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Il ladro dei sogni

Bianca accostò la sua macchina su uno spiazzo e con il motore acceso, abbassò il parasole, aprì lo specchietto e si rimise il rossetto, quello nuovo, di un rosso acceso come non lo aveva mai usato. Ma era venuta l’ora di cambiare tante cose.
Si infilò di nuovo in strada con il suo gioiello, l’Alfa spider di un rosso fiammante, così come l’aveva sempre desiderata e che finalmente si era potuta permettere, certo usata di due anni, ma garantita dall’autosalone e colorata, a dipingere la sua vita finora così piatta e sbiadita, esattamente come il nome che portava.
Ecco, il nome era un suo perenne cruccio che non avrebbe potuto cambiare. Bianca Carta era il suo nome, o Carta Bianca, nome che destava l’ilarità di chiunque e che l’aveva segnata sin dai banchi di scuola fino all’impiegato dell’anagrafe del suo Comune.

Altre persone che avevano il suo stesso problema avevano optato per il cognome della madre, ma quello della sua era Farina: peggio che mai!
Tante volte si era rivolta affranta ai genitori per chiedere il motivo per cui avessero deciso di chiamarla così, di marchiarla a vita, ma loro si chiudevano sempre in un colpevole silenzio e cercavano di cambiare argomento spiegandole che in fondo la felicità era il vero senso della vita.
“Sììì, la felicità…ancora…” pensava Bianca. “Al prossimo demente che riderà del mio nome gli dirò che cazzo ch’hai da ridere, stronzo?”
“Sìììììììì, lo giuro!!” strillò mentre pigiava il piede sull’acceleratore.
Si stava finalmente liberando di tanti fardelli: dopo sei anni aveva chiuso la sua tormentata storia con Marco dopo aver scoperto la sua doppia vita; aveva pianto e sofferto tanto e anzi, ad essere sinceri il dolore le stava bucando ancora il cuore, come una vite autofilettante, ma doveva reagire per non soccombere anche se spesso si ritrovava a darsi della cretina per aver creduto alle evidenti e numerose bugie.
La rottura con Marco aveva scatenato un effetto domino e si era scoperta anche un tantino coraggiosa, incosciente, a detta dei suoi genitori.
Aveva lasciato il lavoro, un lavoro sicuro come si dice, anche quando il lavoro è noioso, anche quando agli occhi del capo non vali una cicca, anche quando le colleghe parlano solo di pannolini e cacca acida dei loro bambini. Bianca lo definiva un lavoro senza finestre e lei in un posto senz’aria e senza cielo non ci sarebbe rimasta. E così si era licenziata, non sapeva cosa avrebbe fatto nel futuro ma sapeva che qualcosa sarebbe saltata fuori, le era balenata anche l’idea di coltivare i terreni del padre, rifugiarsi in campagna tra cani e galline, tra mandorli ed ulivi, fuori dal mondo ma dentro se stessa, e non era poco.
Con la liquidazione e qualche risparmio aveva comprato la macchina dei suoi sogni, aperta per sentire la vita e rossa, sì sul colore non aveva mai avuto dubbi, doveva essere rossa come il sangue che ancora pulsava nelle sue vene e nel suo futuro, da dipingere con colori accesi. Percorreva la SS125 in direzione sud e voleva giungere a Cagliari, dove avrebbe cercato un posto per la notte e poi l’indomani avrebbe visitato la città.
Odiava le strade lunghe e noiose a cui preferiva quelle tortuose e secondarie, ma questa era una sua caratteristica anche nella vita: era specializzata nel complicarsi l’esistenza, sceglieva sempre le soluzioni più difficili, talvolta improbabili, ma le si doveva dare atto che poi si impegnava fermamente per raggiungere il miglior risultato.
Quella strada che attraversava la selvaggia Ogliastra le piaceva tantissimo, con quella distesa di rocce calcaree adornate di lecci intervallata ogni tanto da una pennellata d’azzurro marino ed una spruzzata del giallo delle ginestre, come se un pittore avesse scosso il pennello e delle gocce di colore si fossero sparse in mezzo al verde, questo le aveva sempre regalato un grande senso di libertà e di invulnerabilità, la faceva sentire un tutt’uno con quel paesaggio meraviglioso e pensava spesso che forse in un’altra vita era stata un muflone od una capra, libera e solitaria, come amava essere.
Sulla strada incontrò solo qualche motociclista straniero e qualche gregge di pecore sbucato all’improvviso e che la costrinse a provare i freni. Le guardò passare una dietro l’altra, belanti e confuse, che strani esseri le pecore, senza personalità e monotone in tutto il loro essere, non come le capre, autonome, decise ed aggraziate.
