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Chi si arrende non ama... III°parte

2





Aprì gli occhi, guardò il soffitto cominciando a pensare quei sogni che aveva fatto.
Si accorse che era mattina e stava cominciando un nuovo giorno.
Riusciva a ricordarli in modo chiaro e anche se erano state uno specchio dei suoi pensieri per lui, era come avere una conferma che le sue riflessioni non erano sbagliate.
Guardava il cielo e pensava all’incontro fatto con Dio, a tutte quelle volte che aveva pensato, che fosse un tipo severo ma aveva visto che non era così.
Era soltanto un sogno ma suonava verità.
Dopo molto che il suo sguardo vagava si alzò dal letto e andò a fare colazione.
Adam viveva da solo e si era trasferito in quell’appartamento da poco.
Mentre mangiava, si guardava intorno, continuava a pensare quei sogni che aveva fatto.
Quei soldati, gli animali, Dio, aveva visto l’anima dei suoi pensieri prendere forma.
Si sentiva fortunato a vivere quella sua vita, anche se aveva delle difficoltà nell’affrontarla.
Infondo aveva capito che camminare è uno stato mentale: le gambe aiutano ma non sono fondamentali.
Un paralizzato può percorrere chilometri mentre il corridore muove le sue gambe immerso nella paralisi.
Ogni cosa in cui l’uomo s’immerge, è uno stato mentale.
Dio ci da tutto, siamo noi che prendiamo il meglio dal nulla.
Per lui era stata una piccola vittoria quando era riuscito ad andare a vivere da solo.
Era sempre stato affamato d’indipendenza ma non era mai riuscito a staccarsi dalla sua famiglia.
Finito di mangiare si andò a vestire poi uscì.
Era una bella giornata di Sole, il cielo era coperto da un velo splendente di azzurro.
Dopo il suo incidente aveva qualche dolore addosso ma nonostante tutto aveva deciso di muoversi un po’.
Vagava per strada perché i marciapiedi non consentivano l’accesso a chi come lui vive con dei problemi.
Oggi fanno tutti i gentili e tutti vogliono aiutare, ma la verità è che quelli come Adam se vogliono essere davvero aiutati e risolvere i loro problemi, devono morire, perché è quello che vorrebbe veramente la società.
Guardare uno che sta male, è come guardarsi allo specchio ecco perché certe cose si evitano, perché fanno male.
E’ doloroso confrontarsi con il proprio lato che non piace, meglio evitarlo, nasconderlo o meglio fare in modo che crepi tra quattro mura.
E’ questa purtroppo la cruda verità ma nessuno vuole dirlo, perché preferisce lavarsi la bocca con le belle parole pur di far bella figura.


Poiché la giornata lo permetteva decise di andare a fare una passeggiata sul lungomare.
Si vedevano già alcune persone affollare la spiaggia, poiché la stagione balneare sarebbe cominciata di lì a poco.
Entrò in uno chalet e ordinò da bere.
Osservava le persone che stavano sulla sabbia a fare la loro siesta.
Mentre guardava, il suo occhio si soffermò su un anziano signore che stava leggendo un libro seduto in uno sdraio.
Chissà quante cose aveva visto nei suoi anni.
Sicuramente aveva tanti sogni fatti nel cassetto della sua età e chissà quanti ne aveva visti realizzare.
Oggi le persone anziane sono reputate un peso per la società poiché smettono di lavorare.
Come sarebbe meglio se invece di chiuderli negli ospizi gli aprissimo le porte della famiglia.
Loro hanno osservato il camminare del tempo e conoscono i suoi occhi, potrebbero indicarci la strada, invece noi viviamo immersi nell’egoismo.
Pensiamo che solo noi possiamo risolvere i nostri problemi.
Solo noi siamo in grado.
Quando però non riusciamo a risolvere qualcosa, la colpa è sempre degli altri.
I problemi ce li creiamo noi, la loro grandezza siamo noi che la creiamo.
Nessun problema può essere più grande del suo creatore.
Esistono solo soluzioni, basta saper sorridere e ogni cosa vedrà sbocciare il suo esistere.


