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Le radici del peccato (prima parte)

Se è certo, come scrive Stefano Benni, che la vita di un puntuale è un inferno di solitudini immeritate, è altrettanto vero che la vita di un obeso è una moltitudine di umiliazioni meritate. Il prof. Albino Montana non aveva né la macchina né la patente. Quando all’età di diciottanni si presentò all’agenzia di scuola guida, sita in via degli Ulivi, per prendere la patente, si accorse con sconcerto che la macchina per le prove su strada era una Peugeot 205 bianca. Quando provò ad entrare dovette portare il sedile del guidatore tutto all’indietro e nonostante questo sbatteva ancora le gambe sul volante, motivo per cui non si presentò più alle lezioni. Da quando aveva memoria il suo vero incubo erano le sedie. Non ce n’era una dove non corresse il rischio di incastrarsi e più di una volta non era riuscito più ad alzarsi. Un problema che si portava dietro dall’asilo fino all’università, anche se in realtà, in aula magna, il problema non erano i sedili ma il bancone di legno che gli premeva sulla pancia facendogli perdere a volte i sensi durante le lezioni. Osservando le foto di quand’era neonato si vedeva che sarebbe diventato un bambino enorme. Sua madre gli disse che pesava già cinque chili e mezzo alla nascita e nacque da parto naturale, giacchè i cesarei non erano ancora così diffusi come ai giorni nostri. La madre preoccupata, per le dimensioni del figliolo, lo portava spesso a visita dai medici ma la risposta era sempre la stessa: il bambino deve mangiare di meno. In realtà il suo sistema endocrino restava un mistero per la scienza quasi quanto quello dei buchi neri. All’età di quindici anni era già alto 1,80 m e adesso, che ne aveva più di quaranta, era alto 2,20 m e pesava 270 Kg. In una enciclopedia aveva cercato le varie forme di obesità e si accorse che ve ne erano di due tipi, una prevalente nei maschi a “forma di mela” perché il grasso si distribuiva nell’addome, ed una più frequente nelle donna “a forma di pera” perché il grasso si distribuiva nei fianchi. Naturalmente lui rientrava in quella sparuta casistica di maschi con l’obesità ai fianchi, con buona pace da parte delle sedie. Poi c’era il problema dei vestiti, dei pantaloni e soprattutto delle camicie, ma non delle giacche che poteva tenere aperte. Ma questo era un grattacapo che aveva superato brillantemente affidandosi ad un sarto di fiducia nel corso Italia, tale Mimmo Scapellato, un piccoletto alto quasi quanto due soldi di cacio che ogni volta che doveva misurare il girocollo del professore era costretto a prendere la scala. Aquilia è una bellissima città, tutta in stile barocco, e il professor Montana, durante i tragitti in pullman per recarsi al posto di lavoro, non mancava mai d’ammirare il Duomo ed il corso Umberto, la via più celebre, dove ogni anno sfilano i carri allegorici grotteschi per il Carnevale. Lui c’era andato una sola volta all’evento, all’età tredici anni, e sua madre lo vestì di Orso Yoghi, inutile dire che tornò a casa in lacrime. Ogni tanto qualche giovanotto, quando lo vedeva in piedi sull’autobus faceva per alzarsi e lasciargli il posto, poi rendendosi conto della gaffe, si risedeva con gli occhi bassi biascicando un “mi scusi…”. Dopo tutti questi anni il professore ormai ci aveva fatto l’abitudine, in passato aveva provato a dimagrire seguendo le diete più disparate ma adesso accettava il suo fisico e, resosi conto che ogni sforzo per perdere un etto era inutile oltre ogni ragionevole dubbio, preferiva godersi la vita così com’è. In fondo il mare è noioso e ci si può scottare facilmente al sole, lui aveva la pelle bianca come un latticino e le sue mani non sarebbero mai arrivate a spalmare la crema in tutte le zone sterminate dell’impero. Non gli era mai piaciuto sciare e provava i brividi solo a pensare alla neve. Da piccolo era stato qualche volta sul Mongibello ma gli era restata impressa nella mente una megascivolata che lo costrinse a rotolare fino a valle come una palla da bowling senza potersi dare aiuto. Così il professore amava la campagna e la cascina che aveva nelle zone di Campoleri. Viveva solo, non aveva animali domestici a cui badare. Una volta, in uno dei suoi rari attacchi maniacali, provò ad allevare dei pesci. Comprò un acquario enorme e ci mise dentro pesci di ogni razza e specie conosciuta. Il risultato fu disastroso. Lui dava da mangiare ai pesci regolandosi col suo stesso appetito e nel giro di un paio