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IL DONO DI EMMA

IL DONO DI EMMA



Emma è sempre stata diversa, sin da bambina ha sempre percepito e visto cose che altri non riuscivano nemmeno ad immaginare. Ha sempre sentito, a volte con grande paura e angoscia, la presenza di anime di defunti in una dimensione spirituale non ancora definita in cerca di soluzioni per accedere alla vita eterna. Emma sentiva le loro voci simili a sussurri, si trovava dinnanzi esseri evanescenti e pallidi che sembravano materializzarsi, circondati da una strana luce e lei entrava, attraverso onde empatiche di energia, nel loro mondo emozionale e ne subiva i loro sentimenti angosciosi e ansiosi, ascoltava le loro storie non sempre belle e spesso dolorose. Similmente ad un confessore, le venivano raccontate storie di ogni tipo, ma la colpivano quelle dei ragazzi dalle vite recise a causa di incidenti o da brutte malattie o, peggio, vittime di azioni malvagie e violente. Ma la giovane Emma non ne aveva mai parlato con nessuno, nemmeno in famiglia, sapeva per certo che non le avrebbero creduto e sarebbe passata per pazza o visionaria e forse lo era. Preferiva tenere per sé quel mondo misterioso e spirituale in cui a volte si trovava immersa come una foglia impazzita in un turbine ventoso. Sbatteva qua e là, cercava risposte e faticava a tenere sotto controllo una situazione complicata che comprendeva solo lei in un linguaggio emozionale che viveva come una colpa. Spesso si chiedeva perché succedeva proprio a lei e si sentiva impotente ed incapace di aiutare quelle anime smarrite che attendevano una guida. Tutto questo fardello la rendeva tuttavia agli occhi degli altri come una ragazza molto carina, ma strana e assente, distratta e misteriosa. I suoi grandi occhi chiari tradivano le sue inquietudini e questo però finiva per aumentare il suo fascino.
Quando si chiudeva nella sua stanza, iniziava a sentire voci, bisbigli poco chiari di persone adulte e bambini, ma addirittura percepiva anche la presenza animali, percepiva la fragranza di strani profumi e sentiva vibrare attorno a sé una grande energia. Ma come dare una spiegazione a tutto questo? Aveva letto in biblioteca libri sull’argomento o articoli su alcune riviste. Adesso che esisteva internet, si era documentata abbastanza e aveva scoperto di non essere da sola e che forse pazza non era, ma tutto rimaneva sempre argomento circondato da scetticismo e pregiudizi, privo di scientificità. Queste sue capacità che conservava ben nascoste, le pulsavano dentro come un grande fuoco che minacciava di divampare, una energia che ansimava per liberarsi e agire, agire per infondere bene, per dar pace, per soccorrere. Ma un velo di paura e timidezza l’avvolgeva quasi a soffocarla e le impediva di esternare quel mistero, di spiegare agli altri il suo strano mondo.
Spesso incrociava lo sguardo materno che la scrutava in cerca di spiegazioni, quando le capitava di anticipare fatti o visite di persone, o telefonate.
- Sei telepatica – le diceva sorridendo – o sei come la nonna Giusy che leggeva il futuro con le carte o guardando il viso di una persona, e riusciva a vedere l’angelo custode -.
Conoscendo il trattamento che era stato riservato alla nonna Giusy a base di esorcismi e di medici dubbiosi, si era affrettata a rispondere:
- Ma che dici – rispondeva ridendo Emma – ho solo indovinato, sono coincidenze! -
Quando si recava a scuola, Emma attraversava una parte del parco dove avveniva quotidianamente l’incontro con alcuni animali, che si precipitavano a salutarla e a parlarle, in un linguaggio comprensibile solo a lei. Giungevano per primi dei gattini, che sbucavano da fitti cespugli e da ogni angolo e dopo le fusa, le facevano comprendere di volerle bene e di esserle riconoscente per l’attenzione e le coccole che lei esercitava su di loro. Poi giungevano due cagnolini di grandezza media, color miele, in passeggiata libera dalla villetta vicina alla sua e le feste non finivano più.
