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LA PANCHINA DI BARCOLA

Se ne stava seduto tranquillamente sulla panchina di fronte, ai giardini pubblici di Barcola, in quella pineta in riva al mare, fissandomi con insistenza sin dal primo momento in cui era arrivato. Quel ragazzo sembrava proprio spuntato dal nulla.


LA PANCHINA DI BARCOLA


Ero intento nella lettura di un libro, mentre mi stavo gustando l’aroma del fumo della mia pipa, fedele ed irrinunciabile compagna nei momenti di solitudine.
L’atmosfera intorno era tranquilla e serena, tipica di una mite e fresca giornata di inizio primavera. Si udiva soltanto il canto degli uccelli, mentre un dolce profumo di fiori freschi si diffondeva nell’etere intorno a noi. L’unico rumore proveniva dallo scrosciare ritmico delle onde che si frangevano sugli scogli della spiaggetta vicina.
C’era un leggero vento : una dolce brezza che però non infastidiva, ma rendeva il clima più accettabile e confortevole. La bora : quel vento che a volte, in pieno inverno soffia raffiche così potenti da riuscire a rovesciare addirittura automobili o barche quando è nel suo pieno impeto. In questa stagione invece la bora era soltanto una simpatica amica che ti dava una sensazione di leggerezza, di libertà, di refrigerio. Continuavo imperterrito la mia lettura, fingendo di non curarmi della presenza del ragazzo, il quale se ne stava lì davanti a me, seduto sulla panchina di fronte, con l’aria di chi cercasse l’occasione giusta per interrogarmi, per chiedere qualcosa…
Di tanto in tanto, tra una boccata e l’altra della mia Savinelli De Lux , alzavo lo sguardo per ammirare la fontana al centro del giardinetto che, con il suo potente getto d’acqua faceva degli intrecci particolari, costruendo di volta in volta nuove figure. Lui era sempre lì, in agguato, pronto a cogliere la minima occasione per iniziare la conversazione.
“ Chissà chi può essere ?! - mi chiedevo – Mi sembra di averlo già visto da qualche parte. Purtroppo non riesco a ricordare. Eppure da come mi fissa, si direbbe che mi conosca. Mi sta’ guardando troppo intensamente per essere soltanto uno sconosciuto…”
D’un tratto fu lui a rompere il ghiaccio :
“ Scusi signore, mi potrebbe dire che ora è ? “
“ Sono le una e mezza “ , risposi con un tono un po’ seccato e tornando subito ad immergermi nella lettura.
“ Accidenti, come è presto ! Come al solito sono arrivato in anticipo. Sa, sto’ aspettando una mia amica, una compagna di studi con la quale devo preparare un esame. “
A questo punto sarebbe stato veramente da maleducati non degnare a quel ragazzo così a modo una nota di attenzione :
“ Ah così studi? E com’è questa tua amica ? Spero per te che sia abbastanza carina da valere la pena di farsi aspettare così tanto…” gli dissi in tono scherzoso.
Ridemmo entrambi divertiti.
A prima vista quel ragazzo mi aveva colpito per la sua sincerità e lentamente il mio stato di diffidenza si stava tramutando in una sorta di curiosità.
Ora che lo stavo guardando un po’ meglio notai che mi ricordava qualcuno che conoscevo molto bene. Non era molto alto, magrissimo, capelli castani, occhi marroni, uno sguardo molto espressivo. Ricordava me stesso tanti anni prima, quando i miei capelli non avevano ancora incominciato ad essere brizzolati. E poi quello sguardo, quell’espressione, la sua maniera di sorridere…
Mi somigliava come una goccia d’acqua. Ma forse era soltanto il frutto di una suggestione. A volte nella vita capita di avere la sensazione di trovarsi di fronte a qualcuno che si è già visto, ma spesso sono soltanto delle fantasie.
Iniziammo a chiacchierare del più e del meno, poi, dopo un po’ gli chiesi come mai poco prima mi stava guardando così incuriosito.
“ Le sembrerà molto strano, ma io la conosco. Ne sono certo. Ci siamo incontrati molto tempo fa, quando io ero ancora un bambino. Lei lavorava come bagnino presso lo stabilimento balneare qui vicino. Mi ricordo che indossava sempre un cappellino bianco come quello degli ufficiali di marina e un fischietto al collo, era sempre molto abbronzato e aveva un fisico da vero sportivo. Il giorno in cui ci siamo incontrati io ero insieme ad altri bambini, lei ci stava portando a fare un giro in barca. Aveva sempre così tanta pazienza ed era gentile con tutti…
Da quel momento in poi, noi due siamo diventati quasi inseparabili, per tutta quell’estate. Io mi chiamo Carlo…..si ricorda di me adesso? “
Ma certo che mi ricordavo di lui. Era un ragazzino molto intelligente e perspicace per la sua età. Amava tanto il mare, sapeva nuotare come un pesce e desiderava tanto che gli insegnassi a remare, perché da grande voleva fare anche lui il bagnino come me.
Allora facevo quel mestiere quasi per gioco, per potermi guadagnare qualche liretta per mantenermi gli studi.
“ Ma mi dica una cosa, dove è finito tutti questi anni? E’ sparito nel nulla. Che cosa le è capitato?
Ho chiesto notizie a tutti, ma al bagno nessuno ha saputo dirmi di lei…” mi chiese incuriosito.
“ E’ passato tanto tempo. Sai, ho viaggiato molto. Purtroppo le vicissitudini della vita mi hanno costretto ad allontanarmi da Trieste e non sono più riuscito a ritornare. Tuttavia non ho mai dimenticato i bei momenti trascorsi qui, in questa magnifica città. Sapessi come mi piacerebbe ritornare ancora a vivere qui. “
Non rivedevo Trieste da tanto tempo. Era la mia città, il luogo dove avevo vissuto la mia infanzia, frequentato le prime compagnie. Mi mancava tanto quella gente così simpatica e cordiale.
“ Ma dimmi una cosa, come hai fatto a riconoscermi ? Di certo sono cambiato in tutti questi anni. “
Il tono del ragazzo si fece improvvisamente molto serio e dopo una breve pausa mi disse con espressione molto confidenziale :
“ Ti ho riconosciuto perché il tuo stile è inconfondibile. Tu significavi molto per me. Io ero un bambino molto timido e non avevo altri amici. L’unico amico che avevo trovato eri tu, Walter. Tu mi hai insegnato ad apprezzare il mare, a condurre una vera barca, a fare i nodi e a prestare le prime manovre di salvataggio in caso di annegamenti. Prima di incontrare te avevo paura di tutto, ma tu hai saputo infondermi sicurezza, facendomi sentire importante e come vedi non ti ho mai dimenticato…”


