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CELESTINO (Dalla Sera fino al Mattino) - PARTE 2 di 2

Inizio Seconda e ultima parte -


Per tutta la giornata di lunedì, fin dall'alba, Pietro non pensò altro che alla festa che ci sarebbe stata, oltre che all'incontro – a distanza – dei ragazzi senza ombra di dubbio presenti all'evento, così come la presenza del ragazzo dell'Ape. E così ci fu un – ritorno al passato – o meglio, alle origini, mentre girava la sera dopo cena, per la via della frazione in festa, in totale beatitudine. Da una parte era meglio che vagasse a vuoto senza essere riconosciuto da Nessuno, si sentiva leggero, limpido e puro come lo poteva essere un torrente di montagna, in mezzo al verde infinito. “Forse sarebbe stato meglio non conoscere nessuno.” ripensò Pietro, notando la libertà con cui poteva muoversi senza troppe ansie, e che forse sarebbe stato veramente meglio perchè a Gallarate fare solo 4 passi a piedi gli sarebbe stato impossibile adesso come adesso. Che buffo, continuò a pensare, era nel suo paese natale eppure girava senza alcuna preoccupazione: davvero non lo conosceva nessuno, oppure lo conoscevano sì, ma non da parte sua – e nel caso anche se lo conoscevano non sapevano niente di certe verità, che da bravo ora riuscì a tenersele ben distanti, anche da se stesso... Faceva ancora caldo, anche se le giornate si stavano poco a poco accorciando. Lui molto vintage, con pantaloncini, camicia hawaiana e mocassini. Ma Pietro aveva un suo stile, o meglio l'abitudine di portare sopra il suo petto villoso l'Ankh e gli anelli di pietra, dal blu-cobalto alla Giada. E nonostante alcuni segni dell'età ormai adulta – anche se proprio non gli si addiceva per via del suo sguardo smarrito e candido da quindicenne – portava ancora i capelli cotonati. C'era un sacco di gente, e nella folla riuscì a intravedere il famoso gruppetto di ragazzi dirigersi certamente verso la periferia, alle giostre situate nei campi. Pronto a inseguirli, Pietro non fece il primo passo che venne fermato da un amico di papà, Fabber, che già l'aveva cattato un mesetto prima ad un'altra festicciula della frazione, nel giardino della Corte dei Visconti. Sapeva benissimo dove li avrebbe ripescati quindi si distrasse con qualche chiacchiera dell'amico di suo padre, che lavorava giustappunto per il comune programmando eventi, e data la posizione, approfittando di qualche gratuita bevuta. Era un piacere parlare con lui solo per criticarsi a vicenda – perchè Pietro lavorava dannatamente sotto il padre e privo di vita sociale, lui invece viveva praticamente di rendita e si divertiva sempre a offenderlo perchè si sapeva che Pietro era sempre troppo... indietro. Ma alla fine faceva piacere ad entrambi rivedersi, perchè tutta la sofferenza di ogni comune mortale è riconducibile alla “Signora Solitudine”. Congedandosi dalla gratuità di quegli insulti all'inglese che male non facevano, Pietro ritornò in missione dirigendosi alle giostre. Mancava un'oretta ai fuochi della mezzanotte, così dopo averli visti agli auto-scontri (-e dove sennò?), si divertì anche lui, e senza volerlo dando nell'occhio, perchè se Pietro aveva una qualità, oltre la memoria, era quella della vista perfetta – vinse agli spari delle lattine, e nel mentre la cosa suscitò l'attenzione dei ragazzi, che lo andarono a vedere e, anche se Pietro nonostante la musica fosse sordo da un orecchio, riuscì a sentire uno che disse: “Ma quello è il ragazzo del sigaro.” E proprio il sigaro si stava fumando mentre sparava. Sorrise e chiese di regalare qualsiasi oggetto avesse vinto a uno di Quelli, andandosene a prendere una frittella. Questo fu il