Un figuro indistinto s'affanna in una spasmodica corsa tra le artificiali e caotiche vie d'una metropoli dei nostri tempi. Corre voltandosi attorno, alienato, confuso, attraversando le fiumane d'umane genti accalcate, ammassate, brulicanti, dentro i loro formicai di pietra, acciaio e fumo. Lui é uno di essi, non uno straniero d'altre terre, non un eremita, non un viaggiatore. E' nel luogo dove fiorirono le sue primavere e gelarono i suoi inverni. Ma ora ha compreso ch'egli e' straniero tra le sue genti, straniero tra la pietra, l'acciaio e il fumo. Un filo d'erba, solitario frammento della natura dimenticata, scorto sul ciglio d'una strada, ha squarciato il velo freddo che gli ricopriva il cuore.
Come un ancestrale ricordo egli ha rivisto i prati verdi corteggiati dal sole ed ha sentito la brezza di vento limpido e profumato, recante l'effluvio dei vivaci fiori di campo.
Ora quest'uomo cerca disperato il luogo della sua visione, percorre le grigie strade affollate dai manichini che un tempo furono uomini, ma forse ormai l'hanno dimenticato.
Come un ancestrale ricordo egli ha rivisto i prati verdi corteggiati dal sole ed ha sentito la brezza di vento limpido e profumato, recante l'effluvio dei vivaci fiori di campo.
Ora quest'uomo cerca disperato il luogo della sua visione, percorre le grigie strade affollate dai manichini che un tempo furono uomini, ma forse ormai l'hanno dimenticato.
Opera scritta il 12/10/2014 - 15:34
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