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Come divenni prof - seconda parte -

Come divenni prof - seconda parte -


Arrivò il temuto giorno. Arrivò inaspettato quando sembrava quasi che non dovesse più arrivare. Fu annunciato dal telegiornale. “Pubblicati i calendari per il Concorsone alla scuola” annunciò il giornalista come se fosse una notizia qualsiasi che non la riguardasse; “Non si possono dare queste notizie così , a cuor leggero, una notizia che getta nell’ansia migliaia di candidati” e si rese conto che dietro alla parola candidati c’erano tantissime persone che speravano in un posto di lavoro, magari l’unico per la famiglia mentre lei un lavoro, anche se umile, l’aveva e rischiava di rubarlo a chi, invece, non aveva altro. Poi pensò che lei avrebbe comunque liberato un posto al supermercato e si senti in pace con la coscienza.
La sera, a lezione, tutte erano in fibrillazione, “Io sono del primo giorno, la mia solita sfortuna…” disse Maria “No sono più sfortunata io, che devo aspettare l’ultimo giorno” disse Carla. “Forza che dobbiamo finire gli argomenti” zittì tutte Diana e iniziò la lezione.
Il giorno dopo, solita richiesta di permesso, questa volta temeva veramente che il direttore le facesse qualche domanda ma lui la guardò benevolmente come se intuisse e non fece nessun problema.
La prova di Anna si tenne a l’Aquila ma il marito si rifiutò di accompagnarla “Hai voluto fare di testa tua, adesso vai da sola” aveva troncato il discorso quando glielo aveva chiesto.
Riuscì, anche questa volta, a trattenere le emozioni e il viaggio fu tranquillo come se fosse una gita turistica, arrivò nella scuola, parcheggiò nelle vicinanze ed entrò. Il tempo trascorso tra l’arrivo e l’inizio della prova passò quasi senza che se ne rendesse conto e si ritrovò all’improvviso seduta ad un banco con il compito davanti.
Quando cominciò a leggere i quesiti, però, la calma e la tranquillità l’abbandonarono. Lesse i titoli con un’agitazione tale che non capì il loro significato, spaventatissima li rilesse senza successo; allora chiuse gli occhi per qualche secondo e quando li riaprì la calma era tornata, le tracce da svolgere erano diventate comprensibili ed avevano senso. In più ebbe la consapevolezza che fossero alla sua portata. Fece, allora, una gran respiro e iniziò a scrivere.
“Il tempo sta per scadere, preparatevi alla consegna, prego” la voce del responsabile della classe la fece ritornare alla realtà ma lei aveva finito proprio allora di verificare le risposte date e ne era soddisfatta quindi consegnò tranquilla e uscì dall’aula. Nel corridoio le voci prevalenti erano di scoraggiamento qualcuno diceva “Quelle norme non le ho mai sentite…” e altri “Fanno partecipare i geometri e poi fanno domande per geni neanche ingegneri” e ancora “Non ho capito nulla per l’agitazione…”. Alchè si rincuorò perché lei aveva risposto, sperava bene, a tutte le domande e aveva fatto anche un bel disegno, come richiesto da un quesito. Comunque si sentiva addosso una grande stanchezza provocata dalla tensione che si abbassava e decise di fare qualche passo prima di andare alla macchina. Era quasi buio, la zona di periferia quasi disabitata una volta che gli esaminati erano andati via e preferì quindi ripartire subito. Si mise in auto, guidò fino a casa, salutò il marito che stava guardando la televisione che però non rispose, mangiò un pezzo di pane col salame e andò a letto.
Un pensiero terribile le passò per la testa “Che aveva fatto per meritarsi un uomo così?” lei voleva riscattarsi attraverso un lavoro migliore e lui era arrabbiato. Rivide tutti i suoi anni di matrimonio cercando un attimo di dolcezza, un suo gesto di stima, un complimento alle sue capacità ma non li trovò. Profondamente delusa si rese conto di stare piangendo ma lentamente, da quelle tristi lacrime, emerse una nuova consapevolezza, ce la poteva fare, ce la DOVEVA fare, per sé, solo per sé, ma ce la doveva fare. E poi avrebbe fatto i conti. Tutti. E con tutti.


