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UN AUTUNNO LUNGO UN GIORNO

Ogni giorno percorrevo quella strada, dopo aver attraversato circa cinque chilometri di campagna, tra strade dissestate e strette, tra rigogliosi cespugli e rovi trascurati tra i fossi, facendo attenzione agli animaletti selvatici che, indisturbati la attraversavano sentendola di proprio dominio, ed ogni giorno, inconsapevolmente giungevo in quel punto dove la mia strada si incrocio' un giorno col destino, il mio e quello di altre persone precedentemente sconosciute, in quel punto il tempo si arrestava violentemente, ogni volta, come se un buco nero fosse in grado di inghiottire tutto, senza riuscire mai a colmarsi.
Sabato sera. Il primo di quel lunghissimo autunno, ancora abbastanza caldo per godersi una bella passeggiata tra le vetrine del centro dopo una cena con gli amici, ancora abbastanza tranquillo per decidere una strada alternativa tornando a casa; decidiamo di passare dalla campagna per guidare più' piano del solito e con i finestrini abbassati sentire i suoni e i profumi di quel paesaggio tipicamente padano.
Con gli occhi sono sulla strada, ma il pensiero va in altri luoghi, trasportato da quegli aromi che portano con se' ancora un po di primavera, una primavera matura che non vuole saperne di mettersi a riposo, a tratti rivolgo lo sguardo al mio compagno, lo vedo sorridere e mentre scherza prendendomi in giro perché canticchio un motivetto che mi tormente da tutta la giornata, ripenso ai brutti momenti passati, a tutte le difficoltà che ci siamo lasciati alle spalle,e per un attimo un piccolo brivido mi percorre tutta la schiena quando una parte di me, profondamente angosciata dal futuro comincia a lavorare freneticamente. Ed è proprio mentre cerco di allontanare quei pensieri negativi che rischiano di rovinare la nostra bella serata che la voce di Maurizio mi richiama ruvidamente alla realta': "oh oh fermati! fermati che devo far pipi'". Rido per la sua richiesta fatta in modo cosi' infantile" ma dai Mauri, ormai siamo quasi arrivati, non ce la fai a tenerla?" "no" mi risponde imperativamente" se non ti fermi te la faccio in macchina"....convinta da tanta decisione scendo dalla rampa del cavalcavia e accosto sulla destra, dove si incrociano due strade appena praticabili in cui non passa mai nessuno. Ma proprio in quella manciata di minuti in cui ci fermammo il destino ci raggiunse, e solo in seguito mi resi conto che sorpassandoci concluse il suo gioco bizzarro, quando da quella piccola strada vedemmo sfrecciare una moto da competizione con un paio di figure a bordo, riuscii appena ad intravederli, nel buio che si faceva sempre piu' avanti, si allontanavano repentinamente a fari spenti nella stessa direzione che stavamo prendendo poco prima.
Maurizio risali in macchina, e lentamente mi rimisi in marcia quando, arrivando nei pressi della statale mi venne automatico rallentare ulteriormente notando uno strano movimento. In questa zona difficilmente si trova del traffico, nemmeno il sabato sera è una strada molto frequentata, e questo è uno dei motivi che mi spingono a sceglierla in alternativa a quella principale per giungere in città.
Un sesto senso che ignoravo di possedere percepisce appena delle luci gialle intermittenti e immediatamente mi metto in allarme. Mi avvicino finchè mi ritrovo ferma dietro un'auto apparentemente parcheggiata in centro corsia con le quattro frecce accese, nessuno a bordo.
La mia mente sta ancora formulando i suoi interrogativi quando, guardandomi intorno per capirci qualcosa, il mio sguardo si pietrifica, si incolla al finestrino sulla mia sinistra e con la voce bloccata in gola riesco soltanto ad allungare la mano sulla gamba di Maurizio, senza distogliere mai lo sguardo da quello che vedevo, per richiamare la sua attenzione.
Ci sono due sagome scure riverse sull'asfalto, quello che vedo, nell'insieme è qualcosa di innaturale, una scena che volendola immaginare, nemmeno con la piu' grande fantasia avrei potuto descriverla cosi'.
