Dall’alto del pendio scosceso
il libeccio arruffava
i lunghi capelli dal riflesso corvino.
Lo sguardo, perduto nel vuoto
vagabondando sul mare in bufera
scortava il turbinio di tetri pensieri.
il libeccio arruffava
i lunghi capelli dal riflesso corvino.
Lo sguardo, perduto nel vuoto
vagabondando sul mare in bufera
scortava il turbinio di tetri pensieri.
Gli scogli, maestosi e immutabili,
nella baia d’infantili ricordi,
s’opponevano alla furia del mare
sotto l’impeto ferino del vento
che li schiaffeggiava … schiumando.
Era d’inverno
il freddo pungente, come spine di cardo,
non scalfiva il corpo piacente,
la cui ombra,
scagliata a distanza da un sole morente,
magistralmente scemava
mentre l’anima,. proscritta e reclusa,
avvertiva l’imperioso bisogno
di sgusciare … ed aliare lontano.
Racconto scritto il 27/11/2024 - 10:02
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Commenti
A parte l'aliare...tutto bellissimo,si scivola leggendo ed è un piacere anche guardare come fosse un quadro. E la musica del mare è del vento...si sente!
Anna Cenni 27/11/2024 - 13:09
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