Il povero nonno, quando lei non si fermava un attimo le diceva sempre “Bianca, tu sei una capra scornata” e meno male non le aveva mai detto che era una capra Bianca, l’avrebbe offesa a morte. Ah, il nonno, chissà se da lassù aveva visto che invece, grazie a Marco, le corna le erano spuntate e se aveva assistito, impotente, a tutto quel dolore!
Ma questo era il passato e Bianca voleva godersi per intero quella meravigliosa giornata di aprile dove tutto appariva al suo posto, dai profumi ai colori e la brezza che le sfiorava il viso giocando con i suoi lunghi capelli corvini ed il tintinnio dei campanacci regalavano sensazioni indescrivibili. “Forse è questa la felicità” pensò.
Le era sempre piaciuto guidare, da sola ancor di più, ed ora vederla dentro quell’auto mentre scivolava sinuosa tra le curve in mezzo ai lecci sembrava la testimonial di qualche spot costruito con arte.
Baunei 6 Km recitava il cartello. Decise che si sarebbe fermata per sgranchirsi le gambe e per prendere un buon caffè ma mentre ne assaporava già il piacevole gusto, ecco i poliziotti ad un posto di blocco e, ci avrebbe scommesso, con la paletta alzata la invitarono a fermarsi sulla piazzola.
“Buongiorno. Patente e carta di circolazione, per favore. Dove è diretta?”
“Vado ad Olbia” rispose Bianca.
“Fa la spiritosa? Olbia è dall’altra parte!”
“Lo so, ma io faccio il giro largo” ribatté lei con una sfrontatezza che non aveva mai avuto e che forse non avrebbe dovuto usare in quel frangente.
Il poliziotto infatti dopo aver esaminato i documenti, controllò minuziosamente il codice dei pneumatici, la funzionalità delle frecce e di tutte le luci e dei tergicristallo mentre Bianca, neanche a dirlo, sbiancava pentita per aver osato tanto.
“Ora mi farà la multa per i moscerini spiaccicati sul parabrezza” pensò impaziente di essere lasciata andare. Era tutto regolare, così al poliziotto non rimase che riconsegnarle i documenti e con un “Prego, le auguro una buona giornata, Carta Bianca” ed un sorriso sbeffeggiante si vendicò dello stupido spirito di quella ragazza, sicuramente viziata e figlia di papà.
Bianca riprese la strada con una accelerata che fece schizzare un po’ di sabbia; era arrabbiata perché non era riuscita, anzi non aveva potuto tener fede alla promessa fattasi all’inizio del cammino, che avrebbe mandato a quel paese il primo che l’avrebbe ancora derisa per il suo nome.
Forse avrebbe dovuto pensarci di meno al suo nome, certo non poteva buttarselo alle spalle, ma avrebbe dovuto cercare di conviverci con più armonia e pensare al suo futuro, scriverci ben incisa tutta la sua storia e realizzare tutti i suoi sogni e… “Signora Carta! Signora Carta Bianca!” Bianca si svegliò di soprassalto sul divano, dove dopo aver pianto copiose lacrime per quell’amore finito, si era finalmente addormentata e confusa si affacciò al balcone.
“E’ lei Carta Bianca?”
“Sì, scendo subito” disse tristemente a quel signore che tutti conoscevano e temevano in paese. Quel signore era infatti l’addetto alla consegna delle cartelle di Equitalia, l’implacabile messaggero, il guastatore delle belle giornate ed il ladro dei sogni.


Questa storia è completamente inventata. Esclusa l’ultima frase.


Millina Spina, 10 Aprile 2016




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Opera scritta il 10/04/2016 - 19:34
Da Millina Spina
Letta n.1255 volte.
Voto:
su 9 votanti


Commenti


Grazie Marcello! Sei molto gentile ad intravedere il mistero in questo mio racconto...anche se effettivamente non c'è.
Grazie per avermi letto e per il segno che hai lasciato.
Ciao

Millina Spina 13/04/2016 - 18:33

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Anch'io come Gesuino non mi sono occup'ato di questi racconti perché non mi viene in mente niente di originale...brava tu, Millina, a fare questo aggancio, un racconto che scorre come quella alfa sull'asfalto tanto si fa leggere bene. Il mistero in fondo c'è, perché spiegazioni concrete su queste vicende non ne avremo mai, quindi rispettato anche quel punto. Chissà se mi verrà in mente qualcosa di buono su questo ladro di sogni...un applauso a te che invece ci sei riuscita. Un saluto e 5 *.

