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Bilocale

Nella piccola cucina di un bilocale Anna lava i piatti e ogni tanto da un’occhiata fuori dalla finestra accanto al lavabo.
“Ciao bellina..”. dalla finestra scorge un uomo castano di circa sessant’anni che le sorride dal giardino che sta di fronte al portone del palazzo.
L’uomo: “Posso salire?”.
Anna: “Guardi che secondo me sbaglia indirizzo, no non può salire.”.
L’uomo: “Ah, scusa. Scusi.”.
In quel condominio c’era un visibile movimento di uomini e gli inquilini cominciavano a storcere il naso, perché inizia ad essere sempre più chiaro che cosa, anzi chi, sta rovinando il clima generale.
Tossici puttane e psichiatrici dovrebbero essere messi tutti in zone apposite, dove non possano nuocere alla quiete e al pudore pubblico.
Ma i cittadini perbene sono abituati alla giustizia sommaria e hanno imparato come far da sé. Anche quel via vai aveva i giorni contati, se ne parlava sui pianerottoli e nello spazio esterno dove si stendono i panni bagnati. Un brusio che faceva vibrare le scale.
Anna chiude la finestra alta e stretta del cucinotto e si sposta in camera. Apre un’anta dell’armadio e cerca di memorizzare la posizione dei vestiti per rimettere tutto in ordine una volta finito. La madre ha un’ottima memoria fotografica.
Il bilocale è della madre e ogni tanto, quando deve andare fuori città, lascia le chiavi ad Anna che ci porta delle amiche per fare serata senza troppi obblighi.
Diciamo che il padre non avrebbe fatto stare lei e le sue amiche sbragate a terra o sul divano con alcool e marijuana e per la madre esistono cose più problematiche al mondo.
In quell’armadio ci sono vestiti lunghi di raso e velluto nero, tubini rossi, viola e organza applicata a gonnelline decisamente corte.
A lei piace l’abito blu notte, la stoffa pare seta. Ha una scollatura da seno prominente, per nulla vicino a quello di Anna che ha un corpo esile e spigoloso.
Lo vuole provare comunque, si può tentare, bisogna solo tirare dietro le spalline fino a che il corpetto non aderisce, poi si ferma dietro con una spilla da balia. Tanto è solo una prova. Infila le scarpe nere e bordeaux con la zeppa e richiude l’armadio per vedersi meglio nello specchio.
“Non mi avvicino neanche alla sua sensualità” pensa Anna.
Si siede sul letto, accavalla le gambe continuando a guardarsi allo specchio ma niente, non sarà mai così femminile.
Suonano il campanello, “No.. ho dimenticato di staccarlo”. Si alza scocciata e su quelle zeppe raggiunge barcollante il dispositivo che stacca il citofono. Le dita si fermano qualche secondo sul pulsante di spegnimento, l’attraversa un’idea, potrebbe aprire, potrebbe vedere come va. Lo stacca e torna in camera. Toglie l’abito e si butta sugli abbinamenti di gonne e magliettine, continuando ad indossare le zeppe, sono l’unica cosa che le piacciono. Il piede è una di quelle parti del corpo che non le produce insicurezze, peccato nell’immagine complessiva non contino poi così tanto.
Vorrebbe provare altri vestiti ma rimettere tutto perfettamente come prima diventa più complicato, visto che la madre nota, senza esagerare, anche una piega messa in un modo diverso da come l’ha lasciata.
Rimesso tutto in ordine, tiene indosso ancora un po’ le scarpe, le piacciono ai piedi, le danno l’idea di avere un che di femminile anche lei.
Va in cucina e prende dal frigo la vodka comprata per la serata, se ne versa un bicchiere e sorseggiando si rimette sul letto. Si guarda intorno e si sofferma sul poster di amore e psiche.
La vodka comincia a sollevare la mente, sente il viso leggermente intorpidito, le piace. Si alza torna in cucina, versa altra vodka e aggiunge del succo di arancia poi ritorna a sdraiarsi. Guardando il soffitto sente che l’alcool le risveglia quella frenesia strana che di solito è utile in presenza di molta gente. Bere migliora la sua parlantina, la rende più spigliata, screma tutti i pensieri negativi sul suo corpo e il suo viso. Si sente che qualcuno la scoperebbe anche.
Se riattaccasse il campanello qualcuno la scoperebbe di sicuro. I clienti hanno si qualche pretesa, ma non è la selezione per una sfilata d’alta moda. Se aprisse la porta con la vestaglia di seta nera e le zeppe, è abbastanza probabile che chi ha di fronte si trovi sufficientemente soddisfatto, anche perché una diciassettenne è quasi sempre una buona infilata.
Anna non riesce a capire se sta solo esagerando con la fantasia o se vuole veramente provare, il passo è breve. La linea di demarcazione tra ciò che è e ciò che può diventare dipende da quel pulsante che riallaccia il citofono.
Se aprisse la porta a un cliente sarebbe stata in grado di gestire la contrattazione? Cosa avrebbe dovuto dire, come si comincia, che parole si usano per vendere il proprio corpo?
Un altro sorso di vodka. Accende una sigaretta si siede sul divano e fuma; la spegne e si rialza. Toglie le zeppe e si spoglia, s’infila i jeans, rimette il maglione, chiude tutte le finestre ed esce di casa.
Chiama la madre e le dice che l’appartamento è libero, il campanello staccato e lei sta tornando dal padre. Tutto bene, un po’ alterata dall’alcool, ma si smaltisce bene camminando.
L’aria autunnale verso sera è fresca, il calore dell’alcool si disperde nei passi rapidi. Anna guarda in alto, cerca il celo tra le foglie del viale alberato che affianca la strada grande che circonda la città.
Rallenta il passo e si perde in un immagine: lei seduta sul letto con indosso le zeppe nere, con di fronte a se un uomo; lui le accarezza la fronte e la guancia, poi le infila le dita tra i capelli e porta la nuca di lei a sé.



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Racconto scritto il 24/10/2016 - 21:46
Da ellis lio
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