di settimane restò vivo solo il pesce spazzino, quando dopo un mese morì pure lui decise di riempire la vasca con la terra e vi mise dentro delle piante grasse. Ma la vera passione del professore erano i libri. Fin da piccolo gli avevano tenuto sempre compagnia. Erano degli amici sinceri e non lo deludevano mai. E così per magia poteva diventare magro e bello come D’Artagnan e combattere per il re. Poteva salpare per i mari come Sandokan. Poteva circondarsi di donne bellissime come nei romanzi di De Villiers, oppure fingere di potersi vendicare contro chi gli aveva fatto del male come il Conte di Montecristo. Scegliere il liceo classico fu una scelta dei suoi genitori ma iscriversi al corso di Lettere all’Università fu una scelta naturale. Adesso il suo orgoglio era una casa piena di libri, le stanze che nella planimetria dovevano essere adibite ai figli erano piene di librerie e scaffali da far impallidire i commessi della Feltrinelli di Aquilia. Teneva i libri anche in cucina, nella stanza da letto e nel bagno. Il solo fatto di poterli vedere per lui agivano come delle endorfine naturali che lo rendevano felice. Ne teneva sempre qualcuno anche in borsa, di quelli tascabili, perché si sa che alla posta o in banca bisogna far la fila per aspettare il proprio turno. Lui si appoggiava tranquillamente ad un muro ed iniziava i suoi viaggi con la fantasia e spesso gli dispiaceva quando scattava il suo numero che inevitabilmente giungeva in un momento clou del romanzo. Avere una donna al suo fianco sarebbe stato un optional non incluso nel pacchetto base della sua esistenza. Anche ammesso che ne avesse trovata una della sua misura, sarebbero aumentati i problemi di viabilità in casa e forse non esistevano materassi capaci di sopportare la mezza tonnellata. Non aveva né amici né parenti con cui tenersi in contatto, nessuno voleva una presenza così ingombrante ad un party o ad un meeting al bar. Le uniche persone con cui parlava erano i suoi colleghi durante il collegio docenti, il giardiniere e la donna delle pulizie che veniva a casa sua due volte la settimana. Poi naturalmente c’erano gli studenti, sottovoce lo chiamavano professor Montagna, invece di Montana, ma a lui non dispiaceva, anzi, potevano benissimo inventarsi qualcosa di peggio e lui era grato del paragone con una formazione rocciosa. Molti gli volevano bene perché erano in grado di percepire la sua passione per la letteratura, le sue lezioni erano uno spettacolo e spesso veniva anche il preside ad ascoltarle. Quando il professore entrava in classe calava il silenzio. Come quando avviene un’eclissi di sole, alcuni giuravano di veder scendere la percentuale di luminosità dentro l’aula. Si sedeva sulla cattedra senza staccare i piedi da terra, appoggiava le mani ai bordi laterali del tavolo e cominciava a raccontare del Petrarca o del Manzoni come se si fosse trattato di un suo vecchio amico d’infanzia. Non apriva mai il libro e a fine lezione diceva d’andar a cercare le pagine sul testo ministeriale che, come molti sospettavano, non sapeva neanche quale fosse. Interrogava raramente, cosa gradita ai suoi alunni, e lo faceva sempre dal posto. Poneva una domanda in aria e ci si poteva prenotare per alzata di mano. I suoi voti erano sempre altissimi, non sopportava l’idea che magari qualcuno provasse repulsione per una materia così bella come l’Italiano ed era sempre disponibile per ogni spiegazione. Non assegnava compiti per le vacanze, diceva: «Andate in libreria e prendete un testo che vi piace, non esistono libri buoni o libri cattivi ma solo libri scritti bene e libri scritti male, quindi, quando lo aprite, leggete la prima pagina e la 69, se vi piacciono è il libro giusto per voi». Uno studente gli chiese: «Perché proprio pagina 69?» «Perché a pagina 69 si presume d’essere già nel vivo del romanzo senza preamboli da parte dell’autore. Guardate la copertina e leggete la trama. Scegliete ciò che vi attira, quando si inizia un libro è essenziale l’interesse per l’argomento. Se vi piace la scienza e siete affascinati dal futuro, potete scegliere un libro di fantascienza. Se siete attratti dal passato, un bel romanzo storico è quello che fa per voi. Prendete in mano i libri e sfogliateli, sentite il profumo della carta. Non cercate commenti in Internet, spesso sono fuorvianti. Un libro è qualcosa di personale ed i commenti sono dettati anche dallo stato emotivo. Quindi scegliete un libro anche in base al vostro stato d’animo» concluse il professore.


