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Giovanni e Manuela

Narratore:
Questa è una storia d'amore semplice. Un momento della vita di due persone che vi racconto in poche frasi.
Nel racconto non è stato calcolato il valore della battaglia che le due persone hanno sostenuto per raggiungere lo scopo di vivere accanto fino in fondo. Non sono stati menzionati i momenti di debolezza, neanche le mille tentazioni che invitavano a uscire dai binari della convivenza. Neanche le cose belle o le delusioni. Tutto il sottinteso viene dato per scontato, perchè quello che conta è il risultato.
Vivere insieme, legati da un rapporto cordiale di reciproco rispetto. Indubbiamente l'essenziale.


Racconto:
A lui piace andare in auto. Di natura mite e taciturno, prende l'auto e va. Prima di partire pone una rosa rossa sul sedile di fianco. Ogni sera una rosa rossa per lei che non c'è. Poi, con rassegnata indifferenza, allunga il braccio destro nel gesto di abbracciarla, le confida la sua voglia d'amore. E' giovane, irrequieto e quando si emoziona sbatte le palpebre. E' un simpatico difetto cha a prima vista lo pone tra le persone pacifiche vinte dalla vita. E lui lo sa.
Da bambino, in questo modo ha evitato le rappresaglie dei bulli che lo prendevano in giro perchè era magro senza muscoli, e adesso che ha vent'anni evita la considerazione degli adulti, ancora per passare inosservato. Lui si emoziona spesso, ma quando è in presenza di una ragazza le palpebre le sbatte di più e parla con voce tremula quasi balbuziente. La vita lo ha reso impaziente di trovare una ragazza. Con la fretta ha perduto lucidità e senso critico, per questo è disposto a donarsi alla prima che incontra. Una qualunque...


Manuela: Lei è una ragazza tranquilla, esce poco di casa, indossa la minigonna, fa la spesa, accudisce il fratellino e parla poco. Porta un sorriso vezzeggiato da diastema, gli occhi grandi colore grigio chiaro che muove da destra a sinistra e viceversa per osservare senza dare l'impressione di guardare, mentre invece è curiosa e vuol vedere tutto. Nelle tiepide sere d'estate siede sulla panchina in piazza e rimane lì a osservare la gente che passeggia, - come al cinema - fino dopo il tramonto.
Sogna l'amore, essere baciata dal suo principe azzurro e come ogni donna, istintivamente sa, che le occasioni dell'amore sono poche e bisogna saper cogliere quella buona.


Lui, con insolita determinazione, quella sera, si è seduto accanto lei sulla panchina in piazza del paese. Ma non è successo niente. Quella sera sono rimasti in silenzio tutto il tempo. Entrambi con gli occhi persi nel vuoto e le mani impacciate. Fino dopo il tramonto.
Da quella sera la panchina in piazza è la loro meta. Lei arriva, guarda la gente e aspetta. Lui arriva, le siede accanto e aspetta. Ma non sono imbarazzati, sanno che sono avari di parole e non temono, nè si meravigliano del silenzio.


Una sera, lui è più intraprendente e schiarita la voce comincia a parlare. Cerca il suo viso e balbettando le chiede: co... come ti chiami? Lei si gira e lo guarda. E' la prima volta che posa gli occhi su quel viso, e prima di parlare lo osserva a lungo. Le labbra tremano, si riempiono di una flebile voce e pronunciano il nome: Manuela. Manuela? ripete lui. Bel nome! Io sono Giovanni.


Alle serate in piazza fanno seguito le serate in casa. Ora seduti accanto al fuoco del camino o di fronte la tivù ogni tanto accostano i fianchi e le natiche fino a toccarsi, si stringono la mano e si lanciano brevi sguardi. Ma le parole non trovano l'abitudine di essere pronunciate.
Una di quelle sere passate nel silenzio mentre il caminetto illumina i loro visi Giovanni sente uno strizzone alla pancia e come altre volte, in silenzio, con disinvoltura, lentamente si piega da una parte per togliere pressione dalle natiche e - consapevole - modulando i muscoli dello sfintere, lascia uscire l'aria. E' una mossa che Giovanni conosce bene, l'ha già fatta centinaia di volte, sempre riuscita misurata e silenziosa. Ma non questa volta, proprio stavolta che è con lei! Un rumore sordo, inconfondibile, incredibile, imbarazzante, lo tradisce. Il rumore irrompe nella stanza, rimbalza tra i muri intrisi di silenzio e giunge inesorabile alle orecchie di Manuela.


