un sogno.
«Chi siete voi e chi è Safia?»
«Io ero amico di vostra zia Smeralda. Safia, è un regno che si trova al centro esatto dell'universo. È lontano bisogna sbrigarsi.»
«Ma io che centro? E chi è questa mia fantomatica zia?»
«Ma benedetta ragazza non sapete nulla? Voi siete Lei, l'unica che può salvare Safia» l' elfo spiegò a Clarissa/Argentea che lei era una strega, una strega bianca. Ossia una maga. Una creatura dotata di poteri magici, ma rivolta al bene. Clarissa/Argentea, si sentiva spaesata. Aveva appena saputo che era una strega, e che era stata mandata sulla terra, per sfuggire ad un'altra strega che però praticava magia nera, che voleva il controllo del regno di Safia.
Clarissa/Argentea era spaventata. Era vissuta sulla terra per diciotto anni e ora scopriva di venire da un altro mondo? No solo, scopriva anche che doveva prendere il posto della zia che era morta. Ossia doveva sconfiggere la strega Mayra, e fare in modo che il regno del Lago Nero tornasse nelle mani del legittimo sovrano Dandor. Sarebbe voluta fuggire lontano, ma qualcosa le diceva che non poteva sottrarsi a quel bizzarro destino. L'elfo che si chiamava Econ, le spiegò che i suoi, come quelli di tutta la sua stirpe, erano poteri del pensiero. Ossia bastava che lei pensasse qualcosa in modo che questa accadesse. Certo la cosa, a sentir Econ, era più difficile di quello che sembrava poiché aveva appena avuto i poteri. Quest'ultimo evento spiegava il cambiamento fisico di Clarissa/Argentea. Alla fine decise di seguire Econ. In quel momento Clarissa smise di esistere, per far tornare Argentea. Econ le disse di desiderare dei vestiti più consoni e così i suoi Jeans e la sua T-Shirt, furono sostituiti da una lunga tunica bianca e un mantello col cappuccio anch'esso bianco.
Prima di seguire Econ, Liberò i suoi amici e il professore, poi sparì nell'aria.