Carlo mi stava facendo riaffiorare alla mente i momenti più felici della mia giovinezza, quando ero ancora spensierato e fiducioso nella vita. Tuttavia, che corrispondesse alla sua descrizione. Come bagnino cercavo di comportarmi correttamente con tutti, anche se per quel ragazzino forse avevo avuto un occhio
particolare, magari qualche attenzione in più, perché avevo intuito che ne aveva bisogno.
Il giovane si alzò e venne a sedersi vicino a me. Il nostro dialogo adesso diventò ancora più interessante, più intimo.
Sembrava proprio che il tempo non avesse cancellato per nulla il bel rapporto che si era creato tra di noi. Carlo continuò raccontandomi di sé. Mi disse che dopo le Scuole Superiori si era iscritto all’Università : stava frequentando la facoltà di Lingue e Letteratura Straniera. La strada che aveva intrapreso era ancora lunga ripensando al nostro incontro, non mi sembrava di aver fatto nulla di così eclatante, ma mi disse che comunque era contento e soddisfatto di quella scelta. Gli sarebbe piaciuto viaggiare, conoscere il mondo, poter comunicare con altre persone ed altre culture.
Come mi somigliava !
Anch’io avrei voluto fare le stesse cose, purtroppo non mi è stato possibile intraprendere quello che avevo desiderato.
Durante quella breve vacanza era stato il mio allievo preferito, perché apprendeva subito tutto quello che gli insegnavo, dimostrando interesse e passione vera, quella dettata dal cuore.
Ricordo che una volta dovevo andare in alto mare a recuperare i sugheri a catena che si erano staccati per effetto della bufera. Il mare era molto mosso e le onde piuttosto impetuose. Il ragazzino in quella circostanza volle a tutti i costi venire con me. Io mi opposi perché temevo che potesse succedergli qualcosa di spiacevole. I suoi genitori non me lo avrebbero perdonato. Ma insistette a tal punto che mi convinse non solo a venire, ma addirittura a remare. La marea era molto minacciosa e occorreva gestire quella piccola imbarcazione con molta destrezza, remando con una certo vigore, oltre che evitare che le onde la facessero rovesciare. Il ragazzo era talmente bravo che io non osai portargli via i remi. Affrontammo quella piccola avventura insieme e riuscimmo a riportare tutto il materiale a riva, senza essere travolti da quella tempesta. Mi ero meravigliato del suo enorme coraggio : pensai che sicuramente nella vita sarebbe stato un grande, una di quelle persone che non si tirano mai indietro di fronte alle difficoltà.