- Mi fate arrivare tardi a scuola – commentava ridendo Emma, mentre li accarezzava –
Poi giungevano uccellini, una piccola civetta e alcune colombe e con quello strano corteo Emma attraversava il parco, ma superato questo, continuava a camminare da sola fino a scuola, un grande edificio a mattoni rossi, che accoglieva sia il liceo classico, sia il liceo scientifico, con il cortile di accesso, sempre pieno di motorini e di ragazzi che parlavano o scherzavano.
La bellezza particolare di Emma con il suo visetto dolce in cui spiccavano grandi occhi chiari, il corpo esile e flessuoso, i lunghi capelli lisci e dorati, veniva resa più attraente dal carisma che la sua persona trasmetteva ed attraeva molti ragazzi della scuola che la corteggiavano senza tuttavia speranza, poiché c’era qualcosa in lei che impediva loro di fare un passo oltre. Ciò indispettiva le ragazze, rose dall’invidia e molte si erano allontanate dalla sua amicizia, tirandole dispetti e mettendo in giro storie false, che poi venivano sempre scoperte.
Ma Emma, anche se circondata da compagni, era sola. Era sola ovunque, poiché la barriera invisibile che aveva eretto tra se stessa e il mondo reale non permetteva a nessuno di avvicinarsi.
Fu durante un giorno di pioggia e di nebbia che nella cittadina avvenne una tragedia che avrebbe cambiato la sua vita senza che lei lo volesse. Il cielo era ricoperto da grosse nuvole e un vento freddo, proveniente da nord, soffiava il suo freddo alito sulle strade e sulle case, faceva oscillare le cime degli alberi e trascinava con sé ciò che incontrava per strada. Fu in questo triste giorno che Antonio scomparve. La notizia si era presto diffusa e forze dell’ordine, familiari, amici, cani molecolari, presto allertati, si erano messi alla ricerca del giovane studente. La ricostruzione dei suoi ultimi movimenti era stata abbastanza semplice. Era andato a scuola come ogni giorno presso il liceo scientifico ma alla fine delle lezioni, non si era fermato a chiacchierare con i suoi amici nel cortile. Era andato via col suo motorino e da allora nessuno l’aveva più visto e non era rientrato a casa. Il brutto tempo non aiutava le ricerche, anzi i campi impantanati dall’acqua erano impraticabili. Le ricerche continuarono per giorni, lasciando i genitori nella più grande angoscia. Ad intensificare le ricerche contribuì il ritrovamento del motorino riverso sulla strada, poco lontano dalle ultime abitazioni del paese. Rimanevano i segni di un altro mezzo con il quale probabilmente si era allontanato e ci si chiedeva se di sua volontà o costretto da qualcuno.
Il giovane Antonio non aveva mai dato problemi, sembrava sereno, studiava con profitto, non amava ubriacarsi e non si era mai drogato. I ragazzi che frequentava erano quelli della scuola e i rapporti in famiglia era normali e non certo conflittuali. Il fatto aveva suscitato scalpore ed era divenuto un argomento mediatico. Non si parlava d’altro e numerosi erano i sospettati. Dov’era quindi Antonio? Che fine aveva fatto?
Anche Emma era sconvolta da quel brutto fattaccio e si era recata come gli altri ad aiutare nelle ricerche, ma non voleva saperne di scrutare quel mistero con le sue facoltà. Aveva paura di vederlo morto, di sapere cose orribili, di scoprire violenza nei confronti di un compagno di scuola. A casa teneva i tappi nelle orecchie e nella sua stanza stringeva gli occhi.
Poi le si fece strada il pensiero che forse Antonio era ancora vivo. Se lei avesse parlato forse avrebbero potuto salvarlo. Ma fu di notte, in sogno, in un incubo angoscioso, che lo vide in fondo ad un pozzo, morto. Vedeva dall’alto il suo corpo, nudo e violentato, buttato via come un rifiuto in fondo al pozzo, senza vita. Emma non riusciva a vedere il volto dell’assassino, se non due grandi mani che avevano compiuto quello scempio. Si svegliò piangendo, addolorata ed impotente, ma consapevole di dover raccontare a qualcuno quel sogno. Un improvviso colpo di vento sollevò la tenda della finestra della sua stanza, che lei ricordava di aver chiuso ed ebbe l’impressione che il vento che entrava dall’imposta aperta , emanasse un lamento sofferto e con angoscia la giovane cominciò a sentire ombre attorno a lei.