La vigilia dell’anno scolastico fu ricordata per una scossa di terremoto di magnitudo 4.8 che distrusse alcune case ed istituti dell’hinterland di Aquilia. Il liceo artistico Nikola Tesla subì parecchi danni e fu l’ultimo ad attivarsi fra le scuole, la data d’inizio delle lezioni fu fissata per il 26 ottobre con l’obiettivo di recuperare le ore perdute. La fermata dell’autobus si trovava a circa 50 metri dall’entrata dell’istituto e quel tratto di strada rappresentava per il professor Montana l’unica attività fisica della giornata. Stava per iniziare il discorso d’inizio anno ai suoi nuovi studenti, quando in aula si presentò un ragazzo sui 25 anni che, con fare tranquillo, andò ad appoggiarsi al muro in fondo restando in silenzio. Gli studenti non sapendo chi fosse, e forse ancora scioccati dalla visione del loro enorme professore, non dissero una parola.
«Cari ragazzi, avete avuto la sfortuna di ritrovarvi con un professore con la panza ma non dovete spaventarvi, come diceva il poeta, dentro di me c’è un cuore di farfalla.» Qualcuno abbozzò un sorriso per stemperare la tensione. «Sono il vostro professore d’Italiano e sono orgoglioso di prendere in mano questa splendida classe». Uno studente prese coraggio e disse: «Scusi, professore, ma come fa a sapere che questa è una splendida classe?»
«Semplice, perché ci siete voi e perché ci sono io.»
A quel punto la tensione si sciolse e anche i più timidi risero.
«Vi starete chiedendo perché è importante studiare l’Italiano in un liceo artistico…ebbene la letteratura è una forma d’arte, la penna assomiglia ad un pennello e la carta è bianca come la tela, non c’è alcuna differenza fra Van Gogh e Dante o Picasso e Verga, i loro lavori sono delle opere d’arte capaci di emozionare in egual modo, anche se devo dire che la mia forma preferita d’arte è quella culinaria, e non mi riferisco al baule che mi porto dietro…»
Altre risate, stavolta un decibel superiore a quelle precedenti.
«Purtroppo, benché abbia insistito per anni, non è stato possibile organizzare un corso di cucina in questo istituto e perciò dovremmo dedicarci all’Italiano. Ma lasciate che vi presenti un mio ex-alunno: Alessandro Di Prato.»
Il ragazzo in fondo all’aula si animò e andò vicino al professore, poi si rivolse alla classe.
«Buongiorno a tutti, voglio semplicemente dirvi che siete molto fortunati ad avere l’armadio qui accanto che vi accompagnerà nei prossimi anni» disse indicando un mobile nella stanza «non sapete quante volte mi ci sono nascosto nelle ore di matematica!»
Qualcuno capì in ritardo la battuta ma poi l’onda d’ilarità della classe lo travolse.
«Bene» disse il professore «adesso che avete capito con che razza di gentaglia ho avuto a che fare, iniziamo a lavorare! Coraggio…e tu aspettami qua fuori, riprenderemo il discorso a fine lezione…» ed indicò la porta all’agente scelto Di Prato.