primissimo – contatto – che ebbe col gruppetto di ragazzi, forse arrogante, ma pur sempre innocente nelle proprie intenzioni, ma non con quello dell'Ape, che lo vide lì con loro, certo, ma sulle sue... Mangiò la frittella vagando a vuoto per le giostre. Era bello ritornare indietro, vedere quella – Luce – negli occhi della nuova generazione. Bambini e ragazzi, su ogni giostra del mondo, hanno tutti la stessa luce, tutti – come ce l'aveva anche Pietro. Poi si cresce, e questa luce poco a poco si spegne, purtroppo. Fra le luci colorate, e a tratte un po' sfuocate, si sentiva echeggiare “L'Estate sta Finendo”: niente di più vero. Chissà poi come sarebbero andate le cose, per Pietro. Finì la frittella e si diresse nell'altro campo dietro la piazza per i fuochi d'artificio. Ai momenti dei fuochi non li rivide, causa l'immensa folla, e sfruttò l'occasione di esprimere lo stesso desiderio: un nuovo giro di Amicizie, nuove Avventure, nuove Conoscenze. Ma era umile: anche un solo Amico gli sarebbe bastato. Ritornò in piazza per – la birra – e la festa si prolungò sino alle 4, nonostante il ragazzo dell'Ape si congedò un'oretta prima, rimanendo ben attento, nonostante la sbornia, a osservare gli altri – a distanza – fumandosi il suo cubano fra le sedie e i tavolini in plastica via via sempre più vuoti. Tutta sua rimase la città: un deserto che conosceva già.
Arrivò l'autunno e passò tutto il periodo pre-natalizio facendo avanti e indietro per l'oratorio, anche in settimana, la sera. Ogni tanto entrava con la scusa del caffè, e con la scusa del fumo ogni tanto rimaneva fuori incantandosi nel vedere dalle grandi finestre i ragazzi giocare a ping-pong. Quanto sono fortunati, continuava a esclamare sorridendo ogni volta che li vedeva, mentre si girava per rincasare gettando la cicca a terra. Arrivò dicembre, arrivò il Natale. Tutti si prepararono per le festività, al bar da Wang tutti incominciavano a parlare del Capodanno, fra gli auguri, gli inviti e i regali. Poi c'era ovviamente Pietro, all'angolo, che poteva solamente gustarsi... le gioie altrui. Pensare che l'anno prima stava in casa di ragazzi, di Amici, a passare le serate al divano, cucinando e mangiando insieme, facendo l'albero di Natale, scambiandosi i regali alla Vigilia, festeggiando poi il Capodanno, dormendo insieme e per la prima volta in casa d'altri proprio nel letto dell'Ospite, che prima dell'estate non conosceva affatto, ringraziando sempre il Signore di questo – Dono – l'Amicizia appunto, per poi pulire interamente casa il pomeriggio seguente, appena sveglio, e salutando i genitori che non conosceva affatto nel dopo-cena, rimasto solo in cucina mentre puliva gli ultimi piatti imbarazzato dalla loro presenza dopo essersi girato al colpo di tosse, quando gli altri erano già in salotto persi a giocare online, e che ridevano perchè sapevano. Pietro era così: una persona dedita all'Umiltà nella continua e ansiosa voglia di far del bene per essere – Accettato – così come era semplicemente, giudicato e lasciato solo per i gusti troppo “ambigui”, l'ossessione per l'Arte e il carattere troppo introverso e represso, anche se costantemente curioso e a tratti impulsivo – come poteva essere un bambino, sincero, candido, puro nei confronti di un mondo egoista, capitalista, eccentrico e atto a condannare sempre le Anime più deboli. Era una battaglia persa fin dal principio, ma Pietro, che insisteva nel dichiarare di arrivare dalle Stelle, e quindi dal Cielo, voleva andare avanti per vedere cosa gli avrebbe riservato il futuro, senza mai arrendersi ai continui abbandoni, perchè anche tutte queste precedenti – scene di vita – già gli parevano lontane