Per la prima volta ebbe paura, si alzò di scatto e fece per chiudere la finestra, ma nel buio della notte vide la sua amica civetta, con i grandi occhi fosforescenti che la guardavano, come se le volesse parlare e si agitava da un ramo all’altro del grande platano presso la sua casa e la guardava. Emma cercò di rassicurare l’animale, che però volò via, poi si fece coraggio e chiamò sua madre.
Anna giunse semi addormentata, ma velocemente, convinta di un malore della figlia:
- Che c’è Emma, stai male?
- No mamma, vieni devo raccontarti una cosa.- disse la ragazza mestamente.
- Adesso di notte? - fece Anna
- Si mamma adesso e vedi di ascoltarmi con attenzione, anzi devi promettermi che crederai a tutto quello che sto per raccontarti, perché è assolutamente vero.
- Mi fai preoccupare figliola-
- Prometti? -
- Si certo, adesso racconta- disse sua madre sedendosi sulla poltroncina di velluto, presso il suo letto.
Così Emma iniziò:
- Sin da bambina ho capito di essere strana, di riuscire a vedere cose strane e persone morte, riesco a vedere, come scene di un film, fatti che devono avverarsi, capisco il linguaggio degli animali. Sento se una persona è malvagia o buona.
- Mio Dio! - fece Anna con meraviglia – come tua nonna Giusy! Lo sospettavo da tempo- sospirò
- Molto di più mamma, ma io sapevo che nessuno mi avrebbe creduto e sarei diventata un fenomeno da baraccone- fece Emma – Che poi nemmeno io so cosa mi succede e perché, ma è tutto vero, ti prego di credermi !-
- Perché ti sei decisa solo adesso ?
- Per via della sparizione di Antonio – Poi dopo una pausa – L’ho visto in sogno, morto, in fondo ad un pozzo, nudo e sicuramente ucciso.-
Sua madre era sconvolta e per qualche secondo rimase senza parole, poi deglutì e le disse:
- Come si può trovare il pozzo?
- Questo non lo so però si possono controllare i pozzi della zona e poi la civetta poco fa voleva dirmi qualcosa! -
- Ma che dici, la civetta!
- Ecco, se non mi credi tu, pensa gli altri! Cosa parlo a fare!
- No Emma, dai ti credo, domani andiamo dai Carabinieri-
- E se mi prendessero per pazza? O per l’assassina? O che si tratta solo di suggestione!
- Cosa ci perdono a fare un controllo? Si vedrà dopo se sei pazza e di sicuro non sei l’assassina.
Emma si sentì rincuorata perché per la prima volta si sentì capita e le fece piacere constatare che sua madre stava dalla sua parte.
Il giorno successivo le due donne si recarono dai carabinieri per raccontare quella situazione e si sedettero ad aspettare in una panca rigida, in una sala fredda e con poca luce. C’erano altre persone che aspettavano, ma erano presenti anche curiosi e giornalisti. Emma aveva stabilito con sua madre che avrebbe raccontato solo il sogno che aveva fatto, per evitare polemiche e chiacchiere inutili. Ma mentre erano lì in attesa, uno strano movimento era iniziato tra le stanze e molti agenti, compreso l’ispettore andarono via con le vetture. Non avevano fatto in tempo a raccontare nulla. Il cadavere di Antonio era stato trovato in fondo ad un pozzo. Uno dei cani aveva puntato all’improvviso verso una direzione e si era fermato sopra un pozzo, dove si era posata una civetta che sembrava piuttosto agitata e che infine era volata via. La perdita di quel giovane, tra l’altro violentato e ucciso subito dopo la sua scomparsa, suscitò grande scalpore e dolore tra la gente, gli amici e i compagni. Anche Emma era sconvolta, inoltre aveva davanti gli occhi quelle due grandi mani assassine viste nel sogno. I commenti dappertutto sembravano non finire più e al funerale si era radunata una grande folla.
