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Un ultimo gesto.

Un ultimo gesto


Stephane stava seduto sulla panchina di fronte l’ingresso della Ville “de la Libertè” da qualche minuto.
Staccato dal lavoro, era solito concedersi una sigaretta e fumarsela seduto su quella panchina che, da qualche mese a questa parte, aveva reso per certi aspetti sua.
Considerata la temperatura mite della giornata, quella sigaretta avrebbe avuto un sapore migliore.
Accanto a sé, il suo zaino da lavoro era poggiato sulla panchina. Prese dalla tasca interna del suo giubbotto di pelle nero un pacco di sigarette color rosso acceso e ne estrasse una per poi riposare il pacchetto dentro la tasca.
Intorno a sé, la città viveva la sua ordinaria vita quotidiana: la Villa “de la Liberté” ospitava i bambini giocare nel suo parco giochi interno, con i genitori poco distanti a sorvegliargli o accanto a loro per giocarci, gli anziani signori ne approfittavano per fare le loro passeggiate quotidiane e molti facevano jogging; le attività commerciali nella zona, considerato che erano le 7 di sera, cominciavano ad avere sempre meno clienti ed alcune addirittura cominciavano a chiudere.
Stephane si accese la sigaretta e cominciò ad aspirare la prima boccata. Lasciò che il fumo invadesse i polmoni e poi lo espulse dalla bocca. Si sistemò meglio nella panca, mettendosi comodo.
Di fronte a lui, un bar abbastanza famoso era pieno di clienti seduti ai tavoli, e la temperatura di fine Maggio permetteva di poter usufruire degli spazi all’esterno del locale.
Osservò il cielo sopra di sé e cominciò a pensare ai vari progetti che lo attendevano la sera: si sarebbe dovuto vedere con Armand nel dopocena per discutere di lavoro e di come concludere una trattativa che avevano avviato da tempo. Prevedeva una serata di grandi scocciature.
Per sua fortuna, però, Armand era anche amico suo ed avevano deciso che, chiusa la questione inerente il lavoro, si sarebbe concessi qualche bicchiere in un locale jazz cui erano soliti andare ultimamente.
Abbassò lo sguardo e continuò a fumare
La sigaretta era quasi a metà quando di fronte a sé, tutto d’un tratto, Stephane vide qualcosa che lo lasciò quasi a bocca aperta.
C’era Helene.
Restando seduto sulla panchina, si protese in avanti e sgranò gli occhi per essere certo fosse lei. Messa a fuoco la vista, non poté che confermare tutto: era Helene. Era proprio lei.
Stava seduta ad uno dei tavoli del bar di fronte. Era stranamente sola e stava consultando il menù per scegliere cosa prendere.
Erano passati circa 6 anni da quando Stephane la vide per l’ultima volta; 6 anni da quando si erano lasciati.
“6 anni? Siamo sicuri? Vediamo… ci siamo lasciati prima della finale dei mondiali e gli scorsi mondiali non stavamo più assieme. Considerato che i prossimi sono tra due anni… sì, quasi 6 anni. Incredibile”.
Da quando si videro l’ultima volta, di cose ne erano successe: Stephane aveva ottenuto il posto di lavoro che da tempo voleva e aveva da poco ottenuto il mutuo per comprarsi una casa propria; aveva avuto varie donne in quegli anni, ma forse solo due erano state veramente importanti per lui ed ormai aveva chiuso entrambe da tempo; aveva litigato con degli amici importanti ma ne aveva di scoperti di stupendi. Era passata tanto tempo. Una vita, si potrebbe dire. O quantomeno una parte importante della sua vita.
Aveva 25 anni quando si lasciarono ed ora ne aveva 31. Si era passati dall’inizio della maturità alla vera e propria età adulta.
Avevano sofferto molto quando decisero di lasciarsi. Ciò nonostante, quel dolore era cessato ormai da anni. Stephane, col tempo, aveva dimenticato quel dolore, e dentro di sé rimasero solo i bei ricordi.