anni luce. Ritornò alla “situazione attuale” osservando uno dei giocatori entrare nel bar di Wang che vedeva spesso durante le partite di calcio, una delle tante grazie innaturali dal fisico perfetto, e consumarsi la pizza d'asporto presa altrove bevendo birra. Un 1995. Solo anche lui? Macché, a seguire arrivò l'esercito con lui e con loro anche l'organizzatore degli eventi, Fabber, che vedendolo, non perse l'occasione di “punzecchiare” nuovamente Pietro, solo e sbronzo. Alla Vigilia del Natale, in un primo momento Pietro chiese l'invito al suo amico di generazione Francesco, occupato, per tradizione, a invitare solamente i suoi amici di liceo che ebbero modo certamente di conoscere Pietro, ma anche di dimenticarselo al più presto. Così, dopo inutili giri di chiamate, si rassegnò per rimanere solo e, per tradizione di famiglia, andare alla famosa messa della mezzanotte (-e quando andarci se non a Natale?), ma lui si incamminò deviando per la frazione, separandosi dai “serpenti”. Quanto gli sarebbe piaciuto percorrere il viale deserto con qualcuno, un qualsiasi ragazzo del paese, con la quale condividere momenti Sacri come quello del Natale. Come sempre rimase sulla porta, impossibilitato ad entrarci. Fuori, sulle panchine della piazza, le stesse dove si era messo Pietro per tutta estate, ascoltandosi “Piazza Grande” e sdraiato, guardando le stelle, alcuni compagni del ragazzo dell'Ape, che invece si trovava dentro assieme alla famiglia e ad un altro che poi Pietro scoprirà essere suo cugino. Alla fine in piazza approfittò, con un'offerta libera corrispondente a 5-10cent, per mangiare pandoro e panettone, e bevendo cioccolata, sotto le note di “Last Christmas”, che Pietro conosceva fin troppo bene... Anche il Capodanno pensò di passarlo lì, al bar o da qualche parte nella frazione, ma lo festeggiò altrove, questa volta con adulti, a Villa Cortese, anche se il suo pensiero fu sempre fermo lì nel suo paese natale e con quei ragazzi, che alla fine non conosceva affatto. Ci passò al ritorno tipo alle 5 del mattino, senza trovarci nessuno. Accadde che alla sera dell'Ultima di SanRemo, poco prima della premiazione di Diodato (-e qualche bestemmia partì...), entrarono i ragazzi che nell'oratorio si mettevano nell'angolino a fumare assieme al ragazzo dell'Ape presente nel bar, che lo salutarono chiamandolo per nome e cognome: ora a Pietro, seduto giusto dietro, anche se sbronzo, gli si drizzarono le orecchie, tanto da non perdere tempo cercandolo subito in maniera “anti-sgamo” sugli schedari che erano i “Social”. E così seppe il suo nome, manco riportato sul citofono durante gli sballati – pedinamenti estivi – al chiaro di luna, e di Tutti i suoi contatti – che poi erano suoi amici. Non che gli fosse di vitale importanza, però era un qualcosa in più di quello che stava Cercando – semplici informazioni. Continuarono le visite in oratorio, le chiacchierate con Vince, aiutando o meglio, rimanendo presente fisicamente, alla preparazione di cene a base di Cassuola, che organizzavano gli stessi ragazzi, come Milo – ecco come si chiamava! “Se conoscessero mio padre, sapere come cucina divinamente la Cassuola!” si disse. A Pietro non piaceva dare troppa attenzione su di sé. Stava per scoppiare certo, ma cercava sempre di rimanere sulle sue. Era un Mistero, che però, senza volerlo, destava curiosità. La verità poi è che tutti si erano accorti e chiedevano di lui, solo che Pietro non lo sapeva. Lui Cercava loro per farseli Amici, e loro parlavano di lui perchè lo volevano Conoscere. Ma il suo tempo doveva ancora venire... Dopo l'annuale e storico carnevale della frazione nella quale Pietro ci partecipò