Emma si trovava in chiesa insieme alla madre e nel silenzio della funzione, la giovane iniziò a sentire caldo e a provare un senso di malessere. Iniziava a percepire una presenza malvagia tra di loro, una anima nera e malata che ansimava odio, ma la giovane non riusciva ad individuarne la provenienza. Sapeva solo che l’assassino era lì tra di loro. Durante i saluti Emma porse la mano ai parenti per le condoglianze e quindi ad uno zio, un uomo alto e robusto con una grossa e grande mano che stringeva la sua piccola e bianca. Emma si senti svenire per la paura, perché aveva capito di trovarsi davanti a lui, l’assassino che per il suo animo perverso aveva messo fine alla vita di suo nipote. Ma come dirlo alla polizia o ai carabinieri ? Come accusarlo?
A casa ne parlò con sua madre e ancora una volta decisero di recarsi dai carabinieri. Stessa sala di attesa e stesso via vai di gente. Quando infine furono ricevute fu lungo e difficile per la ragazza dover spiegare quella situazione. L’ispettore però rimase imperturbabile e l’ascoltò con attenzione comprendendo l’imbarazzo che lei provava. Una volta iniziato il racconto Emma sentendosi a proprio agio, raccontò proprio tutto. Alla fine pregò l’ispettore di mantenere il riserbo per quello che gli aveva raccontato e che non cercava notorietà o di suscitare scalpore.
L’ispettore la rassicurò, ma non era molto chiaro se le credesse o meno, le disse anche che stavano svolgendo indagini proprio tra i familiari. Uscendo dal commissariato le due donne si recarono in chiesa ed Emma pregò con tutta l’anima il suo disagio. Spiegava alla Madonnina che lei non aveva nessuna intenzione di sostituirsi a Dio e nemmeno sapeva del perché le accadevano strani fatti.
Fu sua madre a metterla in contatto con uno studioso di questi fenomeni e che le fece conoscere tanta gente, insospettatamente con le stesse capacità mediatiche. Nei tanti incontri che seguirono, Emma fece amicizia con Ettore, con cui visse anche un amore, ed entrambi nel tempo maturarono la convinzione che tutto sommato possedevano un dono, una capacità che altri non avevano e si trattava solo di farne buon uso, senza specularci e pensando al bene. Molti avanzavano l’ipotesi che loro riuscivano ad utilizzare quella parte del cervello che la maggior parte della gente ignora e che tutti potenzialmente possiedono capacità sconosciute.
Più serena Emma continuò la sua vita in quella cittadina che non sapeva nulla di lei, e grande fu lo sgomento quando venne arrestato lo zio di Antonio per l’omicidio, che finì per confessare l’amore malato che provava per il nipote. Al rifiuto e alle brutte parole del ragazzo, aveva reagito, l’aveva violentato ed ucciso e non era affatto pentito.
Trascorsero gli anni ed Emma si trasferì nella città vicina, dove iniziò a lavorare in una casa editrice, come correttrice di bozze. Amava quel lavoro che le dava la possibilità di stare a contatto con i libri che amava molto e per il momento preferiva vivere da sola dopo la fine della sua storia con Ettore. Ma nel tempo libero prese a far parte di una associazione di volontariato che si dedicava ai bisognosi e a chi si trovava in difficoltà. Naturalmente questo la metteva in contatto con gente di ogni tipo e situazione ed era lì che veniva fuori il suo dono. Senza darne mostra e con pazienza aveva convertito ciò che da giovane le sembrava una vergogna, in una forma di amore e lo faceva con estrema semplicità e dedizione. Le sue capacità percettive sondavano gli animi e i problemi di una umanità povera e confusa, vedeva ciò che stava nascosto, riusciva a scoprire dolori e ferite coperti da stracci e sporcizia. Vedeva le loro storie intricate appesantite da violenza e degrado e lei camminava tra di loro, insieme ad altri volontari, come una creatura dolce e buona porgendo le sue piccole mani. Finiva sempre per dare consigli, predire in modo discreto ciò che avrebbe potuto succedere, placava sentimenti ostili e pronti all’odio e a decisioni estreme. Aiutava, per quanto possibile, animali randagi,abbandonati, smarriti e spesso maltrattati. Cercava nei i suoi limiti e con umiltà, spesso anche fra critiche e incomprensioni, di fare del bene e il suo dono tutto sommato era un dono di Amore.




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Opera scritta il 04/02/2020 - 11:08
Da Patrizia Lo Bue
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