Eva
C'era una volta Eva.
Eva era una allieva, non so di cosa, lei non pensava e se lo faceva pensava sempre a una cosa. Era una fuori-corso, forse per questo andava sempre di corsa, tra i capelli portava un nastro rosa che alla festa della nonna sostituiva con una mimosa.
Eva era una allieva, non so di cosa, lei non pensava,
e quando pensava si stufava e se si stufava beveva,
come un'ossessa beveva, si ingozzava di whisky, grappa,
vodka, cognac, e quant'altro, e si ubriacava, e se si ubriacava non parlava (sinceramente non lo faceva
nemmeno da sobria) semmai sparlava, sparlava e non si conteneva e diceva... boh, non so cosa diceva.
Se non la conoscevi pensavi che si faceva e invece no, non si faceva, perlomeno i bene informati dicevano che non si faceva,semmai si faceva fare e beveva, beveva e si ubriacava e sparlava.
Eva era un'allieva non so di cosa, nessuno la conosceva, se delle sue convinzioni si convinceva insisteva, come una bestia si batteva si connetteva e dibatteva, nulla la conteneva, nessuno la contrastava, ma se il dubbio la prendeva, se lo scrupolo in lei cresceva, era come l'alcool, non lo reggeva, così si nascondeva, si chiudeva, piangeva e usciva, e correva, correva anche se pioveva, e se per caso chiedevi come si sentiva non ti rispondeva, in silenzio rimaneva, e tu deluso dicevi "..ma porca Eva".
Eva, era una allieva non so di cosa, era una tipa alla "leggera" di quelle che ogni pensiero ti leva, era una cosa penosa, pensava sempre alla stessa cosa sino a diventare noiosa e appena ci pensava si proponeva, vedessi.., come un razzo filava, in un lampo i vestiti si sfilava e si svestiva, se non lo faceva si dispiaceva,
e a chi non conosceva sorrideva e diceva "Io sono Eva,
prendimi a smorza-candela". Ma spesso succedeva che sul più bello quando t'eri convinto che te la dava, anche se non pensava, lei ci ripensava si distraeva, si ritraeva e non te la dava e tu dicevi "...puttana Eva!".
Eva, era una allieva non so di cosa, andava sempre di corsa, la riconoscevi dal nastro rosa che alla festa della nonna diventava una mimosa, lei non leggeva ma fingeva, cantava e talvolta dipingeva, si sussurra che di nascosto pregava e piangeva, ah quanto piangeva, e anche se non pensava diceva sempre quel che pensava. In definitiva era una persona positiva e propositiva,
attiva e piena di iniziativa e se si spegneva con un "clic" si riaccendeva per tornare operativa.
Eva era bella, davvero bella, luminosa e leggiadra come una stella, volteggiante come una farfalla, di me si fidava e quando si ubriacava si confidava. Così mi disse che che era ucraina e viveva a Milano, bionda con gli occhi chiari, un sottile strato di pelle candida come la neve ricopriva la sua carne, no, non era calda, di più, era un braciere, una rosa da cogliere, insomma un belvedere.
Ricordo che tartagliando mi diceva"come la brina di prima mattina o come neve al levar del sole sparirò a primavera, quant'è vero che mi chiamo Eva, mi scioglierò e scomparirò". Sentendola biascicare pensavo a una panzana e non le credevo, perché mai dovevo, e ridevo, ridevo così tanto che piangevo, era un pianto di sollievo perché non le credevo.
Un giorno con una lacrima che le rigava il viso mi disse
"Gli uomini cercano la provocazione per muovere la passione per potermi possedere e raggiungere il piacere,
con voi ci vorrebbe un pompiere, mentre io chiedo amore,
nell'oscurità cerco uno spiraglio di luce per restare in equilibrio sull'orlo di un cratere, per sentirmi statica
sul baratro di un precipizio e non cadere".
Così disse, si volse e si allontanò.
Sulle labbra rosse indossava un sorriso forte e deciso,
mentre mostrava due gambe mozzafiato su scarpe con tacchi a spillo che a guardarle mi sentii un mandrillo. Lo ammetto, vederla in quello stato fu peggio di un clistere, fu un vero dispiacere, per dimenticare cominciai a bere, e bevevo, bevevo peggio di un cocchiere, bevevo per dimenticare quel gran dolore e a furia di dimenticare mi scordai anche di bere.
Eva, era una allieva non so di cosa, pensavo che non pensasse e se lo facesse pensasse sempre a una cosa,
andava in giro con un nastro rosa che alla festa della nonna sostituiva con una mimosa, andava sempre di corsa,
e quando ho deciso di rincorrerla è svanita, l'ho cercata
per giornate intere e prima di riprendere a bere ho capito d'averla perduta.
Da allora non l'ho più veduta e ancora adesso mentre son qui seduto che bevo col tempo a mia disposizione quasi scaduto, tra un bicchiere e l'altro, ripensando a come risplendeva e a quanto mi piaceva, con una lacrima che mi riga il viso mi dico "...porcaccia Eva".
