poiché non sto scherzando;
bisognerebbe inscenare la propria morte
per veder realmente
quanti grideranno il mio nome.
Basterebbe uscire di scena
o scendere dal palco,
senza tanti proclami
né serviti ringraziamenti
per smascherare i sorrisi
di un falso conforto.
Tanto cosa t’aspetti da quella puttana infelice
chiamata esistenza,
quando la svesti per possederla
la paghi ogni volta
e non sai mai se t’ama veramente,
poi tra brividi di nuovi abbracci
ti fotte dolcemente
chiedendoti per una manciata di sesso
un decrepito conto.
Quanti avanzi di sottomissioni
nei banchetti dell’anima
avrò per nutrirmi,
quanti uomini lupi di smembrate ironie
affronterò in brandelli di silenzio.
Se solo ascoltaste da quaggiù
le urla spettrali d’ogni bugia,
oh! li sento scimmiottare
appesi su viscide liane d’invidia
con la loro riluttante frustrazione,
li vedo in doppi petti blu scintillanti,
indaffarati ad ornare dolori
che non vogliono
e che non gli appartengono.
Non v’e differenza tra chi scappa per paura
e chi fa finta di niente,
tra chi non vede l’ora tarda che tutto sia finito
poiché tutti vagano in vendita d’una lacrima.
Che miseri mercanti d’indifferenza!
I bambini invece giocano
sull’inganno perpetrato all’innocenza.
Non piangere mai anima mia,
anzi truccati toccati fatti più bella,
almeno tu sorridi
non sto scherzando
preferisco rimaner serio
con questa maschera d’innata demenza.
Mi è sufficiente quattro passi sull’erba verde,
qualche solitario verso
e rose rosse da gettare
sulla mia lapide vuota
per lasciarmi alle spalle
un’altra patetica stagione d’ipocrisia.
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Ciao
Aurelio
Complimenti
Romualdo