“ Ma di che cosa ti occupi adesso che non fai più il bagnino ? “ mi chiese con quella sua aria sempre un po’ incuriosita.“ Insegno lettere. Insomma, sono un professore di italiano. Sai, in tutti questi anni trascorsi con i giovani ho sempre creduto di riuscire a trasmettere a loro dei messaggi positivi che li aiutassero a crescere con dei sani principi. Ma adesso, a distanza di tempo mi accorgo invece che probabilmente ho sbagliato tutto. Non so se sono io a non aver capito niente di loro o se invece è la società che è così cambiata…Sai, ho la sensazione di essere oramai “superato”….Da un po’ di tempo non riesco più a comunicare con loro come vorrei e questo mi fa sentire molto triste e sconsolato. Mi sento come uno che ha esaurito le pile e che fatica ad andare avanti. Ma scusa, non voglio annoiarti con queste stupide considerazioni. Perdonami…sono solo inutili riflessioni che non si addicono ad un giovane come te che ha ancora tutta la vita davanti…”
Ma Carlo non sembrava per nulla turbato dalle mie parole. Se ne stette un po’ in silenzio, quasi a voler riflettere per cercare le parole giuste per rispondermi. Poi, dopo qualche istante gli ritornò la favella :
“ Penso che tu abbia fatto bene a ritornare qui a respirare un po’ di aria di casa. Io credo che nel tuo ambiente sei circondato da persone che non valgono molto, altrimenti saprebbero apprezzarti di più. Ti ricordi quella volta che mi stavi insegnando quel tuffo particolare all’indietro, dal trampolino di tre metri. Io avevo una paura fottuta e da solo non ce l’averi mai fatta. Mi consigliasti di immaginare prima quel tuffo nella mia mente, poi di concentrarmi a fondo, di credere fermamente in quello che stavo per fare. Ebbene, ti ricordi di quel risultato strabiliante ? “
Quello era stato uno dei suoi tuffi migliori. Mi ero improvvisato istruttore di quella disciplina, ma in realtà avevo visto fare quelle evoluzioni solamente in televisione, durante le Olimpiadi.
Eppure gli avevo dimostrato di credere nelle sue capacità. Quel tuffo l’aveva fatto anche per me.
Trascorrevamo così il nostro tempo libero, quando le giornate erano brutte e in spiaggia c’era poca gente.
Stranamente quel ragazzo più mi stava vicino, più riusciva a trasmettermi un tale ottimismo, da farmi rimanere quasi sconcertato. Mi rendevo conto che in sua presenza mi stavo lentamente ricaricando: quella sincerità, quella determinazione erano diventati contagiosi. In lui sembrava ci fosse ancora quella parte di me che nel corso degli anni era andata perduta. La sua enorme voglia di vivere, di provare nuove esperienze, di vedere sempre il lato positivo in tutte le cose…
“ Quanto tempo ti fermerai a Trieste ? “ mi chiese d’un tratto.
“ Purtroppo devo ripartire stasera. Sono venuto qui per partecipare ad un corso di aggiornamento, il cui argomento riguarda – La comunicazione con i giovani studenti – Oggi pomeriggio ci sarà l’ultimo incontro, poi ho terminato. Devo ritornare a Milano. Spero almeno che queste lezioni mi aiutino a ritrovare qualche spunto per ritornare ad insegnare con qualche carta in più…” gli risposi facendo trasparire una sottile e velata tristezza dalle mie parole.