Eva era una allieva, non so di cosa, lei non pensava e se lo faceva pensava sempre a una cosa. Era una fuori-corso, forse per questo andava sempre di corsa, tra i capelli portava un nastro rosa che alla festa della nonna sostituiva con una mimosa.
Eva era una allieva, non so di cosa, lei non pensava,
e quando pensava si stufava e se si stufava beveva,
come un'ossessa beveva, si ingozzava di whisky, grappa,
vodka, cognac, e quant'altro, e si ubriacava, e se si ubriacava non parlava (sinceramente non lo faceva
nemmeno da sobria) semmai sparlava, sparlava e non si conteneva e diceva... boh, non so cosa diceva.
Se non la conoscevi pensavi che si faceva e invece no, non si faceva, perlomeno i bene informati dicevano che non si faceva,semmai si faceva fare e beveva, beveva e si ubriacava e sparlava.
Eva era un'allieva non so di cosa, nessuno la conosceva, se delle sue convinzioni si convinceva insisteva, come una bestia si batteva si connetteva e dibatteva, nulla la conteneva, nessuno la contrastava, ma se il dubbio la prendeva, se lo scrupolo in lei cresceva, era come l'alcool, non lo reggeva, così si nascondeva, si chiudeva, piangeva e usciva, e correva, correva anche se pioveva, e se per caso chiedevi come si sentiva non ti rispondeva, in silenzio rimaneva, e tu deluso dicevi "..ma porca Eva".
Eva, era una allieva non so di cosa, era una tipa alla "leggera" di quelle che ogni pensiero ti leva, era una cosa penosa, pensava sempre alla stessa cosa sino a diventare noiosa e appena ci pensava si proponeva, vedessi.., come un razzo filava, in un lampo i vestiti si sfilava e si svestiva, se non lo faceva si dispiaceva,
e a chi non conosceva sorrideva e diceva "Io sono Eva,
prendimi a smorza-candela". Ma spesso succedeva che sul più bello quando t'eri convinto che te la dava, anche se non pensava, lei ci ripensava si distraeva, si ritraeva e non te la dava e tu dicevi "...puttana Eva!".
Eva, era una allieva non so di cosa, andava sempre di corsa, la riconoscevi dal nastro rosa che alla festa della nonna diventava una mimosa, lei non leggeva ma fingeva, cantava e talvolta dipingeva, si sussurra che di nascosto pregava e piangeva, ah quanto piangeva, e anche se non pensava diceva sempre quel che pensava. In definitiva era una persona positiva e propositiva,
attiva e piena di iniziativa e se si spegneva con un "clic" si riaccendeva per tornare operativa.
Eva era bella, davvero bella, luminosa e leggiadra come una stella, volteggiante come una farfalla, di me si fidava e quando si ubriacava si confidava. Così mi disse che che era ucraina e viveva a Milano, bionda con gli occhi chiari, un sottile strato di pelle candida come la neve ricopriva la sua carne, no, non era calda, di più, era un braciere, una rosa da cogliere, insomma un belvedere.
Ricordo che tartagliando mi diceva"come la brina di prima mattina o come neve al levar del sole sparirò a primavera, quant'è vero che mi chiamo Eva, mi scioglierò e scomparirò". Sentendola biascicare pensavo a una panzana e non le credevo, perché mai dovevo, e ridevo, ridevo così tanto che piangevo, era un pianto di sollievo perché non le credevo.
Un giorno con una lacrima che le rigava il viso mi disse
"Gli uomini cercano la provocazione per muovere la passione per potermi possedere e raggiungere il piacere,
con voi ci vorrebbe un pompiere, mentre io chiedo amore,
nell'oscurità cerco uno spiraglio di luce per restare in equilibrio sull'orlo di un cratere, per sentirmi statica
sul baratro di un precipizio e non cadere".
Così disse, si volse e si allontanò.
Sulle labbra rosse indossava un sorriso forte e deciso,
mentre mostrava due gambe mozzafiato su scarpe con tacchi a spillo che a guardarle mi sentii un mandrillo. Lo ammetto, vederla in quello stato fu peggio di un clistere, fu un vero dispiacere, per dimenticare cominciai a bere, e bevevo, bevevo peggio di un cocchiere, bevevo per dimenticare quel gran dolore e a furia di dimenticare mi scordai anche di bere.
Eva, era una allieva non so di cosa, pensavo che non pensasse e se lo facesse pensasse sempre a una cosa,
andava in giro con un nastro rosa che alla festa della nonna sostituiva con una mimosa, andava sempre di corsa,
e quando ho deciso di rincorrerla è svanita, l'ho cercata
per giornate intere e prima di riprendere a bere ho capito d'averla perduta.
Da allora non l'ho più veduta e ancora adesso mentre son qui seduto che bevo col tempo a mia disposizione quasi scaduto, tra un bicchiere e l'altro, ripensando a come risplendeva e a quanto mi piaceva, con una lacrima che mi riga il viso mi dico "...porcaccia Eva".
Racconto scritto il 15/03/2022 - 16:37
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