Quando Argentea arrivò a Safia, o meglio nella capitale Ibas, si chiese perché aveva studiato tanto, se quello che vedeva ora, sovvertiva ogni logica? Quel posto sembrava uscito da un racconto medievale, uomini e donne vestiti di semplici tuniche, strade costruite con ciottoli e sassi, o semplici sentieri di terra battuta. Per evitare di dare nell'occhio Econ, che si era nascosto nella tasca della sua tunica, le disse di passare per la strada dove si svolgeva il mercato. Argentea si sentiva smarrita, una parte di lei sentiva di appartenere a quel luogo, un'altra si chiedeva dov'era capitata. Econ la guidò per una serie di stradine, che mano a mano diventavano sempre più strette ed angustie.
«Stiamo andando nella parte Nord di Ibas, da quando il mese scorso è morta Smeralda, è disabitata.» Argentea annuì, ma non ci capiva nulla di quella storia. A quando diceva Econ, sua zia non era morta che da un mese, ma già si potevano vedere, sotto una patina di normalità, gli scempi della strega Mayra. Quando arrivarono alla grotta della zia, c'era un giovane su di un cavallo bianco che gli aspettava. Il giovane smontò da cavallo e si inchinò con un sorriso.
«Do il benvenuto alla nuova protettrice del Regno! Io sono Dandor ». Argentea rimase senza fiato, Dandor era alto, slanciato con due profondi occhi color zaffiro, un sorriso attraente, era meraviglioso. Lei non sapeva cosa dire, era bloccata. Al punto che a riscuoterla dal suo silenzio fu Econ, che borbottando tra i denti le sussurrò quello che avrebbe dovuto dire. Così Argentea si ritrovò a ripetere «Vi ringrazio. Per me sarà un onore.» Dandor le sorrise e lei si sciolse. Certo che quello era un problema. Avrebbe dovuto sconfiggere una potente e malvagia strega, per ridare il regno al suo legittimo proprietario. La cosa peggiore era che la strega Mayra era riuscita ad ammazzare i genitori, e ora dopo tutto quel tempo anche sua zia si era arresa ed era morta. E in tutto questo groviglio di informazioni, Econ era riuscito a dirle solo che lei grazie ad un patto stretto da sua madre Ambra e sua sorella, ovvero la zia Smeralda, era più forte della strega. Certo questo non le garantiva che sarebbe sopravvissuta, però aveva una possibilità. Come se non bastasse a peggiorare il quadro, già nero, dipinto da Econ, ci si metteva la sua cotta per Dandor.
Mentre Argentea cercava di venire a capo delle informazioni con cui Econ e Dandor la stavano sommergendo, un piccolo Elfo, di nome Ila gli avvertì che Myra gli aveva localizzati, mediante l'ausilio del suo fidato falco, e che stava arrivando lì per dare battaglia. Argentea deglutì e si passò una mano trai capelli. Era preoccupata. Una cosa era dire che tutto quello che pensava si tramutava in realtà, un'altra era pensare a cosa avrebbe sconfitto una strega molto più potente ed esperta di lei.
Econ e Ila sparirono all'interno della grotta mentre Dandor sguainò la spada, pronto a dare battaglia con lei. La strega non si fece attendere. Prima di sparire Econ fece appena a tempo a dire ad Argentea che potevano pensare solo a cose reali, come fuoco o draghi o altre creature, che in quel mondo esistevano, oltre che ad armi, ma nulla che non fosse 'vero'.
Una nuvola nera si addensò all'orizzonte. Un vento freddo spirò da ovest. Il sole si oscurò. E tutto fu avvolto da un velo nero. Argentea non riusciva a pensare lucidamente. Era spacciata. La strega si mostrò qual'era: un'alta figura rugosa e spettrale vestita di nero. Si accorse del disagio di Argentea. Con un sogghigno, non tardò a lanciare il suo primo colpo. Polvere e vento scaraventarono Argentea e Dandor lontano. Quando la polvere calò Dandor e Argentea si ritrovarono circondati da draghi. Dandor cercò di difendersi e difendere Argentea, ma sembrava impossibile. In quel momento Argentea pensò che bisognava disfarsi dei draghi con le loro stesse armi. Ma che tipo di draghi erano quelli? Non poteva rischiare. Colpo di genio. Pensò ai lancia fiamme. Reali erano reali. Argenta riuscì a sconfiggere i draghi unendo alla potenza dei lancia fiamme quella del vento. Approfittando del vantaggio colpì direttamente la strega con un colpo di pistola. Ma la strega ne sembrava immune. Di fianco a lei Dandor gridò:
«Serve una lama e del veleno, ma prima devi squarciare il velo, la protegge.» Argentea annuì e desiderò che ci fosse un coltello in grado di distruggere quel velo. Sapeva che un oggetto tale non poteva esistere ma era altrettanto certa che con quel velo, la strega stesse giocando sporco. Come il velo di dissolse, Argentea afferrò il coltello e approfittando di un momento di smarrimento di Mayra, desiderò del veleno e ci intinse il coltello. Desiderando con tutta se stessa che il vento l'aiutasse a non sbagliare mira, lo lanciò contro la strega mirando al cuore. Mayra cadde in ginocchio e con un grido lancinante, il suo corpo si dilaniò e infine si dissolse. Il sole tornò a splendere e i sortilegi che Mayra aveva lanciato sulla città si spezzarono.


Grazie a questa vittoria e al suo coraggio Dandor riuscì a riconquistare i territori del Lago Nero. Riuscì anche, con l'aiuto di Argentea, ad affermare il suo dominio sul regno e a conquistarsi la fiducia dei suoi sudditi.


Col tempo, Argentea riuscì ad affinare i suoi poteri, e a ritagliarsi un posto nel cuore di Dandor, grazie al coraggio e sopratutto al suo modo di essere fuori dal comune, infatti trovò il modo di far convivere Argentea e Clarissa, così aveva sconfitto la strega Mayra e solo così poté continuare ad aiutare Dandor.


Il racconto è frutto della fantasia dell'autrice, per cui ogni riferimento a fatti o cose reali è puramente casuale.




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Racconto scritto il 29/01/2016 - 12:39
Da Marirosa Tomaselli
Letta n.1147 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


Confesso che nemmeno io riesco a scrivere racconti fantasy, se non con una trama semplice e quasi "realista"...questa dote te la invidio un po' perché credo che serva comunque ad uno scrittore per poter spaziare con la fantasia anche in racconti di taglio più realista, quindi un buon allenamento, tutto sommato. brava...olè!

Gennarino Ammore 30/01/2016 - 07:35

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Racconto molto fantasioso ed un po' diverso dal solito come fantasy, mi è piaciuto. Io non mi sono mai cimentata in questo genere, mi dai forse uno stimolo per farlo
Con simpatia
Nadia
5*

Nadia Sonzini 30/01/2016 - 07:24

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Un racconto fantasy, come dire, un tantino confuso nella trama... mi è parso, non mi intendo molto di questo tipo di narrativa, ma credo che la semplicità sia sempre un buon espediente per raccontare. Un saluto

Luciano Bellesso 30/01/2016 - 02:51

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Un racconto fantasy, come dire, un tantino confuso nella trama... mi èpare

Luciano Bellesso 30/01/2016 - 02:46

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