“ Io credo che tu non abbia bisogno di frequentare molti corsi di aggiornamento per imparare come si sta’ con i giovani. Devi solo smetterla di continuare a compassionarti, a credere che le cose che fai siano inutili, che non portino a nulla. Devi continuare a sostenere le cose in cui credi. Probabilmente qualcuno potrà non condividere le tue posizioni, ma devi andare avanti lo stesso, seguire sempre il tuo cuore, il tuo istinto…vedrai che solo così tutto ritornerà come un tempo…Ritornerai ad essere determinato come quando mi insegnavi la maniera giusta per affrontare le difficoltà della vita. Io ti ho conosciuto da “marinaio”, non ho avuto la fortuna di averti come insegnante e me ne dispiace. Ma sono convinto che sei bravo. Sei il genere di persona che sa trasformare in oro tutto quello che tocca. “
Rimasi molto meravigliato e commosso da quelle parole, che mi sembravano sincere. Non credevo davvero di meritarmi così tanta stima da parte di un giovane che in tutti questi anni avrebbe potuto dimenticarsi di me e in occasione di quell’incontro addirittura fingere di non riconoscermi. Dopotutto era passato così tanto tempo…
Si stava facendo tardi. Dovevo andare a prendere l’autobus che conduceva verso il centro.
La ragazza che Carlo stava aspettando non era ancora arrivata : forse un contrattempo l’aveva trattenuta altrove. Decise di accompagnarmi al capolinea accanto al porticciolo di Barcola, una piccola frazione di Trieste. Attraversammo lentamente quel tratto di pineta che ero solito percorrere da ragazzo, quando stanco di studiare uscivo di casa per andare a prendere una boccata d’aria, mentre ero immerso nei miei pensieri e nei miei sogni.Carlo nel frattempo mi raccontò ancora dei suoi problemi, del papà che era sempre lontano da casa per lavoro, della mamma che soffriva di solitudine e che si sentiva tanto sola in quella piccola casa…
Che strano, più mi parlava, più mi sembrava di ricordare alcuni avvenimenti che appartenevano al mio passato. Le stesse preoccupazioni, le stesse situazioni…
Ma forse erano soltanto delle coincidenze: tutti i ragazzi della sua età più o meno hanno a che fare con gli stessi crucci.
“ Guarda lassù …” mi indicò quando eravamo arrivati vicino al porticciolo “ sopra la ferrovia, tra il Faro della Vittoria e quella collinetta. Io abito in quella casa bianca, all’ultimo piano.”Dio mio, non poteva essere vero ! In quella casa, tanti anni prima avevo abitato io, assieme ai miei genitori. Poi, per ragioni di lavoro fummo costretti a traslocare lontano e vendere quel delizioso appartamento con quella bella vista sul mare.
Il giovane mi fece anche il nome di alcuni vicini che conoscevo : la famiglia Skerl, i Domancich, i Blaskovich… Tutti nomi che erano stampati nella mia memoria, come dei graffiti indelebili. Erano tutte persone che mi avevano visto crescere e giocare nel piccolo cortile di quel rione.
Provavo un enorme desiderio di accompagnarlo fino a casa, nella speranza di rivedere qualcuno, per accertarmi che tutto quello che mi aveva detto fosse vero, che non stessi sognando ad occhi aperti.
Ma oramai non c’era più tempo : bisognava che io partissi.
Ma chi era veramente Carlo, e da dove era venuto ?
Improvvisamente mi resi conto che dopotutto quel giovane io non lo conoscevo così bene; ci eravamo sì frequentati, ma soltanto per un’estate. Io non sapevo quasi nulla di lui. Ci incontravamo tutte le mattine, veniva in barca con me, ma si parlava soltanto di mare, della spiaggia, del mio lavoro e di qualche bella ragazzina che a lui piaceva.
Eravamo arrivati alla stazione degli autobus. Non c’era più il vecchio tram a rotaie, ma il bar all’angolo era ancora nelle stesse condizioni in cui l’avevo lasciato molti anni prima.
“ Andiamo a prenderci un gelato, vuoi? “