Rimase per diverso tempo a guardare quell’uomo poi uscì dallo stabilimento balneare e si diresse nuovamente verso casa, seguendo le indicazioni del suo stomaco che brontolava, vista l’ora.
Mentre stava raggiungendo la sua abitazione, decise di non tornare a casa, vide un negozio di generi alimentari e vi entrò per acquistare qualcosa da mangiare al volo e placare il suo appetito.
Uscito, cominciò a vagare per la strada e mentre mangiava, pensava a dove sarebbe andato.
Si diresse verso il porto del paese non molto distante da dove si trovava.
C’era vento, unica nota stonata di quella meravigliosa giornata di Sole.
La brezza era come una mano che lo schiaffeggiava quando la sua mente vagava nel vuoto.
Come spesso succedeva i pensieri durante le sue passeggiate erano offuscati da un velo di opaco come la nuvola che vela la luce del Sole.
Spesso il suo sguardo si soffermava contro la parete bianca costruita negli occhi delle persone.
Sembrava che tutti avessero pensieri tristi ma Adam imparava con il tempo che le riflessioni sono soltanto lo specchio delle persone e se in giro si vede gente che non ha volto, è perché in quel momento ha il cuore spento.
A vederle sembravano uscite da una catena di montaggio e tutte con lo stesso brevetto, quello del loro volto bianco.
Adam avrebbe voluto fermarsi con loro per una chiacchierata amichevole ma lui come molte altre persone non si avvicina per mancanza di coraggio, che sfocia nell’indifferenza.
Coraggio per cosa poi?
Insoddisfazione, frustrazione, soltanto per una vita voluta mai inseguita.
Dopo diverso tempo arrivò a destinazione e si soffermò a guardare il mare.
Gli tornò alla mente il suo colloquio con Dio.
Aveva incontrato un amico, non era la figura più o meno severa che gli avevano sempre descritto.
Adesso più di prima, lo sentiva vicino e aveva avuto la conferma che i suoi pensieri avevano un fondo di verità.
Osservava il mare con attenzione e quelle onde erano come se l’avessero ipnotizzato.
Si soffermò a riflettere a quando conobbe Cristiano in uno di quei centri per disabili.
La domanda da porsi, in molti casi è perché molti ragazzi sono lasciati lì dentro senza farli interagire con le persone.
Così la gente sarà sempre indifferente a loro, perché non li conosce e pensa soltanto che sia gente che soffre.
Vengono spesi milioni di euro per costruire dei centri e in strada ci si preoccupa soltanto degli scivoli che tra l’altro in molti casi sono fatti male.
Ci si ritrova con marciapiedi dissestati e strade sono piene di buche.
Diventarono molto amici, cominciarono anche a uscire insieme dopo qualche tempo, però si persero di vista.
“Ciao Adam!”
Il ragazzo si girò e dopo tanto, finalmente, incontrò nuovamente il suo vecchio amico.
“Ciao Cristiano!”
Che gioia provò quando lo vide, Adam era stato sempre un ragazzo che s’isolava.
Le persone preferivano evitarlo e si era talmente abituato a quella situazione che ormai conviveva con quegli sguardi lontani.
Quel ragazzo era stato l’unico che aveva stretto amicizia con lui, ma ora non aveva la sedia a rotelle come quando l’aveva conosciuto, era in piedi e sorridente.
Quando lo conobbe, Cristiano gli aveva raccontato che stava in quella condizione perché gli avevano riscontrato una grave malattia e non sarebbe guarito.
Adam aveva sempre ammirato la voglia che aveva il suo amico di non arrendersi e continuare a lottare.
Gli avevano diagnosticato la sclerosi multipla, una stronza che miete parecchie vittime.
Secondo lui però chi uccide, non è lei ma la negligenza e l’ignoranza.
Oggi il malato non deve guarire perché se lo fa, smette di foraggiare le case farmaceutiche che vivono della sofferenza degli altri.
La malattia fa fare più soldi della droga.
Il male fisico è un business.
Se uccido “forse” vado in carcere ma se lo faccio con dei farmaci, uccido a norma di legge allora va bene.
Reina, Brusca, Vallanzasca, ecc. sono assassini invece chi commercia “morte sanitaria” è bravo e prende anche un mucchio di soldi dallo Stato.
Il ragazzo aveva imparato che nella vita nessuno ti regala niente e quando chiudi la porta di casa a soffrire si è soli.
Chi ti vuole veramente bene non dice che soffre con te, sta con te e basta se ti ama veramente, lo fa per come sei e non per quello che hai.