Impossibile far finta di niente. Un'improvvisa emozione li pervade. Increduli si guardano negli occhi e arrossiscono. Passano secondi di imbarazzo.
Col viso ancora rosso, all'improvviso, lei scioglie la lingua e trova la parola, schiude le labbra e sintetica dice: -Ma sei diventato matto?-
Poi convinta che le sue parole non sono sufficienti a lavare l'affronto subìto, con una compostezza inaspettata si contorce un po' a destra, un po' a sinistra, prende fiato e chiama al lavoro quei muscoli che producono pressione sulla pancia e... anche lei, lascia andare la sua arietta.
Sul viso di Giovanni compare lo sconcerto. Lei così dolce, così timida, così silenziosa, così pudica, con quegli occhi grandi e grigi che sono il simbolo della tenerezza! Mai avrebbe immaginato... Ma anche di carattere, bisogna ammetterlo.



Sul viso di Manuela adesso è comparso un sorriso di sfida, ha rotto gli indugi, lo getta in faccia a Giovanni e gli dice: così impari a fare il furbo!
Giovanni è di nuovo sconcertato, non riesce a credere alla proprie orecchie. Ma non ci sta, lui è sempre stato un campione in certe sfide, la sua pancia è sempre pronta a brontolare. Dimentica il rossore e in fretta cerca di coordinare i gesti per mettere insieme un nuovo sforzo. Anche Manuela, che ha notato le sue intenzioni, si coordina. Ma prima ancora che partano i rispettivi capolavori, i loro sguardi si incontrano, gli occhi si incollano e restano fissi sospesi nel tempo e...


Quella situazione che pochi minuti prima avresti giurato impossibile, adesso era successa. Ma in ceri casi, quando la situazione precipita, a te... non resta che ridere.
All'improvviso Manuela scoppia a ridere con un gusto che non ricordava. Non riesce a trattenere il fiato ed esplode, si porta le mani alla bocca, si piega in due, le scendono lacrime. Giovanni la guarda e contagiato da quel riso anche lui esplode. Sputa fiato e saliva e non riuscendo più a trattenersi scoppia a ridere.Ride come non aveva fatto mai. Corre intorno il tavolo e ode i rantoli di lei ancora piegata sulle ginocchia.


Alla fine è Manuela che per prima recupera la normalità e con naturalezza apre il sorriso. Con un gesto spontaneo si getta fra le braccia di Giovanni, lo guarda con quegli occhi grandi di colore grigio chiaro e sorride insieme a lui. Adesso sono abbracciati, Giovanni finalmente la stringe e non vuole lasciarla più. Sorride, sbatte le palpebre, le bacia le labbra, le stringe i fianchi.
Per la prima volta sentono i loro corpi fremere l'uno attaccato all'altro. Giovanni adesso la stringe di più, le palpa il seno e un brivido gli scende lungo la schiena. Giovanni vorrebbe carezzarla di più, lei si sdraia. All'improvviso dalle loro labbra escono parole, non importa quante o quali, escono con naturalezza che gli sembra di averle sempre dette e...


Narratore:
Delle frasi di quella sera, confesso che mi ricordo poco, ci sono stati momenti che entrambi parlavano e le voci si sovrapponevano. Una frase però la ricordo bene. Con voce ferma Giovanni le ha chiesto: ci possiamo sposare? Semplice e risolutiva.
Nei lunghi mesi passati nel silenzio, nell'apparente imbarazzo e monotonia, mentre Giovanni e Manuela arrancavano nella ricerca dell'armonia, i loro corpi e il loro spirito, come per osmosi, si sono compenetrati, si sono piaciuti, hanno rotto le barriere e iniziato il viaggio della vita insieme.


Giovanni e Manuela esistono davvero. Hanno tre figli e continuano a vivere accanto.




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Racconto scritto il 11/01/2017 - 00:25
Da Rochi Pinto
Letta n.1192 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


Un modo originale per rompere gli indugi!
Bel racconto.
Ciao

Millina Spina 11/01/2017 - 17:26

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complimenti a Giovanni e Manuela e i suoi figli bel racconto 5*

GIANCARLO LUPO POETA DELL'AMO 11/01/2017 - 13:48

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