Una scusa come un’altra per restare ancora un po’ insieme. Io del resto non avevo ancora voglia di andarmene; si stava troppo bene lì. Ordinai due coppe miste e restammo seduti in giardino ad aspettare il prossimo pullman che sarebbe arrivato dopo un quarto d’ora. Mentre ce ne stavamo lì ad osservare la gente che passava, d’un tratto una voce squillante :
“ Carlo, Carlo ! Eccomi, sono arrivata. Ciao, scusa il ritardo, ma sai, oggi il mio motorino non voleva proprio saperne di partire: Ho faticato un po’ a spingere. Sono arrivata alla fontana, ma non vedendoti ho pensato che te ne fossi già andato. Meno male che sono passata di qua..”
Era la ragazzina dell’appuntamento.“ Walter, ti presento Astrid, la mia compagna. Astrid, questo è uno dei miei migliori amici, è stato mio insegnante…un insegnante particolare, insomma…una persona speciale”
Mi sentivo un po’ imbarazzato. Sorrisi, mentre le stringevo la mano : era una stupenda creatura dai capelli biondi, con un bel sorriso espressivo e dal portamento fresco e gioioso.
Notai un particolare che mi fece sbalordire. Astrid aveva gli occhi azzurri, le lentiggini al viso e un piccolo neo sulla guancia sinistra. Quest’ultimo dettaglio mi fece rimanere ancora più confuso. Da ragazzo avevo conosciuto una fanciulla con quello stesso nome e….accidenti ! Le somigliava tantissimo. Era stato il mio primo amore, la prima ragazza del cuore. Le chiesi dove abitasse e la ragazza rispose “ San Dorligo “ , uno dei rioni più antichi della periferia di Trieste. E non poteva essere altrimenti…tutto combaciava…me lo sentivo. Incominciavo a sentirmi un po’ strano. Forse ero in preda ad un esaurimento nervoso. Tutto quello che stavo vivendo durante quel pomeriggio sembrava essere fantascienza, non poteva essere un fatto reale. Capii che dovevo andarmene da quel posto, altrimenti rischiavo di impazzire.
Dalla piazzetta vidi il mio autobus che stava accostando al capolinea.
Era arrivato il momento di andare.
Mi alzai per recarmi alla cassa per pagare il conto, poi ritornai indietro per salutare i due ragazzi.
Non c’erano più. Scomparsi…svaniti nel nulla.
Mi guardai attorno con aria stupita ed incredula. Il mio cuore iniziò a battere all’impazzata. Forse avevo sognato, forse tutti gli avvenimenti che avevo vissuto erano soltanto frutto di una strana allucinazione. Ma non era stata un’esperienza negativa, dato che fino a poco prima mi ero sentito così bene.
Non rimase altro da fare che recarmi a prendere il mio autobus che già stava per ripartire.
D’un tratto sentii una voce che mi chiamava :
“ Signore, scusi, ha dimenticato sul tavolo questa busta ! “
Ritornai indietro, presi in mano quella busta gialla, ringraziando il barista che si era prodigato per avvisarmi e, mentre mi avviavo verso la fermata, aprii quell’involucro con le mani tremanti. Dentro c’era un biglietto. Lo lessi attentamente :
“ Caro Walter, ricordati sempre di quel trampolino dal quale mi facesti saltare. Io non vedevo l’acqua, perché ero girato di spalle, ma mi sono fidato di te e ce l’ho fatta. Fidati del tuo istinto e non mollare mai. Desidero che tu ritorni sereno e forte come quando ti ho conosciuto. Ricordati sempre del tuo migliore amico. Io credo di rappresentare quel ragazzo che ancora c’è in te. Fallo rivivere ancora una volta, te ne prego ! E non ti dimenticherò mai. Auguri !
Carlo. “



In fondo alla busta c’era una medaglietta con incise le mie iniziali, la data di nascita ed il mio gruppo sanguigno. Era una di quelle piastrine di riconoscimento che di solito portano i militari. Un regalo che avevo perduto in mare tanto tempo fa…




Conclusione



Ho scritto questo breve racconto con l’intento di ricordare la mia città natale e personaggi che ho conosciuto nella mia giovinezza.
La vita ti porta spesso lontano da dove sei nato e cresciuto. E’ bello poter viaggiare e fare nuove esperienze ma è normale che si tenda sempre a voler ritornare alle origini.
E mentre rileggo queste righe mi faccio una promessa: voglio ritornare al più presto laggiù a respirare aria di casa mia. Non importa se tutto nel frattempo sarà cambiato, ma io rivedrò ancora gli stessi personaggi e gli stessi luoghi, come se il tempo non si fosse mai fermato.
Arrivederci a presto…cara Trieste mia.
Un abbraccio sincero.
Raimondo.




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Racconto scritto il 17/05/2023 - 22:00
Da Rayban Mantello
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