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Dammi una penna

Il fumo non può essere definito come un semplice vizio:è più che altro un’ossessione mascherata da abitudine e bisogno che inizia come un gioco senza che tu te ne renda conto.Christian aveva sedici anni quando aveva preso per la prima volta una sigaretta tra le dita.Lo faceva sentire così grande, così figo!Ora di anni ne aveva ventotto e sapeva benissimo che il fumo non era un gioco,non era un’arma per sedurre una donna o per farsi rispettare.Era solo una delle tante cose che facevano male.E pure tanto!Ma comunque non era mai riuscito a smettere.Anzi:fumava ancora di più quando era sotto pressione,quando,come in quel momento,la sua ex-moglie gli dava addosso come un toro infuriato. “Sei un fallito,Christian:un fal-li-to!”scandiva Giulia,la sua ex-compagna,senza tralasciare neanche una sillaba. Era piombata a casa sua come una pazza ed aveva cominciato ad urlargli contro senza motivo. Mentre accendeva un’altra sigaretta si chiedeva perché l’avesse sposata. “Pensi solo a lavorare,ma come padre…come padre sei un fallito!” Ah,ecco:l’aveva sposata perché una notte di circa otto anni fa,quando lui era mezzo ubriaco,Giulia gli era saltata addosso e quasi senza accorgersene,nel giro di poco tempo,lei era diventata sua moglie e lui padre! “Quando ti renderai conto che nostro figlio ha bisogno di attenzione?” “Quando tu smetterai di chiedermi come un’assatanata gli alimenti” aveva risposto. Secco,spedito come un’asta da biliardo che colpisce la palla e fa buca!Si era stancato di ascoltarla. Infatti Giulia non riusciva più a biascicare parola.Christian spense la sigaretta. “Ora ti pregherei di andartene.Io,Luca ed Emilia abbiamo una settimana da trascorrere insieme!” “Già,Emi. Mi ero dimenticata di quella prostituta che tu chiami fidanzata.” “Emilia non va a letto con uno se quella persona è ubriaca.Emilia non si fa mettere incinta dal primo che capita!” “Dal primo che capita?Christian,io ti amavo!” “Ma io non ero capace di intendere o di volere.Non mi hai dato la possibilità di scegliere,Giulia.E poi non sono stato io a lasciarti:sei stata tu a trovarti un altro.Mi dispiace,Giulia,ma hai fatto tutto da sola!” La donna sembrò calmarsi mentre gocce d’acqua salata le bagnavano le guance.Fu in quel momento che nella stanza entrò Luca,un ometto di soli sette anni con degli occhi verdi che sapevano scavarti dentro l’anima. “Ciao piccolo!”fece Giulia asciugandosi gli occhi“…fai il bravo,mi raccomando e non far arrabbiare papà!” Il bambino non annuì o aprì bocca:si limitò a prendere la sua fedele penna rossa e a scrivere su un quaderno che manteneva con l’altro braccio.Non si separava mai da quei due oggetti,anche perché rappresentavano la sua bocca,la sua lingua.Luca infatti non parlava:la sua bocca si muoveva solo per qualche piccolo e raro sorriso.I medici pensavano ad un qualche trauma che combattuto con l’amore e con la dovuta attenzione sarebbe sparito con il tempo.Intanto erano passati quattro anni da quando loro si erano separati e suo figlio non aveva aperto più bocca… . “Anch’io ti voglio bene,Luca!” disse Giulia abbracciando il piccolo ometto. Di sicuro aveva scritto qualcosa del genere,pensò Christian.A lui non gliel’aveva mai scritto, purtroppo.E questo era la vera causa che lo faceva sentire un fallito.Fortuna che la porta si spalancò ed una giovane donna dai capelli bruni come la notte entrò nel salone con un sorriso smagliante. “Ciao,Luca!” salutò Emilia. Il bambino corse da lei e si avvinghiò al suo corpo.Christian tornò a respirare,a sentirsi meglio.A Luca, Emilia piaceva,quasi quanto piaceva a lui!Cosa che a Giulia,invece,rodeva parecchio.Infatti la donna abbozzò un sorriso ed uscì. Emilia la seguì con lo sguardo poi si dedicò completamente a Luca. “Ehi,ometto,meno male che ci sei anche tu!Avevo intenzione di preparare una cenetta fantastica. Mica possiamo lasciarla tutta a papà,vero?”. Luca sorrise ed Emilia gli scompigliò i capelli. “Forza,allora,a lavare le mani!”. Detto fatto,il ragazzino corse nell’altra stanza mentre Emilia,una volta posato il giubbotto,corse dal suo uomo.Sapeva che qualcosa lo turbava e sperava davvero di poterlo aiutare.Sorrise ripensando a come si era innamorata di lui e come si era affezionata al figlio. “Cosa voleva la tua ex?”chiese ad un tratto. “Voleva portarsi via Luca e quando io le ho detto di no ha cominciato a recitare.Sai,le scene di melodramma che mette in atto,no?!?”. “Ah,sì!Le conosco,purtroppo!”. Christian lasciò che quell’angelo lo circondasse con le sue ali prima di continuare. “Credo che,fino a quando Giulia starà in mezzo,io e Luca non riusciremo mai a capirci.” “Vedrai che ci riuscirai!Questa settimana è tutta vostra.” “Tutta nostra,vorrai dire.Emilia,non lasciarmi solo,ti prego.Non so come comportarmi con lui.” Emilia sorrise baciandolo teneramente sulle labbra. “Non so tra te e tuo figlio chi è il bambino!”lo canzonò lei,sfiorando le sue labbra come il vento quando accarezza i fiori di un prato senza per questo toccarli.