Al suono della campana, l’ex-alunno si trovava dietro la porta.
«Mah…potevi aspettarmi all’ingresso!» Disse il professore con sorpresa.
«Nessun problema prof, sono abituato a fare il piantone. Che ne dice se ci andiamo a prendere un caffè al bar?»
«Vuoi scherzare, sono le 11, che ci faccio io con un caffè. Ti porto in un posto come si deve, c’è il McDonald’s proprio qua dietro. Prendiamo qualcosa ed andiamo a sederci nella villa che lì ci sono sedili che non ledono la dignità umana.»
Dopo aver consumato tre cheeseburger, due lattine di coca cola e un gelato, il professore era tutt’orecchi per il suo ex-alunno.
«Questo lei lo chiama prendere qualcosa?» Disse il ragazzo balbettando.
«Oh, scusa mi sono dimenticato il caffè, ma quello è meglio evitarlo, c’è la caffeina che è eccitante e stimola l’appetito.»
«Più di questo? E tutti gli zuccheri che ha mandato giù?!»
Stavolta lo sguardo del prof si fece più serio. «Suppongo che non sei venuto a trovarmi per parlare della mia dieta.»
«No, niente affatto.»
«Immaginavo, allora sputa il rospo.»
«Prof, lei è sempre molto diretto. Ma…in realtà non saprei proprio da dove cominciare, vede…»
«Che lavoro fai?» Il professore si rese conto di essere stato troppo duro e cercò di alleggerire il discorso. Purtroppo mal tollerava che qualcuno si permettesse di dire cosa doveva o non doveva mangiare.
«Il poliziotto.»
«Bene, che carica hai?»
«Ho iniziato da poco, sono cinque anni di servizio, adesso sono agente scelto.»
«Però, come vola il tempo, mi sembra ieri di vederti ancora seduto al banco di scuola. Sei sposato?»
«Si, mia moglie si chiama Rita ed insegna all’asilo dell’istituto San Camillo.»
«Vi siete sposati presto, che bello, oggi è così raro…»
All’agente scelto non sfuggì una nota di rimpianto nel tono della voce del prof.
«Avete figli?»
«No, purtroppo io non posso averne a causa di una azoospermia congenita.»
«Capisco.»
«Prof, vengo al dunque. Il mio intento è di fare carriera. Ho un mutuo da pagare, una macchina che finirò di pagare nel duemilamai. E’ il mio primo incarico di un certo prestigio e sto collaborando nel caso del serial killer soprannominato dai giornali come Il Biblista.»
Il prof alzò un sopracciglio.
«Non mi dica che non lo sa! Non ne ha sentito parlare? Ma non legge i giornali, internet o facebook?»
Il prof lo guardò con un sorriso a trentadue denti e subito dopo iniziò a canticchiare: «Lasciateci aprire le finestre, lasciateci alle cose veramente nostre. E fateci pregustare l’insolita letizia di stare per almeno dieci anni senza una notizia…Sai chi la cantava?»
«Mhm…De Andrè?»
«No, Giorgio Gaber.»
«Ok, perfetto. Quindi lei vive fuori dal mondo! Mi chiedo che cosa sono venuto a fare qui…» e fece per alzarsi.
«No, no, aspetta. Siediti. Non andare via. Mi capita così raramente di parlare con qualcun…» Si rese conto di apparire fragile in quel momento e decise di darsi un po’ di contegno. «Vivo in campagna. È vero, non ho facebook, un ipad o un cellulare ma…ma ho un computer portatile!»
«Neanche il cellulare ha…Cristo santo, perché?»
Il professore fece spallucce. «Non saprei cosa farmene e poi con tutti questi operatori che chiamano continuamente per fare offerte. Insomma l’avevo ed un giorno l’ho buttato giù dalla Timpa.»
«Beh, almeno un computer ce l’ha.»
«Si, lo uso per la scuola ma soprattutto per scrivere poesie o per leggere le ricette in rete, beh, in realtà più per le ricette. Non sopporto l’idea d’imbrattare un libro con le mani unte mentre cucino.»
«Mentre invece i tasti di un computer si? Mah! Non la capirò mai prof…» disse rassegnato.
«Senti, veniamo al dunque. Perché sei venuto a cercarmi oggi? Se ho ben capito ti serve il mio aiuto. In che modo posso esserti utile?»
«I gialli, prof.»
«I gialli? Non capisco.»
«Lei ha letto, se non tutta, la stragrande maggioranza della letteratura mondiale riguardante i misteri. Conosce i più grandi autori come le sue tasche, Agatha Christie, Conan Doyle e compagnia bella. Lei è una enciclopedia vivente, ne ha viste, pardon, lette di cotte e di crude. Potrebbe valere quanto il miglior profiler americano in caso di omicidi.»
«Capisco figliolo, però vedi, una cosa è leggere il manuale d’istruzioni di un aereo ed un’altra cosa è pilotarlo.»
A quel punto il ragazzo si ricordò che il professore non aveva mai preso la patente. «Mi scusi, ho sbagliato a cercarla, in realtà non dovrei neanche parlarle delle indagini. È meglio che vada, fra quindici minuti inizia il mio turno in centrale» e fece per alzarsi.
La mano possente del prof lo trattenne. «Aspetta. Vieni domani sera a cena a casa mia e vediamo in che modo posso aiutarti. Però ad una condizione…»
«Quale?»
«Porta il dolce.»