appieno, sempre per rivivere le emozioni del passato e per il gusto innato di travestirsi inventandosi continuamente personaggi facendosi notare solo da uno dei ragazzi che urlò a tutti “Ehi, ma quello è il ragazzo del sigaro, è lui, è lui!” mentre Pietro passava in bici cercando faticosamente di rimanere indifferente sull'orlo della risata, improvvisamente la situazione cambiò, da quella domenica di fine febbraio alla settimana che sarebbe arrivata: la pandemia del Covid colpì anche l'Italia, e Quella volta, bizzarra, fu l'ultima volta che li vide. Durante la quarantena, all'equinozio di Primavera, più precisamente la notte del 20 marzo, Pietro uscì di nascosto in bici percorrendo solamente campi bui affiancati al viale che collegava il paese alla frazione per consegnare una lettera – esistenziale – lanciata nell'orto della residenza di Milo contenente numerose “scene di vita” col desiderio da parte del mittente, lasciato anonimo se non per qualche “indizio”, di Conoscerlo, di poterselo fare Amico in tutta la purezza che questa parola conservava e che Pietro vedeva sempre più lontana in lui. Per il resto passò 2 mesi, quelli di una Primavera che non ci fu se non “all'ombra di un cortile”, per i campi di periferia e nella cava dietro i Lampugnani, sperando ci fosse almeno uno di quei ragazzi che vedeva da Wang o in oratorio, se non lo stesso Milo. Ma non fu così. Forte immaginazione genera l'Evento – un evento che sì ci fu, a Primavera inoltrata. Finito il lockdown, Pietro ritornò a girare nella frazione, sempre più debole e stanco di così tanti sogni illusori. L'oratorio rimase sempre chiuso, anche se poté fare Amicizia con Vince vedendolo sempre passeggiare sul viale, così anche con la sacrestana, che l'ultima volta che la vide strattonò i vigili urlando: “Non toccate i miei bambini!” riferendosi agli amici di Milo che Amici non furono più, probabilmente perchè implicati nel “verde”, come lo erano quelli del Nord. Qualcosa cambiò da 2 mesi a questa parte: i vecchi Amici di Milo rimasero perlopiù in piazza la sera portandosi le bottiglie acquistate in Coop, mentre Milo assieme al cugino Mauri e ad altri 2 animatori continuarono a frequentare il bar di Wang. Ma fu la compagnia della piazza a farsi avanti: pensando ad un'estate tranquilla e in paese, lontana da Altre già passate ma non dimenticate, Pietro fece tutte le sere dei week-end, così come in settimana dopo cena, avanti e indietro in bici, per il bar, la piazza della frazione e non del paese – che una piazza non c'era, girando prima per il centro di Legnano, oltre nei paesini confinanti. Era bello riscoprire certe Libertà passate, del tutto gratuite e nella loro semplicità. E fu una sera di venerdì che Pietro, passando per la piazza, si sentì salutare da uno di Loro. E poi nel week-end successivo ancora che, mentre giocavano facendosi sfiorare col pallone, lo stesso si scusò, salutandolo di nuovo. E poi, quell'altro venerdì, gli si avvicinò per presentarsi, assieme ad altri 2. Alex, un ragazzo dal nome giovane che poi scoprirà da una foto postata essere quel bambino da parte a Milo, ora non più Amici. Proprio vero che il tempo cambia molte cose nella vita. Gli offrirono da fumare, ma declinò ripensando subito alle (dis-)avventure al Nord – ogni mondo è paese! E così il Destino fece il Fato suo. Si guadagnò il loro Saluto, ma non ci fu mai un vero inserimento. Questa volta no. Anche loro erano giovani d'una decina d'anni, anche loro fumavano, anche loro Santi non erano, come non lo era Pietro che per – Santone – si spacciava, ma i soliti dolori al braccio sinistro, come li erano per il finto ebreo in un episodio di Magnum PI, gli