Solo questa consapevolezza le diede la forza di continuare a studiare, a lavorare e vivere in una casa dove ormai si sentiva un’estranea. Il marito, resosi conto dei suoi progressi negli esami, era sempre più arrabbiato e distante; ormai parlavano solo il minimo necessario.
La notizia del superamento della prova scritta arrivò dopo più di in mese insieme alla data della prova pratica. Ormai, però era lanciata e non voleva farsi fermare. Si mise a studiare con ancora più accanimento in quei pochi giorni e arrivò all’esame consapevole di essere pronta.


I giorni che seguirono furono pieni di studio e null’altro. Al lavoro andava per forza, non parlava con nessuno e andava via subito a fine turno evitando il chiacchiericcio delle colleghe. A casa stava il meno possibile, aveva trovato un amico ingegnere che la ospitava nel suo studio e che la aiutava nelle difficoltà. Giunse così il giorno della prova orale che la trovò stanca ma determinata. Dimostrò, agli occhi degli esaminatori, una buona conoscenza della materia e un’ottima capacità comunicativa per cui terminò la prova soddisfatta.


A quel punto era finita, non poteva fare più niente se non aspettare. L’attesa si temeva fosse lunga conoscendo i tempi della burocrazia italiana e cercò di non pensarci per lunghi giorni.
Al lavoro, nel frattempo, avevano saputo tutto e tifavano per lei, sicuramente più del marito. “Hai saputo qualcosa del concorso?” le dicevano curiose le colleghe “No, non ancora” rispondeva sorridendo emozionata per l’affetto che tutte le dimostravano. “Allora c’è qualcuno che mi stima” pensava fra sé vedendo di essere diventata importante tra le colleghe.


COMUNICAZIONE IMPORTANTE era l’oggetto di una email arrivata una mattina che stava a casa da sola, mittente MIUR. “Non posso leggerlo da sola” pensò e telefonò a Viviana “Vieni subito” disse senza aspettare la risposta e andò ad aprire al porta giusto in tempo per vedere arrivare Viviana spaventatissima “Stai male? Che hai?” “Mi è appena arrivata una email dal ministero ma non ce la faccio a leggerla da sola” “Stai tranquilla che ci sono io” disse Viviana che sapeva bene l’importanza della lettera , la prese per mano, andarono in camera del figlio di Anna e la fece sedere. Aprì il file del ministero e lessero insieme:




Spett. sig.a


La direzione generale per il personale… visto … la Sua partecipazione al concorso… per titoli ed esami…… vista… la graduatoria definitiva… laboratorio di topografia…. Regione Abruzzo…
NOMINA
la SV docente della classe sopraindicata… e la invita a presentarsi presso l’istituto….. con sede in Avezzano il giorno 1 settembre c.a. In caso di mancata….. rinuncia. ……


Cordiali saluti….


Le due donne cominciarono a gridare e a saltare, si abbracciarono, gridarono e saltarono di nuovo, lessero di nuovo la lettera e poi ricominciarono a saltare e ad abbracciarsi. Quando si calmarono lessero per la terza volta la lettera e cominciarono a pensare ai problemi che comportava, mancavano, infatti, pochi giorni e si doveva organizzare il trasloco. Anna informò l’amica della sua decisione, Viviana si fece seria ma, alla fine, fu d’accordo e le fece coraggio.
Stamparono la lettera e andarono al supermercato per parlare con il direttore per le dimissioni.
Il colloquio fu breve ma intenso, il direttore le fece i complimenti e le disse che avrebbe potuto passare in ferie il periodo prima della partenza, a parte il turno pomeridiano per il quale non poteva organizzarsi, che avrebbe fatto preparare al commercialista i documenti da firmare e concluso tutto entro domani. Poi le accompagnò alla porta e le salutò cordialmente.