Quelle sagome sono corpi, buttati come stracci sulla strada, si notano movimenti impercettibili, come le code delle lucertole quando la perdono....ci sono diverse persone nei paraggi, ma nessuno, proprio nessuno vicino a loro. Quattro o cinque ragazzi ad una ventina di metri camminano avanti e indietro, uno di loro parla al cellulare, gli altri, con le mani sprofondate nelle tasche, o tra i capelli, ma non si avvicinano. Si tengono a distanza, sento la loro paura bussare violentemente al mio finestrino.
Il mondo si ferma, divento sorda per un istante ed insensibile ad ogni stimolo come un arto quando il sangue smette per un poco di attraversarlo tutto.
Maurizio scende al volo mentre io cerco di rientrare nella realtà, e gridando mi chiede i guanti, sapendo che ne ho sempre qualcuno di lattice nel bagagliaio dell'auto per non sporcarmi in caso di necessità meccaniche.
Uno di quei ragazzi interpreta la richiesta di guanti di Maurizio come un miracolo ed esulta "è arrivato un dottore! è arrivato un dottore!"....ma non siamo dottori, siamo solo due che passavano per caso, la prima sera d'autunno, tornando a casa.
Il tempo si ferma insieme a tutte le auto che sopraggiungono. Attivo le frecce che fendono il buio, diventato improvvisamente piu' fitto come se qualcuno da in cima al cielo avesse lanciato una coperta scura per celare in qualche modo l'orrore che si stava consumando. Scendo e mi avvicino, non è difficile, i ragazzi rimangono lontani, impauriti, c'è un bar proprio davanti al luogo dello schianto, i vecchi escono incespicando nelle sedie, bianchi come cenci lavati, con le bocche aperte, tremanti, asciutte, temo che qualcuno di loro stia per sentirsi male. Mi avvicino ancora, Maurizio è già li con una mano sul torace del ragazzo e l'altra gli tiene il polso con due dita, come a raccogliere lo stelo di un fiore reciso. Lui non parla, sembra che faccia fatica a respirare, la testa è avvolta nel sangue, girata in una posizione innaturale. Lui è senza casco. Maurizio gli parla, continua a rispondere a domande che non arrivano, con un tono rassicurante e tranquillo, il ragazzo non da segni di capire ma lui gli parla lo stesso e rimane così per tutto il tempo, inginocchiato vicino a lui.
Il suo amico è ad un paio di metri, grida, sono urla di dolore che fanno rabbrividire, che fanno star male, che fanno piangere, ma incoraggiano. Lui c'è, è distrutto, senza le scarpe, un piede attaccato per la pelle, una tibia spezzata fuori dalla carne per almeno una quindicina di centimetri, il resto della gamba arrotolata su se' stessa non ha più forma. La sua spalla è girata sotto al suo corpo, ma grida! Lui indossa ancora il casco, rotto, sporco di asfalto e pieno di sangue, ma il casco ha fatto il suo maledetto dovere!
I vecchi entrano ed escono dal bar come una piccola colonia di formiche, si siedono, si alzano, vanno avanti e indietro senza essere capaci di dire e di fare nulla. Avete chiamato l'ambulanza? Avete spiegato la gravità dei fatti? Uno di loro balbetta qualcosa:"si si, l'abbiamo chiamata ma non arriva! non arriva piu'!". Credo che il senso del tempo sia notevolmente alterato in queste situazioni drammatiche, era evidente che il fatto era successo da pochi minuti ma per quelle persone probabilmente era già trascorsa una vita.
Corro comunque in macchina passando in mezzo al gruppetto di ragazzi e li sento litigare tra loro:"sei un coglione! hai visto cosa vuol dire? te lo dicevo io! e se succedeva a te?". Si perchè la paura in questi casi è così grande e la gratitudine nei confronti della vita così tanta, che non si puo' nascondere l'egoismo mentre guardi il tuo amico a pezzi sull'asfalto e pensi immediatamente "menomale che non è successo a me o a mio fratello".
Prendo il telefono e compongo il 118. Mi rispondono che ci sono due ambulanze su strada da 10 minuti, mi chiedono notizie, descrivo minuziosamente quello che vedo compresa la giovanissima età delle vittime. Intravedo Maurizio discutere con un uomo per allontanarlo, è l'uomo che li ha investiti quando, con la loro moto non si sono fermati allo stop. Grida sotto schok tra la gente in cerca di testimoni ma viene allontanato malamente e messo a tacere con parole al limite della minaccia.