ricordavano non l'infarto, bensì che qualcuno su al Nord gli stava dando ancora la caccia, che non si erano dimenticati di lui – lui che voleva vivere come in Cuori in Atlantide, accusato ingiustamente di stare troppo coi ragazzini e di averne abusato (…), dalla mente soprannaturale ma disturbata dai danni del tempo, dalle ingiustizie di questa società senza cuore e oltre la follia. Si fece solo rispettare stando a distanza – e non per il virus, rimanendo sempre sulle sue: come si dice, meno della gente si sa, meglio è. Ma lui tutto voleva sapere e tutto sapeva, dei loro guai e dei loro amori. Complice il suo scarso coraggio, gli fu impossibile avvicinarsi rimanendo se stesso senza avere rogne poi sul suo conto. E forse era meglio così, per tutti. Glielo ricordava sempre Francesco, che con lui condivise solo un paio di serate da Wang, che chi viene da Nulla viene sempre visto male e come ci arriva a mani vuote, a mani vuote ben presto ci ritorna – che poi era la formula perfetta per la Libertà. L'estate la condivise col suo maestro di musica, Agost, che, disoccupato per il marasma della pandemia, anche lui si avviò per la via dell'alcool. Fu in un'occasione condivisa col maestro che, bevendo assieme, intravide Lorenzo e Davide – da dove tutto era partito – fra i tavoli occupati dai tanti ragazzi presenti. Si incrociarono gli sguardi, ma la mente di Pietro, uscita da un bel pezzo dal proprio “Io”, ora era dedicata a ben Altri. Un sabato di luglio, presso la Coop del paese, in cassa, vide un Amico di Milo, anche se camuffato dalla mascherina, con in mano una bottiglia del frizzante Barbera – era chiara una cosa a Pietro: la grigliata! Così all'imbrunire, passeggiando solo per la via di Milo, da dietro le siepi, li sentì echeggiare – i ragazzi in festa. Oh, quanto gli sarebbe piaciuto unirsi a loro, suonargli il campanello o entrarci direttamente scavalcandone la cinta, scusandosi sempre per l'ansia di... vivere. La fine dell'estate fu veloce, non ci sarebbe stata la fiera del paese, non ci sarebbero state le giostre, ne tanto meno i fuochi. Una bancarella della frittella salvò quel week-end di festa che non ci fu per riempire di dolcezze il povero Pietro, con in fila il ragazzo che consumò in un primo momento da solo la pizza da Wang – ma ora stava in compagnia della propria ragazza. Così continuò sui suoi passi, nel rosso della sera, vagando per i campi poco più fuori, a implorare a Dio di fare la propria volontà – che la sua era un Disastro. Il disastro poi di – inserirsi – ricontattando uno del Nord per farsi dare un paio di “bombe” in cambio delle guide per la patente promesse (-roba che voleva continuare però coi nuovi, i suoi compaesani) da regalare mentre girava in piazza, la notte, fino alle 3, perchè sapeva che intanto li avrebbe trovati lì in compagnia, nonché i continui messaggi sempre meno anonimi lasciati sull'Ape di Milo, le distrazioni sempre più frequenti al lavoro, col suo nottambulismo e il fatto di perdersi il pomeriggio col sonno per recuperare la Notte perchè si sa – appartiene agli Amanti. Per non parlare delle continue sbornie, il fumo del tabacco che aumentava per avere l'effetto, la paura di essere – incomprenso – anche da Loro, da queste due compagnie legate apparentemente dal tempo, dall'età, dalle stesse passioni e abitudini, ma anche dai vizi, dai giri tipici dell'adolescenza, dal carattere competitivo che Pietro poté vedere coi propri occhi dopo una rissa da Wang da parte degli stessi ragazzi che lo vollero Conoscere, che iniziarono a salutare e lo salutavano andando – a giorni – dai loro momenti quando erano buoni, così come gli altri di Steven che giocavano, dopo