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Reprobi Angelus 8.12

Capitulum octavum
La quarta stanza- Mangime per il proprio ego


Mi svegliò il sottile profumo lento dei bucaneve alla finestra che cercavano di fermare sui petali il fiato dell’aria fresca del mattino. Sulla pagina strappata sotto il gomito una frase mai scritta…sogno di scrivere e poi scrivo il mio sogno. La mia calligrafia.
Ho dentro di me la scrittura come i bambini sentono il desiderio di tirare calci al pallone. Per quei bambini la partita della domenica al campetto di provincia non è questione di vincere o perdere, è fare quel goal che significa l’applauso dei pochi presenti.
So che il mio manoscritto non andrà forse oltre quel piccolo campetto. Ma sarà il mio campetto, e l’applauso di quei pochi… terrà acceso il sogno.


Christopher non capiva se a svegliarlo da quello strano sogno fosse stato il soffio del vento tra i salici o il ticchettio del suo Roger Smith. Davanti a lui il cigno si lasciava curare dalle mani tozze di
un omone di almeno centottanta chili, senza dimenarsi.
Il ragazzotto lo guardò per un istante <Deve essere stato sfinito per addormentarsi con la schiena appoggiata a una pietra… Spero per lei che non si sia sporcato il suo bell’abito elegante. E’ venuto qui per lavoro?>.
<< Sì, credo di sì>> lo scozzese si mise la mano sul polso come a fermare il tempo scandito dai piccoli ingranaggi, per non dover misurare l’imbarazzo. Sembrava proprio che il suo interlocutore fosse… <Che scortese sono stato, mi scusi signore. Mi chiamo Edgar>.
Christopher ora non riusciva a contenere l’eccitazione <<…e fai il camionista?>>.
<Santo cielo, no. Come le viene in mente…> e scoppiò in una risata sonora e prolungata <…faccio l’agricoltore col mio vecchio padre. Abbiamo un appezzamento oltre il crinale, e oggi c’è la semina dello zenzero.
Che strana domanda… come quelle che faceva uno scrittore, tempo fa. Dall’Italia, mi pare>.
<<Quali domande, devi dirmelo…>>.
<Non so> arrossì Edgar <però ricordo che lo accompagnai al Palazzo sull’Acqua.
Allora, diceva che il suo lavoro l’ha portata da queste parti…>.
<< Sono venuto qui per parlare con… Mastro…>>.
<Buon Dio, lo conosco. Papà mi mandò da lui a bottega quando ero fanciullo. Sta poco dopo il chilometro 13, proprio dietro quella che una volta era la locanda Della Cannella>.
Christopher raccolse la giacca e interruppe senza indugio la conversazione, non prima di aver ringraziato il ragazzotto. Doveva raggiungere l’autore del manoscritto. Incredibile, pensò… ha lo studio nel retro della locanda.
Parcheggiò la volga nera nell’enorme spiazzo proprio davanti al capanno. Tentennò, deluso… era proprio un capanno. E la sua esitazione crebbe nel varcare la soglia: era una bottega.
Attendeva riluttante, quando alle sue spalle come se sussurrasse -Forestiero, qual buon vento ti porta da Zelo? Incisioni su legno e metalli teneri. Cuoio, lapidi in frassino…-.
<Oh, lei… Capisco. Mastro stipettaio>.
-E chi pensavi di trovare, elegantone di città… Come posso aiutarti?-.
Christopher sospirò <Forse può parlarmi di Samaèl>. -Chi!?!-. <Samaèl, l’angelo caduto… E di Adamantina>.
-Forestiero, credo tu abbia letto troppi libri. L’unico angelo che conosco ce l’ho fermo a pagina 17 di Angeli e Demoni…-. <Dan Brown>. -…se lo dici tu!? Lo uso più che altro come cuneo per il mio banco zoppo che non ho tempo di riparare. E l’unica donna che conoscevo con quel nome, viveva ai tempi del mio trisavolo Edvard… pace all’anima sua -.
Anche questa volta lo scozzese ringraziò in tutta fretta. Era stato un fallimento. Forse aveva ragione Joanne… era stato troppo precipitoso, si disse. Se si fosse affrettato, avrebbe potuto ancora trovare un volo per Edimburgo in serata.


L’artigiano uscì dalla bottega compiaciuto di aver fatto ciò che era necessario, mormorando qualcosa -Il destino / fila lo stame / della vita, / inflessibile-.
‘Il mondo di oggi non ha senso con la sua smodata ambizione, Zelo… mio fedele servitore, pur privo di meriti effettivi.
Ho dovuto pensare io allo scozzese: ricorda, i sogni ricreano il mondo ogni notte.
Perché dovrei incoraggiare la tua accentuata vanagloria?!’.
Una voce giunta dall’angolo più buio.
L’urlo che si udì misurò le profondità degli inferi, per poi tornare tra il riverbero della Stella del mattino sul lago nel dipinto dentro il bagagliaio della Volga nera a noleggio.
(in tomo inanis gloria)




-Le parole pronunciate da Lucifero ‘…’ sono liberamente tratte da citazioni di Pablo Picasso e Neil Gaiman




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Racconto scritto il 05/05/2022 - 21:23
Da Mirko D. Mastro
Letta n.352 volte.
Voto:
su 3 votanti


Commenti


Grazie

Mirko D. Mastro 10/05/2022 - 06:18

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5*

Aquila Della Notte 06/05/2022 - 18:17

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Condivido pienamente gli altri due commenti, intrigante questo tuo saper attirare e catturare l'attenzione nei tuoi racconti.

Maria Luisa Bandiera 06/05/2022 - 15:13

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Grazie a te, Mirko... di tutto

Marina Assanti 06/05/2022 - 11:01

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Questi due vostri splendidi commenti li terrò con me nella stanza dei ricordi. Grazie

Mirko D. Mastro 06/05/2022 - 05:27

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L'inizio è un apoteosi di pura bellezza poi ....altri bottoni di madreperla sparsi come..i sogni ricreano il mondo...fantastici son i coriandoli che butti dentro quelli che cerco con gli occhi come tu sai e l'amalgama tra prosa e poesia fa' l'incanto!!

Anna Cenni 05/05/2022 - 22:10

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Splendido questo capitolo, c'è molta suspence che tu magistralmente crei con la tua narrazione magnetica e accattivante.
Attendo il prossimo.
Complimenti, Mirko

Marina Assanti 05/05/2022 - 21:47

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