Tuttavia, aveva dimenticato non solo il dolore, ma anche molti elementi di Helene: non ricordava più qual era la sua canzone preferita; o se preferiva la carne o il pesce; non ricordava qual era il suo autore preferito o se odiava di più Hemingway o Conrad; non ricordava più nemmeno il suo odore né il colore dei suoi occhi.
Aveva dimenticato tutto.
Eppure, ora Helene era di fronte a lui, seduta al bar dall’altro lato della strada, a dividerli c’erano una decina di metri.
Stephane sorrise e notò come fosse cambiata in alcuni dettagli: alcune rughe cominciavano a farsi notare sul suo volto, e il cappotto leggero che aveva appoggiato nello schienale della sedia su cui era seduta era di uno stile che prima odiava. Le persone cambiano col tempo.
Accertatosi fosse lei, si alzò dalla panchina, la sigaretta che lentamente si consumava sola.
Decise di andarla a salutare.
Si ricordava di quanto avesse sofferto; sapeva che lei lo odiò per mesi e mesi. Stephane sapeva che le aveva stravolto la vita nonostante la scelta di chiudere fosse stata di lei.. Poi, quando non ebbe più notizie di lei neanche indirettamente, semplicemente se ne disinteressò.
Tuttavia, decise di salutarla comunque. Dubitava che dopo tutto questo tempo, l’odio che lei provava verso di lui era ancora intatto.
L’avrebbe salutata con molto piacere, senza più rancore né odio. L’avrebbe salutata come si saluta una collega che non vedi da tanto tempo. Avrebbero scambiato qualche parola e forse sarebbe scappato anche qualche sorriso.
Si sistemò la camicia e spense la sigaretta in un posacenere lì vicino. Prese lo zaino da lavoro e se lo mise sulle spalle sopra il giubbotto.
Era curioso che Helene non si fosse accorta di lui. Le sarebbe bastato alzare la testa da quel menù, voltarla leggermente e vedere che, dall’altro lato della strada, la persona che amò per 5 lunghi anni era su di una panchina vicino l’ingresso della villa comunale a fumare tranquillamente una sigaretta.
Stava per attraversare la strada per raggiungere il bar quando, d’improvviso, accadde qualcosa.
Qualcuno si sedette al tavolo con Helene. Lei gli sorrise e lasciò che si accomodasse; lui, sistematosi proprio accanto a lei, la baciò dolcemente sulle labbra.
Per qualche curioso motivo, lui venne dopo qualche minuto rispetto ad Helene: forse era in bagno, forse stava parcheggiando. Non aveva importanza. Ciò che rilevava era che non era sola.
E d’un tratto Stephane capì che non doveva andare a salutarla.
Chi era lui per rovinare la vita ad una persona? Chi era lui per creare situazioni imbarazzanti tra lei e il suo nuovo ragazzo? Chi era lui per pretendere che lei lo salutasse tranquillamente? Chi gli diceva che lei adesso stava bene?
Helene era finalmente riuscita a rifarsi la sua vita e sembrava felice. E Stephane non voleva rovinare questa perfezione che finalmente si era creata nella vita di Helene.
Ricordò ancora le ultime parole che le disse quando si salutarono per l’ultima volta: “se tu sei felice, io sono felice. Se tu sarai felice, io sarò felice”.
Finalmente, adesso, Helene era felice. E non appena lo vide, Stephane vide una piccola felicità nascere e diffondersi dentro di sé.
Decise quindi di non andare da lei.
Helene e il suo ragazzo parlavano all’interno del bar, ignari della presenza di Stephane.
Incamminandosi verso casa, se ne andò.
Fu il suo ultimo gesto d’amore per lei.


Stephane.




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Opera scritta il 13/12/2017 - 15:56
Da Andrea Motta
Letta n.1001 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


racconto scorrevole ben composto

GIANCARLO POETA DELL'AMORE 13/12/2017 - 20:50

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