Sapeva che stava provando una cura prima che i due amici smettessero di vedersi.
“Come va?”
“Bene, tu, Cri?”
“Alla grande, come puoi vedere!”
“Già, noto, ma che hai fatto?”
“Ricordi quella cura di cui ti parlai?”
“Si”.
“Ha funzionato!”
“Sono contento per te, desideravi guarire!”
“Si hai ragione”.
I due poi cominciarono a camminare per il molo.
“Allora Cristiano dimmi che è successo?”
“Bè come vedi le mie speranze di guarire con la cura che avevo fatto sono andate in porto”.
“Ricordo che ci credevi parecchio”.
“Sì, ammetto che la cura che ho fatto mi ha aiutato molto ma vedi Adam per me è valsa la formula credere per vedere”.
“Sì ma è più facile vedere e poi credere”.
“Che ne pensi se io mi fossi limitato a vedere che non camminavo e credevo che sarei rimasto per sempre così?”
“…”.
“Ho creduto che potevo guarire, ho creduto in me e i risultati si vedono”.
Adam lo guardava con ammirazione.
“Credo anche che non sono guarito solo per la cura. Si posso dire che lei è stata fondamentale. Ma è servita soprattutto per spronarmi a credere in me. Ho capito che tutti possono guarire, basta volerlo”.
“Chi non lo vuole?”
“Tutti!”
“Come?”
“Quante volte hai rinunciato rimanendo aggrappato alle tue false certezze?”
“Tante, ma guarda che non è facile”.
“Più facile a dirsi che ha farsi ragazzo, dire che è difficile, è un modo per giustificarsi quando non muoviamo il culo!”
“…”.
“Molti poi dicono che “la vita è una merda”. Io dico la vita è bellissima … merda, sei tu che lo dici”.
“Su questo hai pienamente ragione odio chi lo dice”.
I due ragazzi poi cominciarono a parlare di quello che avevano fatto in quegli anni.
Intanto il velo scuro del crepuscolo scendeva nel cielo e ogni cosa sembrava cominciasse a sbadigliare in attesa di coricarsi nel buio della notte.
“Che fai stasera Cri?”
“Adesso vado a prendere l’aereo”.
“Parti?”
“Eccerto! Sono guarito e se permetti quando posso, me la godo!”
“Non hai tutti i torti”.
“Anzi adesso ti saluto Adam, scappo”.
“Dove vai?”
“In Australia”.
“Ciao Cristiano, magari ci rivedremo”.
“Chissà”
La coppia di amici poi si separò.
Adam, pensava al fatto che l’aveva visto camminare ed era molto contento perché l’amico sperava di tornare a stare bene e c’era riuscito.
La gioia di quel momento però si tramutò presto in tristezza perché pensava se lui sarebbe mai tornato a camminare.
Se avrebbe mai avuto l’ostinazione dell’amico.
Sapere che alcune persone hanno dei problemi e poi le rivedi guarite, ti fa provare gioia ma anche amarezza perché tu non hai quella fortuna.
Invece di spronarsi e di avere come esempio quella persona, ci si butta giù perché non siamo come lui.
Non è così che funziona, chi guarisce è umano come chiunque non è un super man della situazione, la differenza sta solo nel fatto che lui ha provato.
La distanza che c’è tra noi e il cielo è quella che viviamo tra cuore e mente.
E’ la mente, il nostro unico limite.
Non intesa come cervello, che è la parte più bella dell’uomo trattata troppo spesso come optional, ma come i pensieri che lo strozzano non facendolo respirare.
Il ragazzo poi decise di riavviarsi verso casa.
Mentre passeggiava, non sentiva la strada era troppo occupato a pensare a ciò che aveva visto.
Era arrivato nel punto, dove aveva avuto l’incidente in cui era stato investito dall’auto.
In quel momento si guardò come se fosse uscito dal suo corpo per fissarsi.
Era vivo e si sentiva un privilegiato a poter respirare la brezza con i suoi polmoni.
La sua testa poi fu invasa dal silenzio.
Non riusciva più a pensare e davanti ai suoi occhi vedeva solo la striscia grigia dell’asfalto.
Più tardi arrivò sotto casa quindi salì nel suo appartamento.
Andò poi a letto pensando a tutto quello che gli era successo quel giorno.
Era stata una giornata a dir poco sorprendente per lui, felice d’aver finalmente rivisto il suo amico Cristiano.
Lo ammirava e voleva emularlo ma chissà quando avrebbe nuovamente ascoltato il suolo con i suoi piedi.
Chissà quando avrebbe avuto il “coraggio” di camminare come l’amico e tornare a essere ciò che era veramente … un uomo.
Diverso tempo dopo si addormentò, cominciando a sognare …




