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Sfuggente amore onirico

Le pareti della stanza erano di un giallo pallido, color crema e sulla parete di fronte a me la luce sbatteva contro le finestre opache e rigate senza riuscire ad entrare, arrivando soltanto ad illuminare l’ambiente quanto bastava per vederci chiaro.
Non ero solo in quella cupa atmosfera.. C’erano dei ragazzi e delle ragazze, adagiati su sedie di legno malandate sparse qua e là.. ognuno impegnato in qualcosa che lo ammaliava tanto da non degnarmi nemmeno di uno sguardo. Non erano pochissimi, ma apparivano a me soltanto come delle presenze, come delle figure, delle ombre che si facevano compagnia a vicenda ma che non facevano compagnia a me. L’unica cosa nitida ai miei occhi era lei, abbandonata su una sedia appoggiata alla finestra. Un barlume le illuminava parte del volto, mettendole in risalto gli incantevoli lineamenti. Accanto a se aveva uno zaino di pelle color cuoio e nero; stringeva forte contro il suo petto un peluche.. un orsetto marrone e grigio che quasi sembrava abbracciarla ricambiandole l’affetto.
Immobile, ritto in piedi al centro della stanza decisi di avvicinarmi.. era lei che mi attraeva.. era quella situazione.. la curiosità.. la paura. Accennai appena un passo quando si voltò e il suo sguardo, malinconico e abbagliante allo stesso tempo, si diresse dritto verso di me. Era triste.. aveva un qualcosa dentro di sé che la tormentava e non le dava pace; glielo si leggeva negli occhi, quegli occhi che guardi una volta sola e te ne innamori per una vita intera. Riabbassò di nuovo il capo ritornando nella posizione precedente, ma questa volta ruppe il silenzio; guardava verso il basso e disse qualcosa.. le parole si riversarono sul pavimento fino ad arrivare a me quasi come un eco, incomprensibili. Mi avvicinai ancora, lentamente, fino a starle a breve distanza; distanza che fu presto colmata dal mio braccio che tesi in avanti appoggiando delicatamente la mano sulla sua spalla. <<Cosa c’è che non va?>> le chiesi.. non disse nulla, strinse con maggior forza ciò che aveva tra le braccia, come per sfogarsi di qualcosa che le arrecava dolore; come quando stringi forte i denti contro la maglia se ti ferisci.
Il suo sguardo era ancora rivolto verso terra e i capelli, raccolti da un lato, lasciavano intravedere il viso che iniziai ad osservare attentamente; una lacrima iniziò a scorrerle sulla guancia, e dopo aver provato con tutte le forze a reggersi, esausta si lasciò cadere nel vuoto; la seguii, e arrivò a toccare terra in un’eternità.
Mi resi allora conto che le parole non sarebbero servite a nulla.
Le chiesi soltanto di alzare per un attimo la testa e di guardarmi; presi allora ad abbracciarla, a stringerla forte a me come se l’amassi e non sentissi il suo profumo da una vita .. e quel profumo dava gli spasimi, nonostante non sapessi chi fosse.
La luce cominciava a diventar sempre più fioca, ritirandosi lentamente dalle finestre cupe, e quando alzammo gli occhi ci rendemmo conto che non c’era più nessuno intorno a noi, ormai eravamo soli ; silenzio assoluto, sguardi, e poca luce.
Il tempo scorreva ed il sole aveva ormai lasciato il posto ad una fine pioggerellina che cadeva senza fretta.
Perché non andar via di lì? Magari avremmo potuto parlare in un posto migliore dove senza paura le parole sarebbero venute fuori più facilmente e sì sarebbero capite molte cose. Le proposi dunque di correre via da quel posto e mi sorprese stavolta il suo acconsentire senza alcun indugio; mi alzai, le sussurrai dolcemente di seguirmi e mi diressi verso la porta. Feci quattro o cinque passi senza voltarmi indietro ma quando lo feci mi accorsi che non mi stava seguendo; era invece vicino ad un’altra porta che non avevo scorto fino a quel momento; reggeva l’orsetto, stretto ancora con maggior forza contro il seno .. lo zaino abbandonato dove era; aprì la porta e prima di entrar del tutto si fermò a lanciarmi uno sguardo che rispecchiava a pieno il suo stato d’animo.. infelice.. malinconico.. imperscrutabile; la guardai negli occhi, la mia anima tremò specchiandosi in essi.. fui pervaso da una strana paura di perderla, paura che quegli occhi di traboccante bellezza potessero fuggir via da me.. e lei me lo disse! Adagio.. <<io me ne vado>>. Passò un attimo, e senza che potessi far nulla si voltò e chiuse la porta alle sue spalle.. come per dire addio.
Fu come se la stessi tenendo per la mano per non farla cadere nel vuoto, il nostro guardarci negli occhi era l’unica cosa che ci teneva ancora uniti.. ma poi li chiuse .. e lasciò la presa.
Ora tutto era più buio e il fragore di un tuono lo enfatizzò.
Confuso, trepidante corsi verso di lei a riprenderla come se la stessi perdendo davvero.. arrivai alla porta e la spalancai..
Tutto buio.
Iniziai a cercarla con lo sguardo ovunque..pervaso dal timore.. ma lei non c’era.. m’addentrai allora nella stanza, lentamente cercando i suoi occhi, le sue mani .. l’avrei stretta tra le braccia e non l’avrei mai più lasciata..non avrei più fatto lo stesso ingenuo errore. Ma procedendo scorsi soltanto un letto, disfatto, illuminato dal debole bagliore proveniente da una piccola finestra.. abbandonato su di esso trovai il peluche..lì a fissarmi, quasi a dirmi “portami con te.. ti prego.. lei non c’è più.” .



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Racconto scritto il 15/06/2016 - 15:46
Da Andrea Zampella
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