Marcello Belan 13/04/2016 - 17:46

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Grazie Gesuino.
In effetti al mio racconto manca il tema del mistero che invece avrebbe dovuto avere, come traccia data dalla Redazione.
Ma son contenta che sia piaciuto per quello che è, e che alla fine nella rossa spider a respirare quell'aria e vedere quelle ginestre ci siate saliti in tanti!
Grazie per il tuo commento e a menzus videre!

Millina Spina 12/04/2016 - 21:01

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Bel racconto, forse mi era sfuggito anche perché non mi riesce di avere una qualsiasi idea su questo ladro di sogni e li ho saltati( per il momento). L'idea di equitalia che ti ruba il sogno sul più bello o originale , al punto tale che non mi riusciva di capire chi fosse il ladro dei sogni ed ero a qualche riga dalla fine. Piaciute anche a me le descrzioni dei paesaggi, quella macchia di giallo delle ginestre ha in sé qualcosa di poetico...brava, complimenti, 5 stelle, ovvio!

Gesuino Faedda 12/04/2016 - 20:13

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Grazie di cuore Renato, sempre attento, presente ma sopratutto troppo buono!
Grazie!

Millina Spina 12/04/2016 - 20:06

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Racconto anche divertente (specie nella prima parte)... Beh... Ma scrivi proprio bene Millina, anche i racconti sono piacevoli con tessitura che a me sembra professionale... Saluti e complimenti sinceri!

Renato Granato 12/04/2016 - 19:49

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Grazie Loris, ormai siamo tutti sulla stessa barca che affonda grazie ad equitalia. Pensa un pò, io dalla collezione di francobolli son passata a quella delle cartelle!
Ciao e buona serata

Millina Spina 12/04/2016 - 18:16

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Gran bel racconto, bella fantasia e poi fluido, da leggere tutto in un fiato. Il finale è un po la storia di tutti,anche la mia (piccolo imprenditore ed Equivittima). Molto piaciuto. Ciao Millina buona giornata.

Loris Marcato 12/04/2016 - 13:00

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Oh, Salvo, dì la verità che non è stato il colore azzurro del titolo a richiamare la tua attenzione ma quello del mare ed il rosso dell'auto ed il giallo delle ginestre, con il loro profumo inebriante!
Altro che Carta Bianca quest'immagine...certo iniquitalia fa la sua parte, ma non riuscirà a seppellire i nostri sogni.
P.S. Per mio nonno anch'io son sempre stata "sa crapa iscorrata"
Grazie infinite per i complimenti e buona giornata!

Millina Spina 12/04/2016 - 11:51

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Ciao Millina,
pensa un pò, nonostante il colore mi stavi sfuggendo. Iniquitalia colpisce la povera creatura, Iniquitalia ha Carta Bianca. Sai cosa mi è piaciuto? La descrizione del paesaggio, la caratterizzazione dei personaggi, inclusi i genitori e i poliziotti, la battuta del "giro largo", l'Ogliastra a macchie gialle, mah, può essere che mi è piaciuto tutto? Si, può essere e ti dico che scrivi come una che lo sa fare bene. 5*

salvo bonafè 11/04/2016 - 22:10

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Ah, carissima Maria, noi romanticone avremmo fatto fare a Bianca una vita diversa ma è tutta colpa di Adriano Martini se le hanno suonato alla porta!
Ciao sorellina!

Millina Spina 11/04/2016 - 21:03

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Grazie Giovanni innanzitutto per il tempo che mi hai dedicato e per l'infinita bontà che nutri per me e per tutti noi.
Anch'io avrei preferito un finale diverso per la protagonista, ma si sa la nostra vita è proprio una Carta Bianca!
Ciao!