Dopo cena e “Toy story 3”,Christian portò suo figlio in camera per metterlo a letto.L’idea era stata di Emilia,ma lui si sentiva così impacciato!Luca sembrò capirlo visto che,indossato il pigiama,si rimboccò le coperte da solo.Christian non sapeva da che parte cominciare. “Allora,buonanotte,Luca.” disse. Il bambino,come suo solito,non aprì bocca.Christian si sentiva quasi in apnea. “Senti,ometto…” iniziò senza pensarci “…che ne dici se domani andiamo al Luna Park?Sono sicuro che sarà una bella giornata.Vedrai ci divertiremo un sacco!”. Zero:Luca era impassibile anche se i suoi occhi luccicavano come due smeraldi.Allora Christian gli si avvicinò e gli diede un bacio sulla guancia. “Dormi bene.Io sono nella stanza a fianco per qualsiasi cosa.”. Fu un attimo.Suo figlio aprì la bocca ma non ne uscì alcun suono.Era una cosa che non aveva mai fatto.Anche se non aveva detto niente:era comunque un bel passo avanti.Christian tornò a respirare mentre una strana sensazione gli aveva fatto vibrare le corde del cuore:quella sensazione secondo la quale suo figlio non era poi così lontano da lui.
“Allora?Com’è andata?” Christian entrò nella stanza ma non chiuse del tutto la porta.Si tolse la camicia e i pantaloni per indossare anche lui il pigiama.Poi si nascose sotto le lenzuola e strinse Emilia a sé come fosse un cuscino.Solo che lei era più soffice.E poi era in carne ed ossa. “Amore,avevi ragione tu:posso farcela!”. “Certo che puoi.È pur sempre tuo figlio e ti vuole bene.Devi solo trovare il modo giusto per far breccia nella sua barriera.”. Christian la baciò accarezzandole dolcemente una guancia. “Ti amo!” le sussurrò prima di baciarla ancora. “Anch’io.” Rispose lei prima di perdersi nelle sue braccia.
L’amore è proprio uguale ad un bambino:quando inizia a giocare non vuole più smettere.E in quella settimana,l’amore si era divertito tantissimo,giocando con le vite di Luca,Christian ed Emilia.Un gioco che aveva avvicinato sempre di più un padre ed un figlio che,come due estranei,si erano sempre tenuti lontano.Ma basta un passo per restringere lo spazio,un pizzico di volontà per rompere la gabbia in cui Luca si era chiuso.Ma Christian non si era arreso:perché quel bambino era suo figlio e lui non avrebbe lasciato che quella barriera lo imprigionasse a vita.Voleva ascoltare la sua voce,voleva sentirlo ridere,voleva che vivesse con lui ed Emilia per sempre.Ma il tempo correva veloce:come un treno senza fermate aveva trascinato quei sette giorni nel passato.Ed ora,era giunto già il momento di andare via. “Non puoi,Christian!” aveva sussurrato Emilia “…guardalo:non vuole andare da sua madre!Lui vuole te!” Infatti Luca era seduto al tavolo con la testolina persa nel vuoto,il suo sorriso spento e i suoi due smeraldi oscurati.Christian sentiva il cuore chiuso in una morsa:il pensiero di lasciarlo andare proprio ora che erano così vicini gli martellava la testa.Così,prima che Emilia dicesse qualcos’altro, si avvicinò al figlio. “Ehi,Luca,sei già pronto?”. Il piccolo non alzò neanche la testa.Christian sospirò profondamente e allungò una mano verso di lui per accarezzarlo,ma Luca sembrava non percepire più nulla.E questo faceva più male di mille sigarette finite. “Emilia,dammi una penna!”. La giovane donna dopo qualche minuto tornò con il piccolo strumento.Christian lo prese e cominciò a scrivere.Poi lesse.Finalmente Luca alzò la testolina bruna. “So che puoi capirmi,ometto,anche se parlo un po’ complicato.Hai ragione,sai?Scrivendo riesco a dirti meglio quello che sento,figlio mio.La verità è che non voglio che tu vada via da questa casa.E non lo dico solo perché io e tua madre non ci amiamo più.L’amore fra noi è sparito subito,con la stessa velocità con cui era nato.Ma l’amore che provo per te,non finirà mai,Luca.Figlio mio,io ti voglio bene e voglio che tu me lo dica,me lo scriva perché lo leggo dai tuoi occhi verde smeraldo, ma non bastano.Ometto,io sono qui:non ti lascerò mai solo.Sarò tuo padre per sempre anche se tu non mi volessi più.”. Ci furono attimi di silenzio che sembrarono ore. Emilia posò le mani dinanzi la bocca per evitare qualsiasi singhiozzo.Poi successe:la barriera crollò,la distanza si era azzerata.Luca prese la sua penna e cominciò a scrivere.Ma poi si fermò e accartocciò il foglio. “Ti…vo…voglio…be…be…ne!” biascicò Luca,ma a Christian sembrò il suono più bello del mondo. Lasciò cadere la sedia sotto di lui e abbracciò il suo ometto mentre Emilia aveva urlato dalla felicità. “Ridimmelo,Luca…”sussurrò Christian“…non smettere mai di dirmelo!!!”. Luca rise e strinse forte a sé suo padre. “Ti…voglio…be…ne,papà!”.



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Racconto scritto il 13/05/2014 - 19:46
Da Anna Di Maio
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