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Racconto scritto il 29/08/2014 - 20:14
Da Giuseppe Greco
Letta n.1042 volte.
Voto:
su 3 votanti


Commenti


Letto con vero piacere, un'argomento toccante,io l'ho vissuto con una persona a me molto cara,purtroppo intorno c'è tanta speculazione sulla sofferenza

genoveffa 2 frau 31/08/2014 - 14:39

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Ogni volta che ti leggo mi incanto... hai un modo unico di raccontare!! Complimenti.. nuvola

Lory C. 31/08/2014 - 12:30

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Una piccola annotazione aggiunta che non riesco proprio ad evitare: ad un certo punto del mio scritto, verso la fine, ho composto "io" con sole maiuscole, ma è successo per un errore nel cliccare, odio mettermi platealmente in evidenza, anche solo così...E mi piace tanto, invece, sentire profondamente il mio io insieme a tutti gli altri, tutti diversi, certo, eppure tutti uguali per l'immenso Amore del NOSTRO DIO.

Vera Lezzi 31/08/2014 - 09:20

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Ciao, Amico. Sai, io faccio sempre molti commenti, a volte più d'uno per lo stesso scritto di riferimento, spesso molto lunghi...Così ogni tanto mi rendo conto che forse sono troppo invadente, anche se non è quella la mia intenzione, e allora m'impongo una pausa: oggi, ad esempio, non ho fatto alcun intervento. Ma ho letto tutto, anche questa terza parte del tuo racconto che sto seguendo dal suo inizio. Con TE sento di poter fare un'eccezione: è troppo "mio" il tuo titolo "Chi si arrende non ama". Io, quando lo leggo, aggiungo sempre qualche parola: "Chi si arrende non ama SE' SESSO e DIO in SE'". Quel Dio che, anche per me, è come Colui che, nei tuoi sogni, hai incontrato Tu. IO cerco, ogni giorno, di sentirlo con me, in me, nella mia vita reale, con la sua straordinaria Forza, il suo straordinario, dolcissimo Amore...E' l'augurio che faccio, fervidamente, anche a Te.
Lungo il commento...anche questa volta...ma con Te non mi sento invadente: ci siamo solo parlati con l'ANIMA. Vera

Vera Lezzi 31/08/2014 - 09:12

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