Millina Spina 11/04/2016 - 21:00

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Malos Mannaja ti ringrazio infinitamente per i complimenti che, uniti agli altri, mi han gonfiato come una mongolfiera, ma devo umilmente ammettere che la questione mistero l'ho ignorata e questo rende il mio racconto seppur piacevole, non rispondente alla traccia richiesta.
Nonostante ciò, anche non conoscendoti, quel tuo "gioiellino di agrodolce ironia della sorte" è un regalo che custodirò gelosamente.
Grazie!

Millina Spina 11/04/2016 - 20:57

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Cara Patrizia, ti ringrazio per l'attenzione ma non potevo fare altrimenti con il finale, è un dictat!
Certo, rimane l'amaro in bocca per la povera Bianca che svegliata da un meraviglioso sogno deve sbrogliare un pò di Carta!
Ciao

Millina Spina 11/04/2016 - 20:49

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Luciano, sappiamo tutti che preferisci la lettura delle poesie, ecco perché le parole con cui esprimi l'apprezzamento per i miei racconti mi scaldano il cuore.
Sono felice di aver reso Bianca un tramite per afferrare il tuo passato di giudice di gara: sappi che io e Nadia siamo già sulla linea di partenza della strada...Bianca!
Un affettuoso abbraccio anche a te!

Millina Spina 11/04/2016 - 20:44

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Grazie carissima Nadia!
Sai, oggi ero libera dal lavoro e sono andata proprio lì, nella selvaggia Ogliastra ed io e mio marito siamo stati fermati dai carabinieri che neanche a dirlo, erano del nostro paese, per cui abbiamo chiacchierato per qualche minuto. Naturalmente non abbiamo l'Alfa spider, ma chissà...Equitalia permettendo potremmo anche incontrarci per fare dei meravigliosi percorsi.
Ciao!

Millina Spina 11/04/2016 - 20:38

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Ma dai! Che cattivella che sei alla povera Bianca avresti potuto donare un finale meno drammatico.. quando si parla di Equitalia tutto è un dramma.. Comunque bello scritto con nonchalance. Complimenti mia cara..Ti abbraccio e ti auguro una buona serata.

Maria Cimino 11/04/2016 - 20:30

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Millina il tuo bel racconto è un crescendo di emozioni.
Come in un orchestra hai saputo far dialogare come direttore gli strumenti.
Certo il finale...ma ciò è più che prevedibile poiché il tema prestabilito è questo.
Complimenti bravissima narratrice oltre che poetessa.

Giovanni Santino Gurrieri 11/04/2016 - 12:22

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beh, forse non fa molto "racconto del mistero" (o forse sì, visto che resta un mistero il perché non diamo corpo ai nostri sogni, anche se la realtà, in fondo, ci lascia massima libertà di azione, ovvero *carta bianca*), ma questo racconto è davvero un gioiellino di agrodolce ironia della sorte. scorrevole la scrittura, ben strutturata la trama, arriva al punto (l’impossibilità di mandare a quel paese il poliziotto) prendendo il lettore in contropiede. e un attimo dopo (colpo del ko) replica con un risveglio “da incubo” e un montante da equitalia al mento. da notare alcune immagini particolarmente riuscite (tipo il dolore a vite autofilettante o lo “scivolare sinuoso tra le curve” riferito all’auto ma ammiccante a Bianca). compliments.

malos mannaja 11/04/2016 - 11:48

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Bellissime sequenze armoniche, profumate, colorate ...Scritto benissimo come sempre, trascinante nel paesaggio ...ma ci sono rimasta male alla fine!!! noooo...non doveva finire così...anche se era nel titolo...

Patrizia Bortolini 11/04/2016 - 11:35

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Ciao Millina mi stai costringendo con i tuoi bellissimi racconti a leggerti piacevolmente. Come già detto in precedenza non mi soffermo sui racconti in quanto richiedono tempo , che non ho, ma nel tuo caso ammiro ed apprezzo. Scioltezza per una bella storia che fra l'altro , essendo un giudice di gara, mi riporta un po' nel mio mondo estivo delle corse, dei rally. Brava come sempre. Un abbraccio.

luciano rosario capaldo 11/04/2016 - 10:14

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Simpaticissimo racconto, il finale è tristemente vero, a volte accade, un po' a tutti
Nel tuo racconto mi sono un po' riconosciuta io amo i motori e c'è stata una parte della mia vita che è stata un po' così.. ma il tuo era un sogno...
Molto brava e complimenti per il riconoscimento mensile
Nadia
5*

Nadia Sonzini 11/04/2016 - 09:39

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