le Sambuche, a mettersi le mani addosso. In vacanza ad agosto, presso un qualsiasi ristorante di Riccione, Pietro venne notato al tavolo da solo da un suo compaesano adulto che frequentava il bar e dopo essersi riconosciuti a vicenda, chiacchierando, capì che era un Amico di suo nonno vigile, e che Pietro gli assomigliasse tanto, per il fatto, oltre dai lineamenti, di essere buono, gentile, sempre pronto a offrire da bere e le sigarette come anche lui stesso faceva, con Quei ragazzi in piazza. E le – Coincidenze – aumentavano sempre di più, perchè andando dal “nuovo” barbiere, nella frazione (-perchè il suo storico del paese scomparve per aver contratto il virus), anche lui si ricordò del nonno vigile, e anche del nonno del suo unico amico coetaneo Francesco, quando s'incontravano al bar o a turno si facevano i capelli, coi loro nipotini, appunto loro 2, quando ancora non potevano andare all'oratorio estivo; così come della figlia, cioè la madre di Pietro, quando lavorava nella ditta di Shampii dove lui si riforniva. Per non parlare del fratello, più giovane, che Pietro portava in giro a guidare – rivelò che 3 di Quelli, i primi 3 "iniziati" che si presentarono a Pietro, compreso Alex, erano suoi compagni di classe e che Milo andò con lui per l'esame teorico della patente, così che Pietro cercò di sfruttare l'occasione di portarsi dietro suo fratello al bar, con la Speranza di farsi inserire meglio nei vari gruppetti di ragazzi – ma senza riuscirci. Scoprì inoltre che uno dei ragazzi del Nord frequentava la stessa scuola del ragazzo dell'Ape, la stessa Ape che guidò anche quel ragazzo del varesotto dalla stessa passione per i – motori alternativi – e la cosa preoccupò molto Pietro: benché lui traesse informazioni a scopo benevolo, per guadagnare Amicizie, avrebbe avuto – Paura – che a tutti Questi ragazzi fossero arrivate informazioni brutte sul suo conto – le famose malelingue. Tutto riporta a tutto: era la famosa conferma dei – Destini Incrociati – di generazione, in generazione, che Pietro tanto studiava, esaltato, e tanto ne fu vittima, col solito fatale errore di annotarli, divertendosi a mischiarli dapprima per poi uscirne di matto subito dopo. Tirò le conclusioni che l'Uomo è pur sempre Sacro, e quanto poteva valerne la propria vita? Nessuno poi lo sapeva, se non lui stesso con la propria Coscienza. Ma no, non poteva finire così: accusato un sabato notte di fine estate da uno della compagnia per avergli fatto una foto quando accidentalmente, imbranato, fece partire il flash dal telefonino, Pietro alle prime reazioni avverse dovette subito allontanarsi per sicurezza, di nuovo deluso dall'ennesimo equivoco. Girando a zonzo alle 2 e 10 sotto i portici vide proprio Milo raccogliere le sigarette dal distributore automatico e accendersene una, vestiti uguali coi pantaloncini bianchi e la camicia hawaiana, una rossa – una blu. Nonostante fece in un primo momento finta di niente, Pietro si fermò e si girò verso di lui dicendogli: “Che bell'accendino che hai...” per poi continuare: “Chiunque te l'abbia regalato dev'essere una persona tanto Speciale.” sorridendogli, prossimo alle lacrime. “Me l'ha regalato un Amico, in effetti.” gli rispose, senza essere sorpreso dal fatto che sapesse fosse stato un regalo. “E immagino questo tuo Amico, abbia un Nome-” gli chiese Pietro. “Sì certo... tu come ti chiami?” gli domandò, senza mostrare emozioni – inerte. “Io mi chiamo Pietro.” gli rispose. E Milo: “Ecco, il mio Amico si chiama Pietro.”




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Racconto scritto il 04/12/2020 - 16:28
Da Pietro Valli
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