Un'auto si ferma dietro alla mia, inchioda. Scende una donna che corre in direzione dei feriti. E' la mamma del ragazzo senza il casco. Piange, si dispera, cerca in tutti i modi di toccarlo, di abbracciarlo, ma viene allontanata e sorretta da alcuni clienti del bar. Le sirene delle ambulanze in lontananza arrivano prima delle loro luci, che si fanno largo senza problemi tra la fila di auto che nel frattempo si è congelata sulla statale. Scendono medici e volontari, ci mettono qualche secondo in cui sembrava decidessero come intervenire, ma personalmente credo che anche loro avessero avuto qualche istante di shock nel vedere quello spaventoso spettacolo, ma poi agiscono senza più indugi. Stabilizzano il ragazzo con il casco immobilizzandolo lo caricano sull'ambulanza come un servizio di bicchieri di cristallo e il mezzo parte immediatamente.
Il suo amico rimane lì, a terra, con quel rantolo ripetitivo e delicato come un soffio d'aria che non si sa da quale parte di lui provenga di preciso. Lo intubano, lo stabilizzano, intanto la madre continua a chiedere perchè non lo portano via? perchè? Io pure mi faccio la stessa domanda, temendo che il ragazzo non sia già più con noi ma finalmente, con non poche difficoltà riescono a caricarlo sull'ambulanza.
Mentre i medici concludono questa operazione un'auto bianca sopraggiunge dall'altro lato della strada, e da come inchioda capisco che deve essere qualche parente di uno dei due ragazzi, avevo ragione. Si tratta del padre del ragazzo con il casco. Corre subito verso i portelloni ancora aperti e quando riconosce l'amico di suo figlio e capisce le condizioni in cui quest'ultimo versa, ha un visibile mancamento alle gambe."Dov'è mio figlio?" Maurizio che era ora libero dal suo compito lo prende per le spalle e con un tono stanco lo rassicura "stai tranquillo, tuo figlio è vigile, è messo male, forse dovrà fare diverse operazioni, ma è cosciente, l'hanno già portato in ospedale". A quelle parole l'uomo sembra improvvisamente riaversi, sale in macchina e corre via in direzione dell'ospedale.
I vigili arrivano con calma, fanno tutte le foto di rito raccomandandosi con i presenti di non toccare nulla, ma è troppo tardi, qualcuno ha già raccolto le scarpe mettendole una vicino all'altra vicino alla porta del bar, qualcuno ha raccolto e pulito il casco che i medici hanno tolto al ragazzo con la gamba rotta, i pezzi della moto da competizione spaccata letteralmente in due sono in un angolo come parti di un giocattolo da montare.....qualcuno che nessuno ha visto ha già tentato di rimettere tutto in ordine, come a voler cancellare al più presto tutto quell'orrore, come a voler rimettere tutto come prima, ma purtroppo non c'è piu' niente e nessuno, di quella notte, che tornerà lo stesso di prima.
Gli anziani avventori di quel bar torneranno a casa un po' più vecchi, un pò più stanchi, sorpresi forse dal fatto che la vita abbia potuto regalare loro ancora un pò di sofferenza, ancora un pò di orrore;
I sogni di quel ragazzo sono scomparsi in un momento, chissà che cosa avrebbe fatto il giorno dopo, chissà quali progetti, per la sua domenica, forse sua madre si sarebbe accontentata di raccogliere da quella maledetta strada solo un pò dei suoi ultimi sogni, ma il tempo non c'è stato, perchè l'autunno cominciò quel giorno e prima che fosse notte era già finito, il buco nero ha inghiottito tutto, quel giorno, la luce, la musica, il vento, il profumo dei fiori, i sorrisi di bambini, le urla di giochi felici, i ricordi di scuola, la paura del futuro, i giorni che sarebbero arrivati, la serenità, il buco nero non ha un coperchio ed anche l'autunno quell'anno durò soltanto un giorno, perchè tutti gli altri, senza alcun preavviso, ci caddero dentro.



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Racconto scritto il 18/02/2016 - 19:12
Da Silvia Simona Biolcati Rinaldi
Letta n.1143 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


... Purtroppo é ispirato da una storia vera... Grazie Salvo, buona giornata.

Silvia Simona Biolcati Rinaldi 20/02/2016 - 04:36

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La sua scrittura, in questo triste spaccato di vite mancate, rischiara la tristezza dei contenuti. Sensibilità, minuziosa descrizione di particolari naturalistici e dei sentimenti adombrano il pur forte messaggio di allerta verso le possibili conseguenze d'una guida spericolata.

salvo bonafè 19/02/2016 - 12:31

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