Quando entrò nel supermercato pensò che era l’ultima volta che lo faceva da commessa e fu presa da malinconia ma le sue colleghe, appena la videro, la abbracciarono, le ridevano, le facevano i complimenti e le feste. Vennero tutte a salutarla, sia quelle che entravano che quelle che uscivano e ognuna aveva un sorriso per lei. Commossa pensava che non si era mai accorta di quanto fosse stimata e amata. Dopo iniziò la consueta giornata lavorativa.
A fine turno, era ormai orario di chiusura, si accorse di uno strano movimento, il negozio era insolitamente pieno ma le sembrò di riconoscere tante colleghe. Non fece in tempo a rendersene conto che, chiusi gli ingressi, il direttore richiamò l’attenzione di tutte le presenti presso la cassa dove lavorava Anna: “Come ormai sapete, la nostra cara Anna ci lascia” disse ad alta voce per farsi sentire da tutte “Ci lascia perché ha vinto il concorso da insegnante che ha tanto voluto e per il quale ha tanto studiato” … “Prenderà servizio tra pochi giorni ad Avezzano, quindi lascia anche la nostra tanto amata Teramo” … “Nel salutarla a nome di tutte voi voglio ringraziarla per l’impegno e la passione che ha sempre profuso nel suo lavoro sia modesto che di responsabilità”. Anna non si aspettava certo questo discorso e lo accolse in lacrime. Tutte le colleghe fecero un applauso e gridarono di gioia, a quel punto la caporeparto casse le si avvicinò e disse “A nome di tutte, un piccolo pensiero a ricordo della nostra stima perché sappiamo che con te la scuola sarà sicuramente migliore”. Un nuovo grande applauso scoppiò fragoroso e la caporeparto le porse un pacco. Anna era commossa e non riusciva a dire nient’altro che qualche grazie sommesso. Aprì finalmente il dono ricevuto e vide che si trattava di un tailleur. Rimase sbalordita. Non aveva mai avuto un tailleur, le sembrava troppo elegante per il misero lavoro che faceva mentre adesso avrebbe potuto indossarlo, era il vero abito da professoressa; se lo provò e, preso coraggio, disse a tutte “Grazie, grazie per il regalo veramente gradito, per la gioia che avete appena manifestato e per essermi stata vicina e sopportato in questi mesi di studio… senza il vostro aiuto non c’è l’avrei fatta. Grazie di nuovo grazie di tutto” Un nuovo scroscio di applausi riempì il locale e le toccò un nuovo giro di auguri e complimenti poi tutte andarono via.
Rimasta sola però le rimase una profonda tristezza perché tutti la festeggiavano tranne le persone da cui lo avrebbe più gradito ma sapeva che ormai quella cosa era finita e che avrebbe dovuto mettersela alle spalle.
Il giorno dopo andò prima dal parrucchiere, dove fu ugualmente festeggiata e salutata e poi al supermercato. Avrebbe voluto indossare l’abito ricevuto ma non era la stagione adatta quindi scelse un vestito appena elegante ma che non avrebbe mai indossato per andare al lavoro. Si trattenne qualche minuto col direttore per le pratiche burocratiche e poi uscì dal luogo dove aveva lavorato e vissuto tanti anni e pensò “ Uscita definitiva”.


Col marito non aveva parlato della nomina ma sapeva che lui sapeva. Lo sapeva perché anche lui aveva intuito la sua decisione ma non le parlò. Non le chiese il motivo, non cercò di trattenerla o di farle cambiare idea, non le chiese cosa pensava di fare e questo, se da un lato facilitava le cose, dall’altro la addolorò profondamente “Con chi aveva vissuto in questi anni?” si chiese “Cosa sarebbe stata la sua vita se…?” Ma oramai era un tempo passato, si disse, e doveva guardare avanti; l’aspettava un lavoro impegnativo e difficile alla quale però si sentiva pronta e decisa. Su internet fissò una camera in una pensioncina al centro città e iniziò a preparare i bagagli.


Uscì di casa quando il marito non c’era. Preferì evitare falsi saluti e andò via.
Non lasciò neanche un biglietto tanto lui sapeva dove sarebbe andata ma non l’avrebbe cercata.
Chiuse la porta e ne aprì un’altra sul futuro. Il suo. Finalmente.



Ringraziamenti


Voglio ringraziare mia moglie Viviana per l’impulso datomi ad iniziare a scrivere, Lia, MariaEugenia e tutte le amiche che hanno contribuito a cambiare il corso delle cose.




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Racconto scritto il 03/02/2014 - 11:26
Da Franco Di Michele
Letta n.1165 volte.
Voto:
su 2 votanti


Commenti


Mi è piaciuto fino ad un certo punto, non so che c'è ma secondo me qualcosa manca, in alcune parti dimostri di sapere raggiungere alti livelli, in altri sembri quasi perderti un po. Comunque complessivamente ho apprezzato. Complimenti

Gaio Cincinnato 24/04/2014 - 22:55

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