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Racconto scritto il 26/04/2019 - 16:31
Da Seby Flavio Gulisano
Letta n.1105 volte.
Voto:
su 2 votanti


Commenti


AVVISO IMPORTANTE: Per Laisa e Grazia che avevano già iniziato a leggere la prima parte de "Le radici del peccato", ho reso disponibile l'ebook on-line. Vi lascio qui alcuni link dove potete scaricarlo GRATUITAMENTE. Naturalmente l'invito è esteso a tutti quelli che sono interessati. Purtroppo la mia idea originale di pubblicarlo a puntate s'è rivelata sbagliata. A conti fatti, e con la pubblicazione ogni 5 giorni, ci sarebbero voluti 2 mesi, che per un thriller è un tempo sufficientemente lungo per venirne a noia. A scanso di equivoci, chiarisco che questa non è una trovata pubblicitaria, giacchè io non ci guadagno nulla e non ho altri libri in vendita da invogliare all'acquisto. Il tutto nasce solo dalla voglia di proporre la mia opera a chi è interessato. Un abbraccio.
https://www.kobo.com/it/en/ebook/le-radici-del-peccato
https://store.streetlib.com/it/seby-flavio-gulisano/le-radici-del-peccato/

Seby Flavio Gulisano 03/05/2019 - 10:10

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Apprezzo la sincerità e, detto fra noi, anch'io per mancanza di tempo evito di leggere testi troppo lunghi, soprattutto quando non conosco l'autore. Per questo vi ringrazio per la fiducia e spero possiate continuare a seguirmi. A presto.

Seby Flavio Gulisano 27/04/2019 - 08:58

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sarò sincera
mi ha incuriosita il commento di Grazia, In genere, per mancanza di tempo, nn leggo mai testi lunghi.
Gradevole, davvero
un personaggio che suscita tenerezza
indubbiamente, un "grande Uomo", ma anche estremamente solo
al prossimo step...

laisa azzurra 26/04/2019 - 21:16

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Aspetterò il seguito

Grazia Giuliani 26/04/2019 - 20:44

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Grazie per il commento, cara Grazia. "Purtroppo" il racconto è abbastanza lungo e lo dovrò pubblicare in più parti a distanza di 5 giorni. L’apprezzamento del pubblico è la gratificazione più grande per un autore, insieme ai commenti, alle critiche e ai complimenti. Chi scrive ha una grande responsabilità, non far rimpiangere al lettore il tempo che ha investito per leggere la tua opera. A distanza di quasi tre anni sono tornato a pubblicare qualcosa di mio in questo splendido sito dove è facile incontrare gente che ama leggere e scrivere come me.

Seby Flavio Gulisano 26/04/2019 - 20:31

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Che bel personaggio...
pennellato in modo eccellente!

Grazia Giuliani 26/04/2019 - 17:55

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